« Dolce, cara, semplice provincia, restata immutata anche dopo l'esperienza della guerra, invecchiata e giovane a un tempo, ingenua e farisea, feroce e candida, ancora attaccata al concetto del bene e del male ... » (43). cc Il quaderno, con la copertina nera, d'una carta lucida e grinzosa che fingeva la morbidità della pelle, ed i margini rossi, era un diario in cui avevo quasi quotidianamente annotato, sino alla partenza per le armi, il mio amore per Giulia, la nostra vita di quegli anni, la storia della 'gente di Quisisana '. Non si trattava più, adesso, d'una tentazione o d'una curiosità: aprii a caso una pagina e cominciai a leggere. Fu come se avessi tirato a me un filo, il filo d'un gomitolo che si sciolse, tutta la mia giovinezza si sciolse, appassionata ed ingenua, nel silenzio di quella notte di febbraio, in quella camera ch'era pur stata confidente e testimone dei miei sentimenti d'allora: tutta si dipanò la storia di quegli anni lontani ... » (44) . E, procedendo per accostamenti e per contrasti, eccoci di fronte all'ultimo burlesco interprete della provincia. È qui cl1e il gusto consueto di una caricatura letterariamente sofisticata, ma in fondo impietosa, statica e cerebrale, alla Longanesi per intenderci, perde ogni asperità al contatto con uno scrittore umorista che ha una diversa e più felice natura: la qt1ale è apertamente meridionale, bonaria a tratti, ma senza letteratura, scettica, 1nelanconica, grottesca, e tale da far sentire la sua presenza anche là dove più scoperta appare la maniera dell'elzeviro, o dove il periodare si fa più prezioso ed allusivo. Se alla città inesistente di Melaria, nella quale ambienta la sua Vacanza del! e donne (Milano, Longanesi, 1954), Compag11one <lovesse esplicitamente assegnare una latitudine, non esiterebbe anch'egli a situarla sulle pendici del Vesuvio, al centro di una provincia << addormentata>>, popolata da tiepidi lavoratori ma - a sentir lui - da amatori fieri e intransigenti, che ogni riga del racconto (ed anche i nomi e cognomi dei suoi perso11aggi, ben trovati per .una sorta di iberica rotondità che li distingue) sembra chiaramente designare come teatro della breve vicencla. Ma è ora di ritornare dalla provincia napoletana alla città, alla Napoli nera dei neorealisti. Ed eccoci dinanzi ad una immagine ristretta, localiz-- zata. È u11angolo di Napoli tra i più miseri ed oscuri, qu~lla rampa infelice, ingombra giorno e notte di mendicanti, che porta da Via Museo su a San Potito, una treccia di vicoli che sormonta Salvator Rosa, la vecchia ( 43 ) Figli difficili (Milano, Rizzoli, 1954), p. 246. ( 44) Ibidem, p. 249.. [105] ' Bibloteca Gino Bianco
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