Nord e Sud - anno II - n. 8 - luglio 1955

che coincide col periodo del referendum istituzionale, nell'estate del '46: è una antichissima passione popolare che si risveglia: « noi avevamo quel bel re, che andava per nominato per tutti i paesi, e vengono loro e, ce lo tolgono '> (60 ). « I Vincenzini, i Gennarini, i Gaetanini dei vichi >>tengono il campo, insieme alle matrone plebee che hanno ,,enduto l'anima al re. Ma il vero protagonista - lo abbiamo detto _: è il linguaggio: un dialetto riprodotto in lingua come una decalcomania, in modo così goffo e irriverente da cagionare fastidio sia nel lettore napoletano che nel <-( forestiero »; a base di invettive del tipo << chi t'è vivo! » e « chi t'è morto! » e di formule affettive quali << bella ~el frate! >>(che travisa e svigorisce una bella espressione vernacola). Il ·limite dell'intraducibile è superato continua1nente, con leggerezza e improntitudine. La «filosofia>> alla De Filippo e la intransigenza vernacola si inseguono senza respiro nelle pagine di S peranzella: quel che ci sia al di là di questa deformazione linguistica non ci è facile valutare esattamente; malgrado qualche parentesi sincera e felice (noi additeremmo a metà libro l'episodio di Nannina col militare americano), ci pare che il romanzo sia stato soffocato nelle maglie di una maniera troppo rigida, ardua e gratuita. Ecco una scena plebea tra le tante: lo svenimento della più illustre e potente tra le « agit-prop >> monarchiche che popolavano i << quartieri »: « 'Elvì ', disse Ciccillo entrando affannato: ' Ma si può sapere che d'è sta storia? Elvì, mi senti? So' Ciccillo '. A Ciccillo avevano sempre dato fastidio quei deliqui della moglie; ma non aveva mai fiatato per evitare scenate. Davanti agli estranei, però, ci teneva a far l'uomo, a recuperare la sua prerogativa di maschio che ,non permette capricci e svenimenti. Da solo a solo era un'altra faccenda, perchè la paura se_lo mangiava. Ma appunto perchè vergognoso della sua timidezza, quel giorno approfittò dei testimoni per farsi una sfogata: 'Ogni giorno una storia' cominciò a gridare 'e che sangue della marina è questo! Non si può stare un poco tranquillo ...! '. Parenti, l'ex pellicciaio che era corso a chiamarlo col su·o lungo passo fino ag.li Incurabili, lo riprese : ' Embè, so' parole che si dicono, queste? Sangue di qua, sangue di là, e dove siamo arrivati? Voi proprio che siete una persona, ora ci vuole, che potete -imparare la creanza a tanta gente, dite queste bestemmie? Mi faccio meraviglia di voi ... '. ( 60 ) Speranzella (Milano, Mondadori, 1949), p. 86. Bibloteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==