Lo Stato - anno II - n. 2 - 20 gennaio 1961

LO STATO nel quadro di un « dramma della co– scienza cattolica » ma è la precisa denun– cia di un male che si annidava tra i cat– tolici che, nell'illusione di « inserirsi » nella ·cultura laicista, né accettarono già in partenza l'impostazione, ed erano poi costretti a seguirne le logiche implica– z1on1. L'inc;irnazione pratica di una tale « cultura cattolica » non poteva essere altro che quello che fu un movimento « autonomista » smanioso di lanciarsi nella gara concorrenziale, accettando quindi, coll'inserirsi, la visione politica del liberalismo; un movimento suscetti– bile di arrivare, come sua posizione ter– minale, a voler far dipendere e servire la Chiesa e la fede religiosa ai suoi fini di « partito ». E la condanna del Murri (e quella. del Sillon) non è un episodio di incomprensione da una parte e di in– tolleranza, o di poca accortezza, dall'al– t-ra: ma è proprio la sconfessione solen– ne di un movimento che pretendeva di– storcere il senso e l'impostazione che al.\a azione « sociale » dei cattolici aveva in– teso dare il Pontefice. La democrazia cristiana come « azio– ne popolare cristiana » così come conce– pita da Leone XIII (e come appare an– che nel Toniolo; la cui famosa « defini– zion~ » peraltro era volutamente ambigua per le esigenze del.\a sua opera « media– trice e pacificatrice ») traduce soltanto un impegno di carattere etico, una « at– tenzione» caritativa verso le classi più umili, cui il Papa intendeva obbligare in coscienza tutti i fedeli per realizzare l'elevazione morale e materiale del « quarto stato». Questa concezione è al di fuori (e al di sopra) di qualsiasi ideo– logia politica, non ne contiene nessuna, e da nessuna è dipendente; e come tale era del tutto insuscettibile di tradursi nel movimento politico (o partito politico,) « democratico cristiano ». E difatti Leo– ne XIII impedì sempre con la massima <lecisione (e basti ricordare la « Graves de communi ») che il moto di« attenzio– ne » sociale fosse arbitrariamente impri– gionato in una organizzazione « parti– tica » cioè classificz,ta e cristallizzata al– l'interno delle strutture liberali. Quello che si è invece tradotto in mo– vimento politico è, a nostro modo di Yederè, soltanto un concetto di demo– crazia politica cioè u~ libertarismo di ongme rivoluzionaria-illuminista, al quale, semmai, l'incitamento «sociale» di papa Leone è servito solo da spunto per trarne « conseguenze radicali » (come si esrimere il Fonsi). E il carattere « cristia– no » di un tale movimento ideologico– politico è rintracciabile soltanto per ana– logia, in un atteggiamento cioè di misti– cismo riformatore quale si ricollega agli atteggiamenti ereticali di tutti i tempi, e quale più direttamente gli deriva dal– l'apporto del Lamennais. Del resto, anche questo atteggiamento mistico fu lasciato a poco a poco cadere così da lasciar in luce, come sua unica componente, proprio l'originario demen– te, « libertario », evidentemente mutuato - sia pure con notevole :ritardo - dal– la cultura illuminista. Se è dunque al filone culturale che alimenta il movimento democristiano che il convegno di Bologna intende ap– plicare la qualifica di cattolico occorre notare come essa non vi si adatti per nessun altro titolo che non sia la pro– fessione di fede religiosa fatta dai suoi esponenti (mag;iri anche dopo la con– danna della Chiesa). Almeno se per cat– tolico è da intendersi - come sembra cer-to -- ciò che riceve carattere di orto– dossia, e magari anche di ufficialità, sol– tanto dalla concordanza obbediente agli insegnamenti della Chiesa cattolica. Quello che a. nostro avviso rimane aperto è lo studio dello sviluppo del mo– vimento DC in relazione alle direttive e alle prese di posizione dell'autorità della Chiesa. E a questo proposito ci sembra che l'indagine dovrebbe appun- 1 tarsi specialmente sull'età di Benedet– to XV, quando si attua quasi inavverti– tamente la confusione del movimento politico democristiano, con l'azione « so– ciale» dei cattolici dando vita al P.P.I., e confondendo così i princìpi cattolici dell' « azione popolare cristiana » in quel– li laicisti della « democrazia cristiana po– litica ». Quello che ci pare certo comun– que è che l'attuale « partito democristia– no » - sempre che venga inteso nella sua vera essenza ideologica (e non già come strumento di comodo per l'eser– cizio del potere) - è nient'altro che l'erede diretto, la continuazione pura e semplice del primo movimento de– mocratico. (E del resto questa 23 ongme non • solo non è mai stata rinnegata dai suoi dirigenti, ma essa è semmai « richiamata » con certo senso <li orgoglio ... dinastico, e come segno di continuità storica). Ci sembra, in conclusione, che J'attua– le partito DC possa mantenersi, ideolo– gicamente parlando, all'ombra del cat– tolicesimo ortodosso, soltanto in forza del perdurare di un equivoco, quello appunto che sul termine « Democrazia Cristiana » è stato imp\.icitamente, ma chiaramente denunziato dal prof. Fonzi. Ed è qui appena il caso di accennare come nessuna patente di « cattolicìtà » il movimento democristiano può mai aver ricevuto dalla Chiesa Cattolica (e tanto meno quella di rappresentanza, più o meno esclusiva). Ci sarebbe piuttosto da chiedersi a quali dimensioni ed esiti potrebbe ef– fettivamente ridursi l'attuale movimen– to democristiano, qualora si arrivasse al– la definizione dell'equivoco sulla « catto– licità » della sua matrice ideologico-poli– tica. Ma è assai probabile che esiti e di– mensioni pon sarebbero molto diversi ne più cospicui d·i quelli che ebbe, a suo tempo la « lega » murriana. A noi sembra dunque che il conve– gno di Bologna possa dirsi positivo, pro– prio nel senso che può aver avviato alla comprensione della posizione effettiva del filone « democristiano», in rapporto ad una cultura veramente, cioè autono– mamente cattolica. Ed è in questo senso che possiamo far nostra la considerazione dell'Osservato– re Romano circa « l'utilità di questi in– contri > in quanto « servono a far cono– scere il mondo in gran parte srnnos:iu– to, e del qua,le si parla con disinvolto apriorismo >. Ma non ci pare da,,,vero che il commentatore del giornale vati– cano, pur se ha notato le vistose « per– le » nelle relazioni del Manou e del- 1' Aubert, sia arrivato ad individuare la matrice culturale comune che ne rende ragione; a seguire insomma ,la vera es– senza di quella «cultura» alla quale ;:>recisamente e pressoché esdusivamen– te il convegno intendeva rbferirsi. Una essenza culturale verso la quale, una volta individuata, non crediamo proprio che aU'« Osservatore » potrebbero mo– strarsi molto teneri. I lettori che intendessero sottoscrivere l'abbonamento alla rivista, potranno rimettere la somma a mezzo assegno bancario o vaglia post. indirizzando: "LOSTATO" ViaRasella, 6 - Roma ~inobianco

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