Lo Stato - anno II - n. 2 - 20 gennaio 1961

a a 22 nuazione delle controversie collettive di lavoro interessanti esclusivamente l'impresa ed il personale dipendente, nei con– fronti dell'associazione sindacale dei datori di lavoro o della impresa da essa autorizzata». Le norme degli accordi del 194i e del 1953 furono però superate, consenzienti o meno gli organismi sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, dalla realtà dei fatti e in– finiti furono gli accordi che le direzioni aziendali e le com– missioni interne stipularono soprattutto in problemi di ca– rattere interno-aziendale sia integrando che modificando i contratti nazionali di categoria. Si è così costituita una doppia contrattazione, accettata dalle aziende soprattutto da quelle di maggior rilievo, sia in considerazione che molti problemi squisitamente di stabi– limento non potevano essere risolti -in sede nazionale, sia per– ché situazione economica e lo stesso interesse dell'impresa consigliavano una maggior aderenza delle retribuzioni allo andamento produttivo e finanziario delle singole aziende. E' ovvio che nelle trattative con le commissioni interne le aziende fanno pesare la considerazione che, quanto esse concedono sia pure contrattando con i rappresentanti interni dei lavoratori, è in deroga o in più degli impegni assunti in campo nazionale; ma in definitiva questi accordi sono regolarmente contrattati con i lavoratori e non debbono con– siderarsi delle semplici concessioni paternalistiche delle di– rezioni aziendali. LO STATO Sia la Confindustria che le organizzazioni sindacali dei lavoratori non furono mai eccessivamente favorevoli a questi accordi aziendali, che svuotavano in parte la funzione delle centrali sindacal·i; ma comunque questo sistema fu tacita– mente accettato, anche perché risolveva formalmente il pro– blema della doppia contrattazione in scadenza dei contratti di categoria in quanto normalmente non erano i sindacati a trattare direttamente, ma erano le singole aziende con le r-ispettive commissioni interne, quasi sempre da sole senza l'assistenza diretta delle rispettive organizzazioni. Con la nuova impostazione delle ·trattative. di settore con– dotte direttamente dalle organizzazioni sindacali in penden– za dei contratti di categoria si è voluto dare un nuovo corso alla poliitca fin qui seguita, politica che, attraverso questi accordi di commissioni interne, ha portato in talune aziende a risultati notevoli che hanno di gran lunga superato i con– tratti nazionali. Indubbiamente vi sono state delle manchevolezze e si sono provocati gravi squilibri soprattutto nelle retribuzioni tra aziende grandi e piccole e tra le diverse_regioni d'Italia. Tuttavia è ·da ritenere che un passaggio troppo brusco da un sistema all'altro potrebbe forse nuocere alla trattativa di categoria ed agli accordi aziendali, soprattutto se si considera , anche il fatto nuovo derivante dai decreti erga omnes che stanno entrando ora -in vigore. Dottrina cattolica e cultura d.c. Al convegno di Bologna i responsabili della sezione cultu– rale della d. c. hanno ancora una volta messo in luce il com– plesso di inferiorità di cui soffrono avanti alla cultura ..laica Dal recente convegno di Bologna sugli « aspetti della cultura cattolica nell'età di Leone XIII » c'interessa qui trarre al– cune considerazioni che più direttamep– te toccano la sfera politica. La l,inea seguita dagli organizzatori ci è sembrata sostanzialmente questa: mostrare in primo luogo fra i cattolici dell'epoca un ·risorgimento culturale, sia pure « tumultuoso», che si « inserisce » nella cultura « occidentale » ormai da molto tempo sviluppatasi al di fuori del cattolicesimo o contro di esso. Prospetta– re questo « inserimento » come una ope– razione di salvataggio del cattolicesimo stesso dalla condizione di « decadenza » in cui versava. Mostrare, infine, dove questa rinata cultura « salvatrice » sia andata storicamente a parare, da1ndovita al movimento politico della « Democra– zia Cristiana». Fermandoci appunto a. quest'ultimo aspetto, ci richiamiamo specialmente alla relazione conclusiva del prof. Ponzi. Dalla quale sono risultate fondamental– me~te due constatazioni inequivocabili. La prima è che determinante, addirit– tura esclusiva del sorgere del movimento democratico cristiano è la posizione de– gli «intransigenti». L'altra che tale mo– vimento, quale si è storicamente con– cretato, non è la stessa e.osa - e non può quindi essere confuso - con quel– le « etico-sociale » auspicato e promos– so da Leone XIII; e ciò malgrado che il termine « Democraz·ia Cristiana » con– tinui ad essere usato per indicarli en– trambi. Ci sembra che queste constatazioni ri– gorosamente « scientifiche » potrebbe– ro nondirrieno aprire la via ad una ri– considerazione critica (da un punto di vista strettamente cattolico) proprio del filone culturale che alimenta il movi– mento della « !Democrazia Cristiana >. Per parte nostra ci limiteremo ad al– cune osservazioni generali. E' vero a nostro avviso che il filone «democristiano> si avvalse in principio anche dell'apporto di elementi culturali che potremmo col Ponzi chiamare « pa– pali », in quanto legati effettivamente e consapevolmente alle direttive del Pon– tefice e volti a realizzare ·una demo– crazia cristiana così come intesa e volu– ta da Papa Pecci. Ma è anche vero che esso andò via via « purificandosi » di questi elementi attraverso un processo di decantazione ideologica che portò ben presto in luce la sua vera matrice filo– sofica, esprimendosi come trionfo del– l'ideologia politica « democratica » a sca– pito della sua caratterizzazione « cristia– na » e attuando sostanzialmente - oltre a una notevole confusione - una ridu– zione di questa a quella. La condanna del modernismo non è semplicemente « un episodio doloroso > bibliotecaginobianco

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