Fine secolo - 22-23 febbraio 1986

FINE SECOLO * SABATO 22 / DOMENICA 23 FEBBRAIO 18 F u a Parigi, durante l'occupazione, che lei scrisse "la Pace", una vera e propria mina vagante. Si trattò in effetti di una cosa parecchio bru– ciante. Ero all'Hotel Majestic, nell'inverno del 1941. e tracciando su un foglio bianco le due parole "La Pace", avevo l'impressione di im– pegnarmi in un'impresa ·ben più considerevole di tutti i fatti di guerra ai quali avevo parteci– pato fin allora dal 1914. Mi occorreva separare il giusto dall'ingiusto. ( ... ) ~ Cercavo di abbozzare l'immagine di un'Euro– pa da realizzare attraverso l'accordo dei popoli liberi, e éhe doveva definire un nuovo ordine, cioè reali forme d'esistenza per il "lavoratore", eroe del mondo moderno. Devo dire che que– st"Europa si sta allontanando ogni giorno di più. Che cos'è questa nebulosa di Bruxelles e di Strasburgo, dove non si parla che di latte, di vino, e di patate? Una derisione! Per tornare a. "La Pace", mi meravigli.ai ·io stesso di vedere;a quale velocità questo piccolo scritto si andava diffondendo, pima· ancora della sua pubblicazione, copiato, ricopiato, diffuso da una mano all'altra ... Hitler. Un appu_ntamentodisdetto Lei si è fa1to carico di questo rischio nel 1941. ,via si erciassunto un rischio ancora più decisivo nel 1939. scrivendo "Sulle scogliere di marmo", 1111 ·opera in cui si poteva leggere chiaramente 1111a denuncia delle forze demoniache del potere e. wnseguentemente, del Nazionalsocialismo. Il · ·e rande Forestarb ", · "Kobelbleck ", "Bunden– horn "... non erano forse personaggi a chiave? Naturalmente. Ma bisogna andare ~I di là di queste identificazioni troppo sommarie. Blech o Bleck. era il nome di un prato a Goslar, dove si decapitavano i criminali. Nel· 'grande fore– staro', io vedevo più Goering che Hitler. Ma pensavo anche a Stalin. Nelle 'Scogliere' non c·è nessuna differenza tra Hitler e Stalin. I miti vanno più lontani della storia. Naturalmente i Nazionalsocialisti si sono sentiti presi di mira. Quand'ero ancora studente a Lipsia, Hitler aveva chiesto di incontrare l'autore di "Tem– peste <l'acciaiò". Fortunatamente, l'intervista non ebbe luogo. Rudolf Hess mi telefonò di– cendomi che il Fiihrer aveva degli impedimen– ti. (...) Durmite il soggiorno parigino, lei hafrequentato moltissima gente: anche persone che sarebbero .Waleimplicate nell'attentato del 20 luglio? Ne ho conosciute un buon numero, a comin– ciare dal comandante in capo Cari Heinrich von Stulpnagel, che era succeduto a suo cugi– no Otto nella primavera del 1942. La fine tra– gica di entrambi è nota. Ho soprattutto fre– quentato il colonnello Hofacker, nel piccolo circolo che si riuniva dai fratelli Valentiner, al quai Voltaire. Hofacker teneva i collegamenti tra i militari e i civili del complotto. Per quan– to mi riguarda, la soluzione dell'attentato con– tro la sola persona di Hitler non era quella giu– sta. Ma io non avevo alcuna presa sugli avve- nimenti. (...) · Il mito del lavoratore Le "Scogliere di marmo" costituiscono la prima delle sue grandi 'utopie', cioè le opere che veico– lano la sua filosofia nel modo piiì originale. In effetti ho bisogno di un fondo mitico per rappresentare la figura più attuale: quella del ··1avoratore", anche se quest'ultima è già, ai miei occhi. qualcosa di mitico. "Il lal'ora I ore" è una rappresentàzione del mon– do dei Tiwni, o già il vinci!Oredei nuovi !empi? Ogni medaglia ha il suo rovescio. Il mondo tecnico non sfugge a questa definizione. Non vi è progresso senza regressione, né vittoria senza disfatta. L'aspetto negativo di questo mondo è stato LAPAROLA D'ONORE DI ERNST JONGER di Jean-Louis FONCINE In un'intervista a. un adepto francese, fra poco pubblicata da "Nuovi Argomenti", un altro nato nel Ernst Jiinger è nato a Heidelberg nel 1895. Volontario nel I9I 5, esaltò la messa alla prova della guerra in "Tempeste d'acciaio" (1920) nella forma del diario, oltre che in una se- 1895 