Lo Stato - anno II - n. 2 - 20 gennaio 1961

LO STATO vio » qualcosa che, dal di fuori, inter– venga a riportare la giustizia fra gli uomini: ne afferma solo una esistenza segreta, nel cuore di ognuno, sorta di nemesi fatale cui tutti soggiaceranno, non perché « puniti »; ma perché « ma– lati » di mortale malattia, la malattia stessa che si chiama « vita ». Si sente così riecheggiare all'ombra delle imma– gini fdliniane la spettrale negazione di Leopardi « La vita è male ». Si è detto che Fellini non giudica i suoi personaggi e la società che ci espri– me, perché, come Baudelaire per il suo tempo, si sente uno di loro, correspon– sabile, correo addirittura. E' vero, ma è vero solo in parte perché Baiudelaire, sentendosi simile ai suoi personaggi si sentiva in pari tempo anche colpevole, e colpevole rispetto ad una norma etica che tutta la sua opera è là a ricordarc·i e segretamente a postulare. Fellini, in– vece, pur parlando di « mostri », sor-ri– de loro, sia pure con malinconia, perché sembra ignorare il cristiwo senso di colpa e la coscienza di un bene al di fuori e al di sopra di quel « ma,le» i cui « fiori » con tanto im~to egli ha cercato di descriverci. Lo stesso principio vale per Luchino Visconti, reso più grave dal fatto che mentre in Fellini c'è, comunque l'in– tenzione prima e diretta di trattare della crisi, in lui la crisi è spesso solo un pre– testo per equivoche ed immonde diva– gazioni; e lo è, in fondo, anche in An– tonioni che però, da un punto di vista ideologico, pur attraverso la sua prover– biale oscurità narrativa, sembra, dei tre, quello che conduce l'esame della crisi al punto della sua esasperazione mag– giore; in coincidenza con uno stato di maggior disperazione. Quale, così, il risultato di tre opere co– me queste? E' il risult3'to di cui si di– ceva•più sopra pa'..!ando del malato che, atteggiandosi a medico, sparse l'epide– mia. La crisi di oggi, infatti, sentita e vista in modo errato e parziale e, so-· prattutto, .« risolta » senza indicare le . sole possibili vie per raggiungere a si– cure mete, nori può non essere che acui– ta da film del gener~, soprattutto se de- bibliotecaginobianco stinati, per le implicite aspirazioni dei loro autori, anche a spettatori penosi e travagliati. I rischi veri della Dolce vita, di Rocco e dell'Avventura, infatti, non sono sol– tanto, in quelle sequenze orgiastiche o sessuali che hanno turbato magistrati e censori, ma sono nel quadro unila– teralmente pessimistico con cui ci han- 27 no riassunto la crisi, nella accettazione fatalistica del male, nel loro edonistico (anche se desolato e sconfortato) uma– nesimo moderno. Sono sì, un frutto del– la crisi, ma ne contengono le stesse pre– messe, gli stessi postulati; le stesse ori– gini; persino gli stessi germi. Anziché i « guaritori », insomma, sono gli untori. Gian Luigi Rondi ------------------- PER I TESORI ETRUSCHI TRE CUSTODI E UN MOTORINO Che molte biblioteche italiane man- I nostri archeologi hanno a disposi- chino di personale, molti musei di spl- zione per gli scavi una mano -d'opera di, molte accademie di uomini, è un partico:are, cioè gli operai dei cantieri fatto scontato, ma sul quale va;e la di lavoro ministeriali. Tutta gente pa– pena continuare a discutere. Uno dei gata 500 lire al giorno, che di scavi non settori che in Italia difetta di tutto è capisce nulla e deve arrangiarsi con quello della ricerca archeologica. Man. zappe e pale invece di usare strumenti cano soldi ed uomini, mentre il terre- adatti. Qualche tempo fa un giovane ar– no da scavare si estende dalla Lom- cheologo (ha abbandonata la profe's. bardia al;a Sicilia. 1 pochi uomini che sirme adesso) venne incaricato di com– abbiamo, i pochi soldi che il Governo piere scavi ad Arcinazzo, 30 chilometri ha messo a disposizione, hanno per- da Subiaco. Gli misero a disposizione messo ritrovamenti i17:portantissimi, tali questa manodopera generica, assoluta– da richiamare sull'Italia gli sguardi am- . mente inconscia deìl'importanza del la- mirati di tutti gli studiosi di archeolo- varo da compiere. gia del mondo. Basti pensare alle ne- Gli scavi sotto la guida di questo gio- cropo:i etrusche di Spina, messe in lu- vane archeologo andarono avanti tre me- ce recentemente con i loro magnifici e • si, quanto • durano i cantieri di lavoro, ptrfetti affreschi. . poi vennero sospesi. Il poco messo alla Parlando particolarmente dell'immen- luce, struttura di mura, oggetti vari, so patrimonio etrusco ancora sepolto come anfore e statuette, rimase sotto la e da mettere in luce, po~siamo _subito pioggia, le intemperie. Molto ora è affermare che per la sua conservazione crollato ;'altro è stato portato via da lo Stato spende 150.000 lire .al mese. turisti interessati, il resto è stato sca. lnfatii vi sono tre custodi in tutto. vato dai soliti ladri competenti. Eppu- A Vulci qualche tempo fa i ladri di re bastava il lavoro organizzato di tre tombe scavarono a meno di 200 metri operai specializzati a cui pagare tre- dall'ufficetto del guardiano. Rovinarono mila lire al giorno, perché anche questa alcune tòmbe, si portarono via tutto antica città potesse vedere la luce. quanto vi poteva essere di • vendibile, 1; sistema delle competenze, poi, è sia in Italia che all'estero, partirono sen- piuttosto. macchinoso.. A Roma esistono za che nessuno avesse 'visto nulla. Que- diverse soprintendenze. Quella Nazio– stt fatti. succedono sempre più di fre- nale di cui è soprintendente il professor quente; ogni giorno i ladri si organiz- Giulio lacopi, quella per l'Etruria con zana meg:io e diventano più audaci. Il a/La testa il prof. Bartoccini, un. esperto danno maggiore che questi banditi in materie africanistiche. Inoltre Roma, compiono, non è tanto il rubare le sta- unica città italiana, ha un assessore a;. tuette e i lumini, quanto la distruzione le Antichità e Belle Arti. Questi tre delle strutture architettoniche delle organi si dividono i compìti, assieme tombe, la distruzione di-.dipinti di no- poi ad una Soprintendenza al Foro Ro– tevole valore. (continua a pag. 29)

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