Fine secolo - 1-2 marzo 1986

D i Calvino so quasi nulla, un po' più for– se di quello che ormai si apprende a scuqla. Non l'ho mai veduto né mai gli ho parlato.· Di lui ho una lettera tanto breve quanto gentile e una copia de «La Repubbli– ca» che porta una sua recensione, incompreq– sibilmente favorevole, di una cosa che avevo scritto. Quando ho ricevuto l'invito gentile a venire qui ho addirittura pensato che Calvino fosse nato a Sassuolo. Poi ho appreso che era nato a Cuba e il filo mi si è ingarbugliato anco– ra di.più. Le ragioni .del mio_in'lito .qui riman– gono quindi ancora più misteriose. (...) Ho a cuore di rispettare le forme e i titoli e le indicazioni stradali: questo simposio si defini– sce «Narratori dell'invisibile», cercherò di sta– re in tema. Posso iniziare dalla descrizione commossa che Thomas Mann fa di Goethe morente: «Alzata quindi la mano, aveva trac– ciato in ana alcuni segni. E così facendo la mano si eràimdata spostando verso destra e si era abbassata sempre più. Poiché egli scrive_va. Scriveva veramente, una riga dopo l'altra ..~-Si vide anche che segnava con molta attenzi9rte_ la punteggiatura e a taluno parve riconoscere questa o quella lettera ...» (...) La possibilità di metter la punteggiatura sul letto di morte si basa sulla possibilità c~ noi possediamo·, di immaginare una scena. visiva. Curiosa proprietà che ci amplifica il :tempo della visione anche a quei momenti in cui la luce è assente. Periodi che possono essere brevi o lunghi o durare tutta una esistenza. E infatti un vero narratore dell'invisibile è quel S, di sei anni e cieco dalla nascita che disegna per John M. Kennedy un uomo che corre e un altro che salta un ostacolo. Il disegno, eseguito su di una tavoletta che portava il segno del passaggio di una punta smussata, evoca inevitabilmente un uomo che corre e in quello dove l'uomo salta, in basso compare l'ostacolo. Come lui molti altri bambini di età differenti e tutti affetti da cecità congenita possono eseguire disegni di oggetti che siano perfettamente riconoscibili da chi vede. Il disegno di un'altra bambina più grande mostra un bicchiere appena tirato fuori dal frigorifero con il cubetto di ghiaccio sul fondo e le pareti coperte di vapore condensato. Ovviamente le metafore visive cui questi sog– getti fanno ricorso hanno una chiara base per– cettiva di origine tattile e il segno grafico ne è la felice ma complessa traduzione sul piano del foglio. Nell'operazione di traduziQ.J!esi man– tengono alcune caratteristiche del mondo e se ne perdono altre. Si 'salva' un po' quello che che chiamiamo la topologia dell'oggetto e se ne perde la metrica, ossia la misura relativa ad altre unità, queste sconosciute o itrilevanti per chi non vede. Ossia gli elementi formali, per esempio gli spigoli e i vertici di una figura geo– metrica tridimensionale, sono legati tra loro ' correttamente' ma non lo sono le loro dimen– sioni relative. La costruzione del buio Da dove provengono queste immagini incredi– bili, queste evocazioni di un mondo invisibile? Una componente incontrollabile è certo quella che interferisce per via verbale e culturale sul soggetto. Egli 'sa' molto· anche senza vedere, disegni simili da parte di ciechi non circondati da un torrente indefinibile di nozioni e infor– mazioni potrebbero essere differenti. Ma oc– corre non dimenticare che, in ogni cultura, I' uomo è immerso in un mare di informazioni linguistiche. E comunque questi lavori· pe il momento si conducono in ambienti simili al nostro per cultura e sviluppo tecnologico. (John. M. Kennedy: What can we learn about pictures from blind? American Scientist Jan– Febr 1983 pp. 19-26, John M. Kennedy: The tangible world of the blind. Encyclopaedia Bri– tannica Medicai and Health Annua! Chicago 1984, John M. Kennedy: How minds use pi– ::tures. Socia! research, voi. 51 Winter 1984). La possibilità di disegnare un oggetto mai ve– duto porta a tenere in considerazione la even- Al convegno sui "Narratori dell'invisibile", dedicato a Calvino, Pierantoni ha parlato delle cose viste nella mente, una specie di sogno a occhi aperti rovesciato. · Siamo come ciechi che cercano di tracciare nel mondo esterno percorsi già segnati dentro di loro. LE COSE. VISTE . NEW, BlJIO, vare come molte delle soluzioni grafiche otte 0 nute dai bambini ricordino simili immagini del perio.do detto 'pre-pro~pettico'. lq genere le ' prime' rappresenta2:i'oni· tendòno,:'.a rispettare. al,cune regole di tipo intrinseco all'oggetto e cioè non· dipendenti dal punto di osservazione, La