ricapitola la pròpria storia e i propri miti: il Cavaliere, il Ribelle, il Lavoratore. Miti affascinanti e snervati, come ciò che non è più di scandalo. . rie di libri di racconti e saggi. Del 1932 è "Der Arbeiter", qui ripetutamente citato come "Il lavoratore" (ma tradotto in italiano dà Longanesi, I 984, col titolo "L'operaio"). Jiin– ger aderì al nazismo, ma se ne distaccò negli anni della guer– ra. Ha pubblicato un gran numero di libri anche nel secondo dopoguerra. Vive oggi a Wilflingèn, un villaggio nel Wiir– ttenberg, dove è stato intervistato da Foncine. L'intervista è comparsa nel 1985 sulla "Nouvelle Revue de Paris", e sta per comparire in italiano sul fascicolo di "Nuovi Argomen– ti" che sarà in edicola dopo la prima settimana di marzo. Grazie a "Nuovi Argomenti" anticipiamo, con alcuni tagli, l'intervista, riferendo anche la curiosamente obbligata presa di distanze da cui è introdotta: "Il problema della tara poli– tica -così suona la nota redazionale- da fare sui discorsi degli scrittori è per noi ·ancora aperto e vivissimo. Non crediamo all'abbraccio "culturale" in un presente depurato di respon– sabilità. Perciò;,lel pubblicare questa intervista con Ernst Jiinger, così affollata di memorie, di ragioni storiche e di utopie, non possiamo non prendere le distanze sia dal tono dell'intervistatore, rapito in una nube iniziatica al punto di sfiorare l'ingenuità (o almeno quallo che speriamo sia inge– nuità); sia da molte delle tesi del vecchio scrittore, ancora brncianti malgrado l'olimpicità con cui sono esposte. ben definito· da mio fratello Friedrich Georg nel suo libro 'La perfezione della tecnica'. A questo riguardo, ciò che attualmente è in causa non dipende dalla catastrofe politiéa, ma da un conflitto che si situa molto al di là: in un mondo che è insieme organico ed inorganico. Prendiamo ad esempio l'influenza della luna sulla terra. Vi è il tempo delle basse maree,. il tempo delle alte maree, ed il tempo delle gran– di maree cicliche, lo 'springflut'. Alcuni feno– meni che vanno al di là dei muri del tempo po– trebbero non essere più controllabili. Parecchi spiriti illuminati della nostra epoca vedono che le cose non sono legate tra di loro soltanto dal– la politica. Io non sono un profeta, e rlon ci troviamo su di un terreno sicuro. Nietzsche ha parlato del XXI secolo, e anch'io ho evocato negli scritti ai quali lei fa riferimento il XXI secolo. lei a volte ha parlato del parto nella sofferenza di un cosiddetto 'Stato mondiale'. Determinate situazioni possono ritrovarsi in ogni millennio. Stiamo soltanto abbordando il terzo millennio, segnato dall'era dell'Acquario. Siamo in un tempo di transizione. I vecchi va– lori non sono più accettabili ma non si sono ancora instaurati nuovi valori. I Cristiani dicono a volte che dopo l'era del Padre e del Figlio arriverà l'era dello Spirito: i tempi giovannei. Sono nato nel 1895, l'anno della scoperata dei raggi X. Era una nuova vi- sione del mondo. Ma da allora, questa visione si è costantemente affinata. Non si è ancora ben definita l'utilizzazione dell'atomo, delle scoperte della biologia. Sono sorte forze titani– che che a volte ci sembrano, a giusto titolo, mi– nacciose. Una pacificazione, una ripresa in mano di queste forze titaniche è diventata una necessità. E' la ragione a comandarlo. E tuttavia non c'è nell'opera d'arte, nella vita politica, un processo di decadenza? Credo, per far riferimento al solo linguaggio dell'arte, che ogni secolo ha la sua fase impres– sionista, espressionista,-surrealista, e questo fin dall'età della pietra. Non ho nulla contro la decadenza. Vi sono parecchi fenomeni che non vengono percepiti chiaramente se non nelle fasi della decadenza. Nella malattia, ci si rende conto di colori non percepibili in stato di salu– te. Se si prende la vita allo stato normale, la decadenza è avvertita come qualcosa di spiace– vole. Ma vi è anche una salute spiacevole. Cavalieri antichi, senza odio la sua amica