Fine secolo - 8-9 febbraio 1986

varianti). Per associazione di idee penso alla struttura della musica ripetitiva nord-america– na. Altre cose (disegni consistenti in pochi trat– ti neri stilizzati) fanno pensare all'ultimo Klee. Niente di nuovo sotto il sole? La visita al mu– seo dà nuova esca alle rilessioni che sono an– dato facendo negli ultimi tempi sulla circola– rità (o la forma a spirale, per esempio in Sisifo come autoritratto? ('La Musica, Nr.8, Roma 1985). Almeno in arte (in musica) la categoria del progresso non ha senso: gli stessi problemi vengono affrontati sempre di nuovo in modo sempre diverso. In albergo ascolto più volte la radio, soprattut– to l'emittente dell'Università Cattolica (che non è la Pontificia, ma una seconda università di Santiago). Viene annunciata una conferenza sull'aborto (contro, naturalmente) e una mo– stra di un pittore italiano mai sentito che "in questo periodo di violenza (sic!) si dedica a una pittura di tipo lirico". Trasmettono molta musica classica, ma neanche per sbaglio un pezzo moderno o contemporaneo. Ho la sen– sazione del ruolo ideologico a cui può essere piegata anche la più grande musica. La 'tradi– zione' mi appare qui come una colla con cui si cerca di tenere insieme un mondo ormai in pezzi. Capisco cosa intendeva Adorno parlan– do della musica contemporanea come di un niessaggio nella bottiglia che approderà, forse, ai lidi di tempi migliori (in cui -voglio sperare– non sarà usata nel modo ideologico in cui spesso viene usata oggi la musica del passato). Uruquay: ricchezze della musica povera 4. Anche a Montevideo (come a San Paolo, Rio e Buenos Aires ero già stato durante il mio primo viaggio in America Latina nell'agosto 1984. Allora c'era ancora la dittatura militare, anche se ormai fortemente traballante. Si re– spirava un clima di euforia e di speranza: ri– cordo le strade inondate di manifestini inneg– gianti alla democrazia e una fùa di chll.ometri per andare ad ascoltare il cantante Daniel Vi– glietti che tornava in patria dopo anni di as– senza. Le ultime elezioni di qualche mese fa hanno riportato la democrazia e -per dirla con Brecht- dopo le difficoltà della montagna le difficoltà della pianura. Incontriamo vari musicisti, tra cui il più auto– revole è Hector Tosar (emarginato dalla ditta– tura, ora direttore del Conservatorio e respon– sabile musicale della Radio), i più attivi sono Coriùn Aharonian e Graciela Paraskevaidis (esponenti del Nucleo Nueva Musica che ha organizzato i nostri concerti-conferenza), il più singolare è senz'altro Carlos Pellegrino: oltre che compositore è professore di giardinaggio all'università, fondatore e direttore di una rivi– sta culturale ('M1tldoror'), autore di poesie e di un romanzo, studente di architettura a San Paolo (sta preparando una tesi sull'acustica ambientale) ... I cognomi di questi musicisti danno un'idea della mescolanza di culture: gli antenati di Tosar erano spagnoli, quelli di Aharonian armeni, que{lidi Paraskevaidis gre– ci, quelli di Pellegrino italiani. Coriùn Aharonian è sostenitore militante della necessità di pervenire a una identità musicale latino-americana. E' molto critico nei confron– ti della cultura europea, ma ha contatti stretti con l'Europa, dove viene di frequente, ed è perfettamente informato su quello che vi si fa. Difende una 'poetica della povertà' (cioè una musica 'povera' che suoni metafora della po– vertà dell'America Latina), ma ha realizzato. uno dei suoi pezzi elettronici nel sofisticatissi– mo studio di Stoccolnia. La sua musica non ha niente di quello che ci si attenderebbe da una musica che si rifà programmaticamente alle tradizioni latino-americane, ma fa pensare piuttosto a esperienze minimalistiche condotte negli odiatissimi Stati Uniti. Anche questo dà un'idea delle contraddizioni in cui ci si può im– ·battere in America Latina. Due • • continenti, . ' . op1u di GiacomoMANZONI zione di. una cultura tuttora, sia in generale sia nel campo della musica, molto ancorata alle tradizioni europee. Si direbbe che il musicista attuale di Buenos Aires guardi molto di più a Vienna o a Parigi o a Londra o a Roma, piut– tosto che a Rio o a Città del Messico o anche a New York. Tutti poi• sanno che le distanze ··sono tali da· rendere la loro unità sulla carta ~geografica solo apparente. Ma sperimentarlo·_ di persona è diverso. · _· · Di fatto c'è quindi un certo isolamento. E · quindi anche le aspirazioni di alcuni di loro a un'unità dell'America latina ·sono abbastanza L a prima impressione che mi è rimasta è utopiche. C'è dunque un continente autonomo questa: ero partito con l'idea ~be ab?ia- che è il Brasile e un continente ancora in qual– mo comunemente dell'Amenca latin"a .... che modo europeo che è quello degli altri· pae– Un'idea di qualcosa di molto unitario, dalla si. - personalità culturale e civile non dico limitata, Queste differenze