Fine secolo - 22-23 febbraio 1986

Nella paginaa fronte:L'albero di baniano di Adyare·Krisbnasul tetto dell'Hotel Sberaton,a Chicago nel settembre1926. ·Qui sopra: Krishna ad Amphion. nell'estate 1920, e, nella foto in basso, sotto rarazzo G belin.nel castello di Eerde. luglio 1926. Qui accanto, il frontespizio di un'opera di Krishnamurtipubblicato in Piemontedall'Ordinedella Stella (1928). Aforismi di Jiddu Krishnamurti La conoscenza impedisce l'ascolto. Non puoi andare lontano se non incominci da, vicino. Morire ricchi è aver vissuto invano. Quando ascoltiamo una verità e non la met– tiamo in pratica, essa agisce come un veleno; dentro di noi, che si diffonde, e porta con sé afflizioni, squilibri e malattie. Speculare e immaginare sono i nemici del– l'attenzione. Cercare l'appagamento è un invito alla fru– strazione. Una tazza serve solo quando è vuota. E una mente piena di credenze, dogmi, asserzioni è davvero sterile - una mente ripetitiva. diò che conta è osservare la mente senza giu– dizio - giusto osservar/a, coscienti del fatto che la mente è schiava. Ma è proprio quella consapevolezza a liberare energia e a rimuo– vere la schiavitù della mente. E' orribile coltivare la virtù, perchè non ap– pena la coltivi, essa cessa di essere una virtù. LA 'virtù è spontaneità senza tempo, sempre attiva - qui ora. Gli uomini di buona volontà non dovrebbero avereformule. Esser-evulnerabili - è vivere. Ritrarsi in sé - morire. Lo stato della mente che indaga è molto più importante dell'oggetto d'indagine.· Nel/'ossei:vazione olistica non c'è frammen– tazione, né direzione: perchè quando vi è di– rezione, vi è distorsione. Solo quando vi è li– bertà completa potete osservare o/isticamen– te, e in quell'osservazione non c'è soddisfa~ zione, e perciò non c'è illusione. (a cura di G.M.) FINE SECOLO * SABATO 22 I DOMENICA 23 FEBBRAIO :~~1m111111111111111111111111111111111111mm1mmmmmmmmmmmmmm · u111 1111111111 +1·····liilililliiiiini11mmmimmmmmmmn ...... i-mH···mm rn :: 17 fare qualcosa per diffondere il suo pensiero!". E invariabilmente, fedele alla sua coerenza, ri– batto: "Perchè?". Piuttosto, si può testimoniare qùale fu la S,!ia idea della vita, la sua schietta, agnostica filoso– fia dell'esistenza, squisitamente e nobilmente materialista (ahi! l'inganno semantico...) - sen– za altro scopo che la corretta analisi di una mente complessa, per certi versi inaccessibile, a suo tempo indagata da un gruppo di uditori d'eccezione, ansti e filosofi come Carlo Suarès, Leopold Stokowski, E.A. Wodehouse, Rober~ Powell, Maurice Frydman, Vimala Thakar; 1 cui contributi furono raccolti in The Mind of Krishnamurti a cura di Luis Vas (laico Publi– shing House, Bombay 1971). Scorriamolo insieme questo libro finchè c'è tempo, prima che i fari dell'attenzione impla– cabilmente si spostino dal Buddha mancato della Teosofia ancien régime, al Ìnessianièo e guizzante Rajneesh, in procinto di piombàre tra noi. (L9 rivedrò volentieri, 'mettendo alla prova la sua memoria. Si ricorda di una certa Veet Sandèh?). ' La mente di Krishnamurti Dunque: la MENTE di Krishnamurti. Il biblista Suarès esamina nel suo contributo _il più scarno enunciato del Krishnamurti-pensie– ro: THERE IS. C'È. "Incomincio da qui - Kri– shnaji scandiva - C'È. C'è la luce, la terra, l'a– ria la vita il movimento. E c'è la coscienza di tut~o questo, co_strettaad ammettere: C'È. C'È - ed è tutto. C'E - e niente di più. Perchè? Perchè l'esserci - qualsiasi cosa e~so sia - è in– comprensibile. Il puro fatto: C'E • è incom– prensibile. C'è un granello di sabbia, e il mistero del suo esserci è al di là del potere dell'immaginazione. Il semplice riconoscimento di questo fatto, mi colma di meraviglia. E tanto ne sono colmato, che non c'è, in me , più posto per altro, per nessuna credenza, divina o umana". Con somma discrezione, nella sua analisi del linguaggio di Krishnamurti, Suarès si cancella - lascia che le parole del vecchio comp'?ngano il loro scarno disegno annodato sul C'E. "Non c'è una causa prima -prosegue Krishna– murti - la causa vera è ora, qui, mai tanto atti– va e vibrante come ora. E neppure ci s_onoef– fetti - tutto è causa del mero fatto: C'E. Questo enunciato non è né soggettiv<?né og– gettivo. Nella consapevolezza del C'E - "io''. non c'entro. Svuotata del c'è-pensiero, e d1 ogni altro pensiero, la mia mente è colma di quella consapevolezza, ed è perciò assoluta– mente vuota, fresca, sòrgiva". L'analisi del linguaggiò di Krishnamurti per Suarès si arresta qui, né d'altronde ha potuto essere un'analisi nel senso corrente del termine, ma solo una perlustrazione silenziosa del vuo– to da cui quel linguaggio promana. Vimala Thakar, una schietta portavoce india– na del Krishnamurti-pensiero, lo definisce la "sfida fondamentale". Nella prima parte del suo contributo, Vimala - di cui visitai il quieto ritiro nel Rajasthan - ripercorre le tappe della propria vita, impegnata dapprima nel movi– mento non-violento di