Lo Stato - anno II - n. 2 - 20 gennaio 1961

b LO STATO -cesso alla messa -in scena una lauta sov– venzione. Folchi si è difeso affermando che i dieci milioni erano stati attribuiti alla Compagnia di Visconti e non al testo, ma si tratta di un inutile giuoco di parole perché tutti gli uomini di teatro sanno bene che per ottenere una sovvenzione è indispensabile sottoporre al vaglio ministeriale anche i copioni che s'intendono rappresentare, ed è quindi a questi ultimi - senza i quali I;:, Compagnia non avrebbe ragione di esistere - che vengono concessi -i finan– ziamenti. Dopo certi precedenti, ,ripetiamo, era quanto mai opportuno che L'Aria/da .andasse in scena:· anche all'interno del– la DC qualcuno ha cominciato final– mente ad aprire gli occhi, scegliendo la strada giusta che ha condotto alla co– raggiosa critica di un Ministro, il quale si era comportato secondo lo schema tipico ed ormai ultradecennale del con– tributo indiretto ma efficacissimo ai con- . tinui progressi della sinistra italiana. Per altro verso, il superamento del li– mite di sopportabilità da parte del pub– blico, che ha manifestato rumorosa– mente la sua indignazione, testimonia -che pure nelle platee spira cattivo vento per Ie mistificaz-ioni cultura-li. L'ottimistico quadro va completato registrando una concreta realizzazione. Un drammaturgo di successo come Die– go Fabri è sceso per la prima volta in campo aperto assumendo il pesante com-· pito di Direttore di •Compagnia con in– tenti costruttivi e polemici allo stesso tempo. In un'intervista egli ha dichia– rato di voler dare, con questa nuova attività, un contributo alla rinascita del Teatro che, per diventare popolare, al giorno d'oggi non può essere che cri– stiano o marxista; da parte sua la scelta l'ha fatta da tempo. Il primo lavoro rappresentato al tea– tro della Cometa a Roma è dello stesso .Fabri: « Processo Karamazov », tratto dal romanzo del grande scrittore russo. Le premesse sulle quali è stata costi– tuita e viene diretta la Compagnia sono mantenute: assistendo al nuovo dramma di Fabr-i ci si libera davvero dalle s:::o– rie nelle quali ci sommerge a ritmo ser– rato la cultura materialista, e si respira il clima dei più grandi ed ,inquietanti problemi umani; ma, attenzione: non basta la grandezza e l'inquietudine del dibattito drammatico per compiere una reale opera di ricos·truzione dei valori. Effettivamente la lez·ione di Dostojev– skij è più attuale di quanto parrebbe ..., a prima vista; la problematica da lui posta è la stessa, in fondo, che agita le figure della cultura contemporanea: l'abissale attrazione dell'uomo verso il male, in un mondo in crisi. La sostan– ziale differenza è nella qualità dell'at– teggiamento. I personaggi « indemonia– ti » di Dostoievskij sono mossi da un'ansia d'assoluto che li porta ad idea– lizzare anche l'assoluta esperienza del male in una società sconsacrata e tarata dalle filosofie ·illuministiche, ma pagano di persona e dall'intimo non riescono a strappare il « sospetto » di una realtà trascendente di fronte alla quale è de– stinata a fallire la loro ribellione. Da parte dello scrittore, poi, insieme con la commozione è sempre presente la con– danna per queste povere creature. I personaggi della letteratura contem– poranea cadono ugualmente, ma s•imuo– vono sempre come marionette intagliate su un miserabile modello umano, privo d'ogni scintilla spirituale. Non sono responsabili dei loro atti, né hanno di– ritto di scelta, e le loro bassezze sono caratterizzate ,çla un irrimediabile squal– lore. iDel restç' gli autori tengono a far capire tra le -righe• che effettivamente queste figure sono il simbolo di una realtà sociale in cui l'individuo è una vittima predestinata, senza nulla di va– lido da spendere per salvarsi. La nega– zione del ribelle ,romantico, insomma, è decaduta nella rassegnazione al peggio. Se la traiettoria così tracciata è esatta per tornare alla luce occorre ripercor– rerla risalendo fino alla falsa ,r,ivoluzione CINEMA 31 del romanticismo, le cm punte psico– logiche sono state affrescate con tanta grandiosità da Dostoievskij, per sco– prirne le intime contraddizioni e per riconoscere in essa un aspetto della cr-isi da superare. Qui è l'errore di Diego Fabri che, portando i Karamazov sulla scena, ha conferito validità, e per giunta artifi– ciosamente, proprio a questo momento critico. Egli infatti ha posto in primo piano il brano del Grande Inquisitore che nel romanzo aveva una funzione li– mitata. Si ricorderà la leggenda inseri– ta ad un certo punto del libro: Cristo torna in terra, ma il Grande Inquisi– tore lo manda al rogo perché viene a sconvolgere i piani della Chiesa. In realtà si tratta di uno dei più abili e suggestivi attacchi al Cattolicesimo, che risente ,insieme dello spirito scismatico russo e del romanticismo ottucer.~<'.sco. Diego Fabri ne fa la chiave di volta del suo « Processo Karamaz tanto che lo spettatore è portato : edersi come mai egli venga consic J uno scrittore «cattolico». Evù.-.ntemente ancora una volta, come in « Processo a Gesù» e in « Veglia d'armi», Fabri ha voluto fare delle concessioni al ge– nerico umanitarismo di moda, che è forse l'arma più sottile e più efficace per la sovversione dei valori. Quando si dichiara di voler scendere in battaglia, occorre quanto mai aver le id~ chiare per non, sbagliare sia nel bene da difendere e da portare avanti, sia nel nemico da battere. . Fausto. Gianfranceschi COSI' RIDEVANO • • • •Ultimo prodotto della fucina holly– woodiana, «Facciamo l'amore» di Geor– gt Cukor è un film nato vecchio. Que– sta storiella di un miliardario che si finge povero affinché una ballerinetta possa amarlo per se stesso assomiglia straordinariamente alle fiabe che la no– stra nonna amava raccontarci d'inver– no accarito al focolare. Come Ceneren– tola., Biancaneve o la pastorella anche la ,nostra svaporata Marilyn Monroe incontra un bel giorno il principe az– zurro, mimetizzato sotto la faccia in– comparabile di Yves Montand. L'amore sboccia e trionfa prima o poi su tutte le: sorellastre invidiose e su tutti i con– siglieri poco avveduti. Fu nel .decennio 1930-1940, approssi– mativamente, che Hollywood scovò la chiave magica per lanciare sul mercato queste « favole per soli adulti». Una formula che doveva assumere il nome d1 « commedia cinematografica »; la eroina affronta di volta in volta il ruo– lo della segretaria priv_ata o della com– messa di grandi magazzm1, l'eroe quello di un ricco figlio di papà o di un impenitente scapolo con molti quattri-

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