Fine secolo - 18-19 gennaio 1986

FINE SECOLO* SABATO 18-/ DOMENICA 19 GENNAIO ----------33 L----___;;.._ _______________ ~------di Maria MUNGO-___;;.......,.... __ _.;.._-',; ___ ..;... _______________ _ E' in questi giorni in libreria, per la colla– na "Microstorie" dell'Einaudi, Biogra– . fia di una città di Sandro Portelli, storia e racconto di Terni dal 1830 al 1985 (pp. 369, 20 mila lire). Storia orale e documenti d'archi– vio, frammenti di vita e articoli di giornali, vi si .intrecciano dando voce ad un secolo e mezzo di storia, dall'antico paese rurale fino allo svi– luppo e alla· crisi della città-fabbrica, Ma so– prattutto c'è nel libro l'esigenza di capire il rapporto della gente con questa storia, pene– trando, attraverso l'uso di fonti orali, nei gio– chi complessi della memoria. Ne parliamo con l'autore, Sandro Portelli, che da tempo si occupa di cultura popolare, inse– gna letteratura angloamericana all'università di Roma, è ricercatore e operatore culturale al circolo "Gianni Bosio" di _Roma, e direttore della rivista "I Giorni ·Cantati'-'. Il tuo libro racconta la storia di Terni negli ulti– mi l 50 anni, valendosiprevalentemente di fonti orali. Come mai hai scelto questo metodo? In un certo senso è il metodo che ha scelto me. Io avevo cominciato occupandomi di musica popolare e avevo raccolto una quantità-di can– zoni; poi, a mano a mano, mi sono accorto che nel presentare queste canzoni la gente raccon– tava, e a un certo punto ho cominciato ad ave– re più interesse per i racconti' che per le.canzo– ni. Questo perchè i racconti da una parte pre– senta vano una grande diversità da persona a persona, cioè una grande autonomia •indivi– duale; dall'altra poi mi aveva colpito il fatto che spesso erano sbagliati, ma soprattutto che nelle distorsioni della memoria, negli aggiusta– menti che la memoria faceva degli avvenimen– ti, c'era dentro implicita tutta una dimensione di soggettività, tutta una dimensione di imma– ginario, di cui era forse possibile ricostruire delle leggi, delle regolarità; e attraverso la rico– st~one di questi processi dell'immaginazione si ricostituivano non tanto i fatti quanto il rap– porto che la gente aveva con questi fatti. Quin~ di ho dovuto fare un po' un doppio processo: quello di ricostruire il più attendibilmente.pos– sibile che cosa era successo e quello di vedere l'interazione fra gli avvenimenti e l'immagina– rio. · Intervista a Sandro Portelli, • àutore di. un libro su Terni dal 1830 al 1985. l percorsi della ç_ultura- · popolare, tra storia e me,moria,musica e racconto. - Settimio Bernaducci. "Il maglio e la pressa sono due grandi cose delle acciaierie. Il primo è passato, la seconda vive ancora, ma ormai si è invecchiata. Avrem– mo dovuto mettere il maglio come monumen– to delle acciaierie e non l'abbiamofatto. L'erro– re sr potrebbe riparare f acenda diventare mo– numento la pressa da dodicimila. Sarebbe la testimonianza di questi cento anni di attività dello stabilimento. e del favoro che di padre in figlio e da figlio ancora in figlio si svolge nella città, per e con le ac– ciaierie. Noi questafab 0 brica l'abbiamo costrui– ta con le nostre mani, butlone su bullone, ro– taia su rotaia, mazza su mazza". Uildo Bartoletti. "Era– vamo nel 1915, se par– lava già de la guerra. Io stavo a fà le rifiniture- In che moda ti hanno guidato i racconti della dei 76 shrapnel; e se gentt; nella ricpstruzione di questa storia? stava a cottimo, più la- Io sono partito con l'idea di fare una storia voravo e guadagnavo d'e delle lotte della classe operaia raccontate dai più. Due ore de r.iposo protagonisti. Dopo di che il libro si è in un cer- ciavevamo a mezzanot- tò senso fatto da solo, perchè i racconti della te. Una settimana de gente vanno sempre al di là delle richieste che giorno e una settimana tu gli fai, sono sempre imprevedibili, sempre (le notte; la settimana de giorno entravamo più ampi, per cui io volevo parlare della città- alle sei della mattina,. fabbrica, e quindi partire dagli anni '20, e mi uscivamo alle sei della continuavano ad arrivare racconti sui nonni sera. E quanda che ve- nell'800, sui nonni garibaldini, sui bisnonni nivamo dal lavoro, stan- briganti, e naturalmente erano racconti troppo chi. mica pòi usci', dò belli per noa metterli; per cui tutta la fase ·ante- vai? Era lavoro a casa,· cedente l'industrializzazione e là prima fase , gnent'altro. Tanti non dell'industrializzazione nel libro ci sono entra- ce credono, perchè le ot- te per fona, perchè così come la gente non mi t'ore sò st ate faticate per averle. Ciànno spa- cantava le ~oni senza raccontarmi i fatti, rato, ce· n'hanno fatte non mi parlava del 1920 senza parlarmi di Ga- tante. Noialtri. all'ac- ribaldi. ciàieria eravamo li peg- Come mai c'era questo bis~ di· andare così gio, perchè stavi dodici indietro con la memQria? · .• ore là dentro, due ore a - dormì, veniva il [ guar- Intanto molte_pèrsone tepdono a fondarsi su diano J te batteva su li una tradizione anteriore a se stessi_: E' frequeil- .piedi; te svegliava. Allo– te il racconto "io sono così, sono militante-,- ra io pigliai un sacchet– sono ribelle, perchè la mia bisnonna era atea e __ . to de piombaggine, e lo bes{emmiatrice". Ed è un tema ricorrente. Poi missi sqpril à la porta. se questi episodi sono arrivati alla memori~ di E entrò lu_capo dell'i- queste persone è perchè sono dei bellissimi rac- spezione, - l'ingegnere conti, per cui I?