continuità, la éhiusur,a, la pres;enza di inter– sezioni, di sovrapposizioni di linee. In pratica - si tende ad aggiungere alla curva di Jordan, os– sia al contorno aspecifico di un oggetto dato solo come linea chiusa l'elemento nuov'o che è fa giun,zione a T. Solo in ·seguito il dato 'sog– gettivo' entra in gioco condizionando tutta I' immagine e soprattutto questo avviene con l' introduzione delle diagonali recedenti. Ossia di quelle linee oblique rispetto a certi-spigoli di ri– ferimento che indicano un allontanarsi dell'og– getto dal piano individuato in SQstanza dalla cun,a di Jordan. Willats si interessa quindi al 1 problemll della connotazione sec~.pdo la defi– . nizione di''Goodmann ossia al rap?,orto segno– rèferente. Ma l'oggetto vive già una sua vita diciamo iinvisibile prima di ess~re espresso. -~'Qqello èhe:jl cervello ci fa vedereJiel suo fun- zionamento- usando le mani è la struttura l'in– telaiatura dell'oggetto pensato. O.A OCCID CWUSI . Le'niappe· di dentro· di Ruggero PfERANTÒNI E questa operazione non è del tutto distingui– .· bile òal processo di acquisizione· della verba- tualità di un sistema-interno di riferimento che funzioni in assenza dello stimolo luminoso di– retto. E' noto che Ì'assenza di luce produce la sensazione del buio_ E'-altrettanto ovvio che il buio.non esiste come condizione esterna, dicia– mo obbiettiva. Questa forma percettiva, · il buio, è estremamente complessa e deriva da un lavoro inferno nostro basato appunto sull'as– senza della ltice. Il lavoro biochimico e elettro– fisiologiço d~lla .retina e della corteccia cere– brale è, in assenza di. luce, perfettamente com– parabile con quello che si registra in condizioni di illuminazione'. Anzi, la condizione di buio impone una intensa controllata e continua atti– vità biochimica che, se venisse a cessare, ci per- · metterebbe di vedere ogni forina di immagini. Il buio è quindi una condizione attivamente costruita dal nostro sistema nervoso e la sua struttura è complessa e costa energia il mante- nerla in· fùnzione: · · · ·- Durante la :visi6ne in condizioni di ill~mina– zione ii 'meccanismo di riempimçnto interno vienè a cessare e si i.nnesta un secondo tipo di macchina che si basa sulla corrispondenza to– pografica tra retina e corteccia visiva. Un per– sonaggio di una commedia di Fielding chiede: «Non diseiwarmi mappe, signore, il mio cer– vello è una mappa. Una mappa del mondo in– tero». Nel dire questo egli ha correttamente dedotto la presenza di una topografia immersa nella mente. Di un paese interiore. Ma non po– teva prevedere l'ironica implicazione di questa mappa e della sua 'vera' funzione. Tutta la su– perficie del corpo è rappresentata secondo sca– le funzionali ma _anchegeometriche nella cor– teccia. La pelle, gli organi di senso, hanno un preciso riferimento topografico nel cervello. In alcuni casi, come nella distribuzione delle vi– brisse nei felini o nei topi la corrispondenza è · precisa al millimetro. Lo stesso vale per la pel– le. E là retina. Ma ad ogni punto della pelle non corrisponde un punto nello spazio, invece ad ogni punto della retina può corrisponderne uno nello. spazio. Esterno quindi al perimetro 'del corpo.·S~ trattava di-trasformare una bana– le corrispondenza puntuale tra due 'superfici', quella retinica e quella corticale, in qualcosa di utile. A questo scopò si sviluppa a livello·della corteccia, anche se 'poggiata' sulla mappa pro– tettiva, una sintassi di relazioni tra punti corti– cali che implica una rete funzionale e sulla quale è basata la condizione che noi chiamia– mo l'immaginario. Ossia la capacità di 'vedere' nella mente un evento, una forma e di analiz– zarne dettagli e costrutto generale. Nel 1971 Roger N. Shepard si accorge che esiste un ._ lità. Anche se molti test vengono impartiti con meccanfsmo cerebrale responsabile per la rota- , oggetti non verbalizzabili si°° deve ammettere zione mentale di _immagini. E trova c_he il tem- che al df là di un certo· livello di sofisticazione po necessario per ruotare mentalmente un'im- della 'scena' rappresentata si senta la necessità magine·di un oggetto geometrico è proporzio- di un livello linguistico che aggiunga un altro nale all'angolo richiesto di rotazione. . strato di relazioni, in particolare quello tempo– L'immagine meritale viene ruotata in genere ·ràle in quanto il linguaggio è essenzialmente alla velocità di 53°/sec. E' interessante sapere sviluppato sequenzialmente nel tempo per la che se mi chiedono di ruotare un oggetto nella necessità fonetica di emettere un_ suono alla mente iò 'fisicamente' eseguo questa operazio- volta e, nello scrivere, guarda caso, il problema ne: conìe non IÒsi sa, Ma il risultato IÒsi l)UÒ è il medesimo. Il problema è adesso sapere se benissimo misurare esternamente. la mappa sia dotata o no di una direzione tem– Più reèentemente H. Finley ha d_imòstrato porale, di un segno lungo cui scorre il tempo. come le stesse leggi che regolano la percezione Sempre Bachelard ci fa notare come esista una visiva coridizionino l'attività immaginativa. sorta di ordine 'logico' che non hà basi sintat– Certi oggetti immaginati sembrano avere le tiche o geometriche ma storiche. Fa l'esempio stesse caratteristiche percettive _delleimmagini di un armadio entro cui 'confusamente' si alli– ricevute attraverso la retina. E anche i fenome- nèano differenti oggetti. Nessuno potrebbe ni mentali di rotazione sono stati ampiamente stabilire una relazione tra un oggetto A e il vi– conferinat~ da Finley. La caratteristièa di fun- cino B. -A me è capitato esattamente lo stesso. . zionam~nto della mappa intesa ormai non solo Venni richiesto come in un test d!intelligenza come distribuzione 'passiva' ·di punti corri- da parte di Middelstaedt a Monacò di spiegar– spondenti lìna legati tra loro da regole gram- , gli quale fosse la regola che legava tra loro i li– matical~,_ eJ f~rse addi_rit~1:1fa ~i~tatti~~e ~et~a·' bri nella sua libreria., Tir!i a indo}?n_ar~e dissi una luce a ntroso sw d1segn1mfantili ma m · che doveva essere I ordme con .em h aveva particolare sulle interessanti 'perforniances'·di comperati e avevo ragione.·Bacfielard osserva bambini ciechi di età comprese tra i 5 e i 9 anni infatti che 'l'ordine' diviene imm~diatamente studiati dà un gruppo francese di psicologi. comprensibile se si conosée là storia della fa– Questi bambini percepivano una struttura bi-· miglia .e cioè ancora una volta una sequenza dimensionale o tridimensionale come un siste- temporale. In questo si differenziano i cervelli ma di bastoncini fissati ad una superficie o dei inizialmente molto simili tra loro per ragioni di cubetti tra loro incòllati a formare delle strut- 'blueprinf. E quando l'uomo, il suo cervello, si , ture tridimensionali. Venivano richiesti di re- mette al lavoro finisce per esprimere, per fare plicarle. Gli 'errori' che venivano commessi uscire da sé quella mappa interiore che si è an– non erano differenti né in tipo, né in intensità data creando dentro. (...) da quelli commessi da coetanei, .allo stesso li- - Ci si può chiedere adesso quanto siano tra loro vello di scolarità, ma perfettamente vedenti. -vicini i mondi fittizi e quelli reali. E si scopre Questi risultati puntano anch'essi all'ipotesi di un'interessante somiglianza e soprattutto una un sistema di rego!e o _rete di regole che può interdipendenza stretta tra i due spazi: per cui operare in assenza dello stimolo specifico. Si- risulterebbe che non possiamo cr!!are mappe . sterna di regole e rete di relazioni che sono evi- differenti sostanzialmente da quelle che ci por– dentemente all'opera quando un bambino di- .tiamo dietro e dentro. (...) segna un oggetto tridimensionale e lo affronta Siamo quindi creatori di mappe che cercano secondo una gerarchia di strategie producendo continuamente .di tracciare quasi ciechi nel ad ogni stadio una rappresentazione ,in cui si mondo e_sternopercorsi forse già segnati den– vengono progressivamente realizzando una se- tr<:> di loro. E comunque questa creazione, que– rie di regole strutturaii. Questi 'lavori tercano · sto fermèntare di segni e di mappe, sembra de– di individuare la base 'logica' del disegno detto rivare da un'oscura condizione di infelicità, di del periodo del 'realismo intellettuale' e del ' prigionia quasi del cervello ·nel suo involucro realismo visivo'. In tutti questi casi emerge una di pelle e di ossa. I collegamenti tra i due mon– qualità topologica dell'immagine cui la conno- di, quello reale e quello immaginario, sono tazione sgaziale viene aggiunta solo in un se- molteplici ma sono anche costellati di traboc– condo terìlpo. La mappa infatti da sola non chetti. Calvino ci ha guidato per un poco in può provtedere le informazioni di profondità questo cammino tra due mappe: gliene vada la senza essere passata per il controllo binoculare nostra riconoscenza. Egli deve essere stato in che introduce un nuovo livello organizzativo ·fin dei conti uno dei più validi strumenti che il di regole rappresentative. E' interessante osser- cervello ha usato per comprendere se stesso.

RkJQdWJsaXNoZXIy