Vinoba Bhave, e poi in– chiodata alla "sfida" di Krishnamurti in ma– niera irreversibile. Per anni, dopo una grave malattia, ne calcò Je·orme, incontrando in In– dia e in Occidente, Italia inclusa, le stesse schiere di ascoltatori di Krishnamtirti, ai quali indicava una semplice "via" alla persuasione "oltre" la retorica, che avrebbe chissà (se essi si fossero mai incontrati) potuto far recedere Carlo Michelstaedter - l'acerbo filosofo triesti– no ebreo più inconsapevolmente vicino all'a– dvaita vedanta - dalla sua esiziale tesi di laurea (vd. La persuasione e la retorica, Adelphi, Mi– lano, 1982). Maurice Frydman, il discepolo e interprete di Nisargadatta Maharaj (come ricordavo nell'in– troduzione a Io sono Quello, Rizzoli 1981- 1982), argomenta piuttosto sui concetti di ri- · volta e rivoluzione nel Krishnamurti-pensiero. "Mentre rivolta connota un movimento cieco, violento, ma effimero e non profondo, rivolu– zione - nell'accezione .di Krishnamurti - com– porta un cambio totale, un completo rivolgi– mento, una ricostruzione e una palingenesi ra– dicali e fondamentali, il cui alto prezzo è la sofferenza. Gente appagata, felice, non fa le ri– voluzioni. Solo chi soffre è un buon candidato alla metamorfosi. ·Ma Ìa vera rivoluzione è solo quella mossa, istigata dall'interno, una re– vulsione del nostro modo globale di sentire e pénsare. Il guaio delle. ideologie - rifletteva Krishnamurti - è che esse non vanno abbastan– _za in profondità. Esse scambiano invariabil- . mente il sintomo per la causa, e mentre sono perfettamente equipaggiate a fornire dottrine per una rivolta, non possono innescare una vera rivoluzione, perchè si rifiutano di ammet– tere che le cause del disordine nel mondo fisico esterno, sono anzitutto psicologiche. Una rivo– luzione psicologica - conclude. Frydman medi– tando su Krishnamurti - è come una reazione a catena: parte con pochissimi, e dilag·a a vala~– ga. Il movimento verso la libertà deve princi– piare dall'individuo. Se l'individuo trasforma se stesso e la sua vita, allora può esserci per lui libertà; e poichè ognuno, in quanto individuo, è il risultato di un processo totale, una volta che egli ha liberato se stesso dal nazionalismo, dall'òdio, dall'avidità, dallo sfruttamento, egli può pilotare la sua azione sulla totalità. In un dialogo tra Krishnaji e il direttore d'or– chestra__ç musicista Leopold Stokowski, duran– te un incontro in Olanda nei Sessanta, si tocca– rono i temi della creatività e dell'ispirazione. "Secondo me - argomentò Krishnamurti- esse– re ispirati per un artista significa mantenere l'intelligenza straordinariamente vigile, entu– siasticamente all'erta". "E che rapporto c'è con l'intuizione?", domandò Stokowski. "L'in– .tuizione è il culmine dell'energia intellettuale". "E la persona creativa, fino a che punto c'en– tra con la sua opera? " "Questa è una doman– da formidabile - rispose Krishnamurti -. Biso– gna indagare. Certo, mentre qualcosa di im– menso, trascinante si espritne attraverso di me - 'io' non sono". E Stokowski ancora do– mandò: "La verità, mi dica, è relativa o assolu– ta?". "Né l'uno né l'altro - rispose Krishna– murti -. E' come domandarsi se l'acqua di un fiume e quella dell'oceano, o il profumo di un fiore e il fiore stesso, sono due o tutt'uno". Infine, l'amico di Aldous Huxley, C.L. Nahal, nel 1959 s'intrattenne con Krishnamurti sul tema dell~ droghe, e dei fenomeni e delle tecni– che di alterazione della coscienza. "Le espe– rienze con la mescalina e l'L.S.D., per profon– de che appaiano, - disse Krishnamurti - resta– no confitte nella sfera del tempo. Per me, ipno– si, droghe, o lo stesso yoga sono degji auto-in– ganni". E, a proposito del. ,rigetto di Krishnamurti della sua missione teosofica, egli chiarì per l'ennesima volta il senso di quel ge– sto: "L'intera faccenda di guru-e-discepoli, a un certo punto della vita (si era nel 1929), mi apparve del tutto irreale, e mi ritrassi perciò da una situazione che avvertivo ormai irrimedia– bilmente falsa". "Eppure - obiettò Nahal - avete continuato ad ammaestrare". "E' vero, ma a un livello del tutto diverso. Ho semplice– mente impedito che la mia immagine di mae– stro si frapponesse tra me e la gente, rendendo la mia parola un dogma sterile. Mi interessa tremendamente l'arte del vivere - ossia del mo– rire. E ho cercato di praticarla giorno dopo giorno, con ogni stilla della mia energia. L'ho fatto con grande determinazione e fermezza, e ho cercato di mostrarlo a chi me lo chiedeva". "E vi siete interrogato sul 'dopo'?" - domandò ancora Nahal. "Ciò che chiamiamo il 'dopo', I' 'oltre', appar– tengono all'ignoto. Ogni tentativo di affermare o negare alcunchè a quel riguardo, è vano e sterile. La vita è così importante! Occupa tutto lo spazio dell'attenzione!" Così, Krishnamurti ha preso congedo: "Sono a casa mia". "Dove?" "Qui, ora - finchè posso affermarlo". 111----------------- ·.

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