si sono riflesse anche· nelle ma molto omogenea. Invece, visitando meno reazioni nei nostri confronti, del nostro lavoro. di metà del continente, già ho ricavato l'im- In Brasile, per esempio, mi sembra relativa– pressione di aver visitato almeno due continen- mente scarso l'interesse per la musica nuova ti diversi. II Brasile è davvero un continente a come la intendiamo noi qui, oggi. Loro hanno sè. Abbiamo girato soltanto nelle città, ma una tradizione locale che è quella di Villa Lo– l'impressione è assolutamente unica. bos, e tendono -forse è anche la cosa più giu– Quando poi invece si va nei paesi dell'estremo sta- a individuare un loro patrimonio, un lorò sud, Argentina Cile, il cono sud, si ha la sensa- linguaggio musicale che non sia così dipenden- -tedall'Europa.-Salvo .poi avere fenomeni estre– mistici, come alcune persone che si dedicano solo alla musica elettronica. In un paese in cui è difficile procuran;i anche le apparecchiature, puntano sull'aspetto più tecnologico del com- I I· l ., , porre. Naturalmente _sonoancora pm separa- ti'. Negli altri paesi, invece, nel contatto anche con i giovani si sentiva un interesse, una for– mazione più legata alle nostre esperienze. In Argentina, in Cile, in Uruguay mi sembra che ci siano più giovani che studiano musica. A Buenos Aires abbiamo conosciuto una specie di associazione di giovani compositori, una quindicina di musicisti dai venticinque ai tren– tacinque anni, che si stanno organizzando per fare pubblicazioni, concerti, iniziative di vario tipo. Lo stesso in Cile, dove c'è una possibilità di vita culturale che Pinochet lascia per garan– tirsi un certo gioco. Quando si toccano cose nodali, allora succede quello che purtroppo sappi~mo. Però 'invece questo spazio intellet– tuale è gestito in una maniera abbastanza libe– rale; per cui anche lì ab~iamo conosciuto molti giovani compositori che stanno·1avorando. Io ho avuto a Milano un-allievo éiÌeno che ora è tornato lì, è professore di composizione, si dà lui stesso molto da fare ... Anche nelle librerie, se uno vuol comprare un libro di Marx lo tro– va, ·ecosì per le riviste ecc. E' un po' pericolosa l'immagine che abbiamo noi del Cile, va cor– retta: ci sono degli spazi in cui mi sembra che sia giusto, anche necessario l'intervento diretto delle forze progre·ssiste europee in campo cul– turale. Perchè questo è possibile. Si può andare tranquillamente, in Cile, con in tasca il passa– porto senza visto; è vero che si può anche scomparire, ma in ogni modo l'immagine della prigione che noi ci sfamo fatti non giova granchè nemmeno a loro. Si ha l'idea di una realtà inaccessibile dove c'è una piccola oppo– sizione che tenta di far delle cose, ma. in realtà c'è anche di più. Noi in Cile non eravamo (an– che perchè non volevamo) invitati ufficialmen- . te. Siamo stati invitati dall'istituto musicale dell'Università Pontificia, che fa una certa fronda, e abbiamo avuto degli incontri di tipo privato, sia pure nell'Università, ma non pub– blicizzati in maniera particolare. Con un pub– blico di interessati, senza esecuzione 'dal vivo; abbiamo fatto ascoltare delle musiche registra- . te, abbiamo discusso 1di problemi musicali e anche sociali, politici, ma in una cerchia piut– tosto ristretta. In qualche misura è stata una sorpresa. Invece in Argentina e in Uruguay c'è una gran– de vivacità culturale, molto più libera natural– mente, più espansa, anche se hanno delle gros– se difficoltà economiche e realizzative. Noi ab– biamo avuto (Petrassi, Lombardi, io) concerti di nostre musiche da camera. C'era pubblico, a Buenos Aires notevole, a San .Paolo discreto; a Montevideo, per essere una specie di piccola conferenza-concerto, c'era un pubblico non ampio ma qualificato. A San Paolo la Biennale d'arte, che è un'istituzione importante con de– cine di edizioni, per la prim~ volta ha aperto uno spazio alla musica ospit~do in ciclo _diun mese musiche nostre e di altri autori come Cage ecc. Quanto alla musica contemporanea locale, in Brasile abbiamo conosciuto in pratica soltanto lavori di quei compositori che coltivano l'elet– tronica, sui quali sospenderei il giudizio, per il momento. Ho l'impressione che non ci sia un grosso humus, un grosso tessuto di giovani compositori. Quantitativamente a Buenos Ai– res, à Montevideo, a Santiagp c'era un grande interesse; molti giovani eh~ studiano o che hanno finito. Il livello poi naturalmente è mol– to vario: c'è molto· dilettantismo, provinciali– smo, difficoltà a procurarsi il materiale come le partiture. Difficoltà anche di costi, perchè a parte l'inflazione non possono acquistare dal– l'estero in valuta. Noi li aiuteremo, mandere– mo delle cose, in parte le abbiamo già manda– te; perchè far venire delle musiche da fuori è in teoria possibile, ma a costi assurdi. a cura di Francesco A. Saponaro

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