- gente li ricorda voléòtieri. Ci" nostro. Capirai -glie ca- d l ,. sca la piombaggine- .lu sono almeno queste ue cose. Ino tre, c e sem- t:-ollèttobianco, inami- pre questo fatto di interagire. implicitamente~ dato, tutta la piombag- esplicitamente con un sqstrato.condiviso. Que• gine giù. E sai che le sto è lampante nei racconti dei 16-17 enni: . spie c'erano dapertutto: "non ne posso più di ·questa cappa, della· fab- capo una settimana me brica che ci vediamo ·davanti... spero di andar- chiamò in ufficio a me. ci a lavorare", i quali costituiscono quindi se_- Dice, "chi è che l'ha 'stessi in antitesi alla memoria e alla cultura messa?" "E che ne so della città-fabbrica, e ne sono però, quasi sem- io?" Però me la fece .scorità ". pre dei prodotti. La storiografia accademica ha negato; in passa– to, dignitd storica alle fonti or~li. C'è oggi una maggiore disponibilità,a utilizzare anche queste fonti? - · Francamente sì. Quindici anni· fa tutta la cor– poràzione degli storici• acc_ademici~ra contra– ria, mentre- éhi era di sinistra e progressista. parlava di storia orale, o almeno stava_a senti– re chi ne parlava. Oggi no_nè più argomento di polemica la necessità e l'utilità di servirsi delle fonti orali. Le polemiche sono, piuttosto, su come utilizzarle, fino a che limiti, ecc. Se tu prendi tre libri che si sérvono di fonti orali adesso, quello di Luisa Passerini su Torino, l'ultimo di Nuto Revelli, e il mio, ti accorgi che · ci sono tre modi differenti. Luisa Passerini co– struisce un ._discorsosaggistico molto articolato in cui di volta in volta cita il documento fonte, Revelli costruisce una sequenza di ;narrazioni',· e io invece ho puntato tutto sul montaggio, perchè per me era fondamentale ragionare sul– la pluralità dei 'racconti e sull'articolarsi ·fra loro dei linguaggi. Quindi il mio intervento ·sulle fonti non consiste tanto nel comrhenlarle quanto nel selezionarle e montarle;· semmai è attraverso l'accosta~ento che viéne fuori il giudizio. Per cui ho lavorato molto mettendo a fianco la frase del prefetto, con la frase dell'o– peraio, con il pezzo sul giornale. Negli anni scorsi il grande interesseper la cultu– ra popolare nasceva anche <fa spinte ideologiche e- politiche; oggi. in un clima del tutto diverso, qual è /'attenzione verso questa cultura? C'~ stato un momento, anni '60 e primi anni '70, in cui certi aspetti della cultura popolare .erano considerati utili all'intervento politico, e perciò da valorizzare. Io penso che questo sia tutt'ora ·vero, però siamo entrati in crisi rispet– to a due o tre-cose. Da una parte l'identità dei soggetti sociali, cioè la questione della defini– zione delle classi sociali,. che avevamo abba– stanza nitida fino a un certo punto della nostra storia, è meno nitida; qall'altra, poi, la identifi– ·cazione di cultura popolare con cultura di tra– dizione orale adesso non ha più molto senso, sia per la scolarizzazione di massa, sia per i mass.media. La terza cosa è che il folk-revival, la riproposta della musica popolare, che era un atto essenzialmente politico negli· anni '60 e primi anni '70, è diyentata una cosa così steri– le, così priva di interesse musicale e politico, che per forza non.coinvolge la gente, Se la gen– :te è coinvolta dal rock 'e da Sting un po' c'en– trerà la manipolazione dell'industria, ma un ,_pò'c'entrerà-pure il fatto che queste cose sono più vere. Voglio dire, c'è più cultura popolare in Ùn disco di Bruce Springsteen che in tutti i dischi di folk-revival usciti in Italia negli ultimi ·dieci anni, e questo perchè Bruce Springsteen è forse una delle espressioni meno mediate della - cultura operaia, e_nel momento in cui si dice che la cultura operaia scompare poi te la ritro– vi al centro della cultura di massa attraverso tutto Springsteen. Pensi che la musica rock rifletta anche aspetti• della cultura popolar_e? _ Sì. Primo perchè è in qualche maniera_più vici– na all'identità sociale dei soggetti, nel senso che non è solo un'operazione dal di.fuori, ma in.parte anéhe dal di dentro; e secondo perchè, come la musica popolare ·tradizionale, non ha mai avuto l'idea dell'innovazione ma neanche della conservazione come valore, cioè ogni vol– ta che gli sf-è proposto uno strumento nuovo ha fatto il possibile per impadronirsene, e pro– prio su questo argomento ·-tra l'altro- stiamo preparando il prossimo numero di :"I Giorni Cantatì". Se tu p\gli Brian Eno o Frank Zappa, e prendi Bruce Springsteen, ti, accorgi che la .connota- '. zione sociale è profondamente diversa, per cui, fermo restando i rispettivi valori musicali e ar– tistici, 'non è causale che i due esponenti del ro– ck'n'roll più rock'n'roll siano Springsteen e Seger. cioè i due musicisti più legati all'uni~ V!!rsodi fabbrica, yoglio dire New Jersey e De– '~roit, mentré dalla California· o da Manhattan ti arrivano altri suoni.

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