che è imponente per la sua vastità e che non sempre è stato seguito con la dovuta attenzione. Il piano parte dalla premessa di un rigoroso accertamento della consistenza e della distribuzione del patrimonio demaniale, alla cui rilevazione organica - indispensabile per qualsiasi amministrazione - non è stato provveduto da molti anni, se non addirittura da decenni; ed espone i provvedimenti già adottati o in corso di attuazione per un miglioramento delle entrate del Demanio. I beni dello Stato han,no dato nell'esercizio finanziario 1953-54 un reddito di circa 6.400 milioni di lire, delle quali: circa 4.300 milioni per proventi acque pubbliche e canali navigabili; 340 milioni per concessioni spiagge; 930 milioni per redditi terreni e fabbricati; 290 milioni per proventi terme demaniali; 120 milioni per proventi mi1niere d'Elba; 250 milioni per concessioni di ricerca mineraria; il rimanente per opere di bonifica, concessioni pesca, ecc. Tali entrate sono suscettibili di notevole incremento, per la prevista elevazione dei canoni inerenti le concessioni di derivazione ed utilizzazione delle acque pubbliche e della misura dei diritti dov11ti per le ricercche e le concessioni minerarie; nonchè per il recupero <lei beni attualmente improduttivi di redditi, sia perchè assegnati in uso ad altre amministrazioni in misura esuberante rispetto alle loro , rispettive esigenze funzio,nali, sia perchè occupati da organizzazioni politiche e sindacali, quali i beni provenienti dell'ex p.n.f. Un principio di politica demaniale è stato fissato nella relazione del Sottosegretario Cortese: « la gestione di beni immobili a solo scopo di reddito non rientra fra i compiti ed i fini dello Stato ». Su tale principio si appunta il citato D'Albergo, rilevando che il rendimento .di tali beni, sia come flusso di servizi che come riverbero sulla produttività dell'attività privata, rientra nel calcolo del reddito nazio.nale, e che la gestione del De1nanio fiscale deve aderire a criteri privatis'tici. Forse l'espressione adoperata ·nel documento di divulgazione del « piano Cortese » è impropria dal punto di vista della scienza economica, ma è chiaro come con essa si voglia acquisire all'azione politica un principio da tempo riaffermato nella dottrina: l'inopportunità, cioè, della esistenza di un Demanio fiscale puro, divenuto un anacronismo nello stato moder110: sia dal punto di vista politico, poichè il governo, per non contrastare ai fini della generalità, deve soddisfare i servizi pubblici ricevendo sempre i corrispondenti mezzi dai cittadini; sia dal punto di vista della convenienza economica, perchè lo Stato non si è dimostrato sempre capace ad utilizzare convenientemente i beni del Demanio fiscale puro e ad essere un buon imprenditore. A tal fine il « piano Cortese » prevede l'immissione sul mercato di beni che l'iniziativa privata o di appositi enti potrà meglio sfruttare, con beneficio generale e conseguente realizzo di cospicui mezzi finanziari; i quali Bibloteca Gino Bianco
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