Banine dice, nell'opera che le ha consacrato, che lei non sa odiare. Del resto questa impressione la si può sentire potentemente in "Tempeste d'acciaio" o in "La guerra, nostra madre". Sfortunatamente oggi l'odio sembra estendersi ovunque nel mondo. ·Non vi è in questo qualcosa di inquietante? Non è un fenomeno nuovo. Era già legato al– l'apparizione degli eserciti popolari. Ma du– rante la guerra del 1870, e durante la prima guerra mondiale, esisteva ancora una legge morale del combattimento. Gli ufficiali prigionieri potevano usufrire di una certa libertà 'sulla parola'. Era considera– to come disonorante attaccare i civili o i com– battenti disarmati. La lotta di Richthofen con– tro gli inglesi rimane un modello d'atteggia– mento cavalleresco. La seconda guerra mondiale, sia a ovest che a est -ma soprattutto sul fronte orientale- ha messo in evidenza un tipo di combattimento spi~tato. Non si tratta più di un combattimen– to tra popoli eguali, fondati suJla stessa morale e con gli stessi costumi, ma tra uomini ciechi, guidati da ideologie, il cui solo scopo è lo ster– minio dell'avversario. In questo contesto, an– nientare intere città, intere regioni, diventa un me:z.zogiudicato normale in considerazione del fine da raggiungere. E' del tutto nuovo, e pro– priamente titanico. Ma anche nella peggiore delle situazioni, l'uo– mo libero si deve sbarazzare dell'odio, anche se ciò è molto difficile. Lei ha scritto da qualche parte: 'La sofferenza è il valore metafisico per eccellenza. L'uomo che dà la sua vita per l'altro, raggiunge una gran– dezza trascendentale'. Il mondo è veramente condannato alla sofferenza? E' passato molto tempo da quando ho scritto la frase che lei cita. Ma è vera. Schopenhauer già l'aveva affermato. La soffe– renza è sempre tra noi, e la somma della soffe– renza resta costante nel mondo. La sofferenza e il dubbio sono i due grandi agenti della ridu– zione nichilista. Non si può evitarli. Il percorso è difficile ed esigente. La maggior parte della sua opera è stata tradot– ta in francese -da diversi editori del resto- ma l'opera che molti ritengono essere la più impor– tante: "Il lavoratore", non lo è mai stata. Si tratta di un fatto intenzionale? Il libro è stato scritto nel 1942. Ho apportato molti ritocchi nelle note intitolate "Maxima– Minima", e in un buon numero di miei altri li– bri. Ma si tratta di una nozione complessa. Perfino in Germania è malcompresa. Il libro è stato da poco pubblicato in Italia e conosce un successo abbastanza soddisfacente. Un importante con– vegno al quale partecipavano anche dei comu– nisti l'ha preso come oggetto di discussione. Mi ero spiegato a questo proposito nel giorna– le "Die Welt" qualche anno fa. "Il lavoratore non è per me una figura economica primaria. Nella mia rappresentazione del mondo è un personaggio metafisico: il primo Titano che percorre la séena dei nostri Tempi. L'econo– mia viene dopo. Colui che ha la potenza domi– na l'economia. In senso inverso, il cammino verso la potenza non passa al di sopra de]]'eco– nomia. All'inizio c'è la volontà di potenza. La tecnica è il suo strumento. Ma né la guerra, né la rivoluzione possono indebolire il lavoratore. Piuttosto, egli ne esce rafforzato." La figura del "lavoratore" si è materializzata con più successo nei paesi dell'est, qui da noi è ancora il borghese al potere. E' un tema di riflessione difficile e pericoloso da esporre. Ma non bisogna mettersi nell'otti– ca politica, a rischio di gravi deformazioni. II lavoratore appartiene al mondo del Titanismo. E' il nuovo figlio della terra e non ha nuJla a che vedere con il vecchio padre Marx. Appar– tiene a tutti i settori della società, a tutte le na– zionalità. Egli è il figlio di Prometeo. Lo stato mondiale Ritiene che per mezzo di questa nuova figura di lavoratore da lei evocata, e che è in gestazione, si possa pervenire allo stabilimento di uno Stato mondiale?

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