Lo Stato - anno II - n. 2 - 20 gennaio 1961

24 LO STATO IL PORTICO IL TEMPODELLA "VOCE,, Prezzolini è rimasto uno pagine della sua rivista c'è del przmo '900 contro scettico, ma nelle vecchie tutta la tensione sp.irituale la cultura del positivismo Non so quando e se mi capiterà di riavere una conversazione interessan– te e vivace come quella che ebbi qualche anno fa con Prezzolini in un grande albergo romano. La sera precedente lo avevo ascoltato al teatro Eliseo mentre teneva una conferenza sul sistema di vita negli Stati Uniti. Era stato un di– scorso deludente, in cui l'argomento era stato affrontato e condotto avanti in maniera superficiale; le osservazioni fat– te erano state ovvie, scontate. Quando rividi Prezzolini la mattina dopo era intento a far colazione: due uova al prosciutto e una spremuta d'arancio. Superati i convenevoli, mi chiese se ero presente all'Eliseo. Gli dissi di sì ed aggiunsi che tanto io quanto i miei amici ci aspettavamo molto di più da lui ed eravamo rimasti insoddisfatti. Mi rispose, sorridendo, che il mio giudi– zio era es;o;tto, ma che, date le circo– stanze, non poteva fare diversamente. « L'Eliseo ieri sera - aggiunse - era un grande salotto in cui erano conve– nuti tutti gli amanti della mondanità. Dell'America, delle sue idee e dei suoi principi non importava niente a nes– suno. Ho fatto il discorso adatto alla situazione. Del resto, chi vuol sapere cosa io pensi degli Stati Uniti non c'è bisogno che venga ad ascoltare le mie conferenze, basta che legga le mie cor– rispondenze ». IDopo un momento di pausa che gli servì per bere il succo d'arancio, mt chiese se leggessi i suoi « pezzi » da New. York e cosa ne pensassi. Gli rispo– si, ed era vero, che non me ne ero per– duto uno. Non condividevo, naitural– mente, tutto ciò che scriveva, ma lo bibliotecaginobianco seguivo costantemente perché egli, me– glio di ogni altro corrispondente ed « in– viato», mi illuminava sull'inconsistenza dei miti morali e civili degli americani. Anche noi, in Italia - proseguii - ci troviamo a combattere contro i nuovi miti e, soprattutto, contro quello della democrazia laica e radicale che si è af– fermata grazie all'indifferenza dei cat– tolici. Non mi rispose subito. Pensai di essere stato troppo irruento, di aver ce– duto alla mia impulsività. Mi ricredetti subito, però: le sue opinioni erano tut– t'altro che quelle di un moderato. « E' vero - iniziò - ha ragione Longanesi. Bisogna insegnare a disprezzare la demo– crazia. Bisogna fare di tutto per inse– gnarlo bene. Ma, per carità, senza ri– correre a Platone e ad Aristotele, meno filosofia e più fatti. Non è possibile dirf se riusciremo, ma è certo più facile convincere il prossimo sottolineando le contraddizioni, le ipocrisie, la viltà e l'egoismo degli intellettuali democratici, che con un commento alla Repubblica d: Platone. E' certo più facile, ma non è detto che ci si riesca. E' stato sempre così, in fondo: le masse credono a chi promette di più ». La passione civile di Prezzolini In queste parole c'è tutto Prezzolini: il suo disprezzo per tutto ciò che offende l'intelligenza ed il buon gusto, il suo au– tentico anticonformismo, ma anche il suo inguaribile scetticismo: quello scet- ticismo che gli ha impedito nella vita di abbracciare una fede e di battersi per essa. In quel colloquio Prezzolini mi era apparso, meglio che in ogni scritto, nella sua natura di indomabile distruttore di idoli e di scettico sconfortaito. Ed in questo consiste la diversità fra lui e i suoi grandi amici; tra lui e Papini che, dopo anni di inquieta ricerca, approdò alla fede e, pur non riuscendo m:ii a raggiungere la completa serenità, trovò in Cristo e nella Chiesa la soluzione dei problemi ed il superamento delle anti– tesi; tra lui e Soffici che, dopo gli anni dell'avanguardismo parigino, iniziò un ripensamento che gli fece riacquistare il senso della tradizione classica. Mentre gli altri giungevano alla certezza, Prez– zolini rimaneva chiuso nel suo scetti– cismo che riguardava non soltanto gli altri e la iniziativa altrui, ma anche se stesso e quel che in questi sessanta anni di '900 ha realizzato. Non dà, perciò, alcun valore all'im– presa del « Leonardo » che lo vide la– vorare a fianco di Papini: fu un fatto giovanile, legato all'età e che nell'età trova la sua giustificazione. Non ha al– cuna importanza che il « Leonardo» sia servito a schiudere i confini della cultura filosofica e abbia costituito un chiaro segno della volontà dei giovani intellettuali di svecchiare l'ambiente. E perfino « La Voce» Prezzolini tie– ne tn poco conto. Lo ha detto e scritto molte volte. Anche nell'autobiografia ce b ha fatto sapere e ce lo ripete oggi, anche se un po' mitigato, nell'introdu– zione a « Il tempo della Voce».

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