Nord e Sud - anno III - n. 22 - settembre 1956

nomica) e con le debite cautele ne applica i risultati alla teoria della popolazione. Lo studio del B. si esaurisce nell'esa1ne del problema della popolazione ottima, cosicchè la sua indagine resta prevalentemente nel campo della teoria astratta. Pochissima attenzione è invece dedicata ai problemi di maggiore interesse concreto, quali quelli della sovrapopolazione -0 della sottopopolazione. Gli inconvenienti di una popolazione scarsa sono ben noti, e si possono riassumere nella ristrettezza del mercato interno che impedisce la specializzazione delle imprese, la divisione del lavoro, l'adozione di procedimenti capitalistici di produzione, e in genere tutti quei vantaggi che vanno sotto il nome di economie della produzione su vasta scala. Gli inconvenienti della popo-· lazione eccessiva nascono invece dal fatto che ogni au1 mento di popolazjione dovrebbe essere accompagnato da un aumento del reddito reale almeno esattamente proporzionale (altrimenti il reddito pro capi.te deve diminuire). Ciò è possibile solo se l'aumento del fattore lavoro è unito ad un analogo aumento del fattore capitale. Se ciò non avviene, la produttività del lavoro, oltre un certo limite, diminuisce necessariamente in tutti i settori. Una popolazione crescente rappresenta quindi un costante pericolo per un paese; è vero che tale pericolo può essere eliminato da appropriati aumenti nelle attrezzature di capitale, ma si deve altresì ricordare che vi è una forma di capitale che non può essere aumentata in nessun caso, ed è la terra; cosicchè se la popolazione crescente deve continuare ad alimentarsi con risorse tratte dal proprio territorio, oltre un certo limite il declino del reddito è inevitabile. 11 rimedio contro una popolazione eccesssiva può essere offerto anzitutto dall'industrializzazione: aumentando la massa dei capitali a disposizione della collettività si ottiene l'auspicato aumento della produttività del lavoro; il che ovviamente presuppone che l'aumentata produzione industriale possa essere scambiata contro prodotti del suolo ottenuti in altri paesi. Altrimenti gli inconvenienti della popolazione eccessiva possono essere superati solo mediante l'emigrazione. Sorge allora il problema del significato economico della emigrazione, che è trattato solo di sfuggita dal B. Il problen1a, che è stato oggetto di discussioni recenti e remote, si riassume nello stabilire se l'emigrazione rappresenti una perdita o un guadagno per il paese esportatore. L'argomento portato generalmente contro l'emigrazione è che ogni emigrante rappresenta un capitale per la cui formazione la collettività ha sopportato un costo; esso ha quindi un valore che viene perduto per il paese il giorno in cui l'emigrante abbandona la propria terra. Ora, che l'allevan1ento e l'istruzione di un individuo rappresentino un costo per il paese è indubbio; ma che questo costo costituisca il valore dell'emigrante (e quindi la perdita subita dalla nazione) è assai discutibile. In definitiva questa concezione non è altro che un rimasuglio delle antiche teorie del valore basate sul costo di produzione; siccome un lavoratore è costato tanti milioni, si dice che esso vale altrettanto. Ma il costo di produzione dell'uomo è un costo sopportato in passato che non ha più alcun significato nel presente; il passato [123] Biblote.ca Gino Bianco

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