Fine secolo - 30 novembre-1 dicembre 1985

FINE SECOLO* SABATO 30 NOVEMBRE/ DOMENICA 1 DICEMBRE 16 LA SQUADRA CHE NON VINCE MAI Il liberatore della Bulgaria (New Lexington, Ohio) C'è da camminare un bel pezzo. Attraversare un mucchio di cimiteri, prima_di trovare una lapide tanto singolare; strana come quella che copre una certa tomba di Lt:xington, nell'O: hio. C'è scritto: MacGahan, liberatore della Bulgaria. Chi? Liberatore di che cosa? E se è stato davvero lui a liberare la Bulgaria che cosa ci sta a fare nel cimitero di Maplewood? Neppure la biblioteca ti aiuta granché. Barba- . ra James, direttrice del Perry County Tribune, ha un libro che racconta di MacGahan, li libe– ratore della ~ulgaria, appunte_>.Ma nessuno, in città, è in grado di leggerlo. E scritto in bulga– ro. Più buffo ancora è questo: le stradine di questa piccola città dell'Ohio sono piene di danzatori bulgari. Certo, è in cors9 un festival bulgaro– americano. Ho girato la domanda a Barbara James: «Sai di bulgari-americani che vivano nella zona»? Barbara James. «Non ce n'è neanche mezzo in tutta la zona». «E dimmi, maggiore Otis Huffman, ci sono mica bulgari-americani a Perry County?» Maggiore Huffman: «Che io sappia, no». Niente. Ma allora, di che si tratta? Beh, ecco come stanno le cose: i danzatori arrivano da Pittsburgh e da Toledo per rendere onore ad uno dei più incredibili, ma meno conosciuti, eroi della storia. Negli anni Sessanta dello scorso secolo, Janua– rius Aloysius MacGahar., figlio di un contadi– no di Perry County divenne inquieto; come spesso accade ai giovani contadini. Se ne andò in Europa. Aveva voglia di diventare un bril– lante, gagliardo giornalista. E ci riuscì: fu testi– mone della caduta della Comune di Parigi, fu inseguito dai cosacchi per migliaia di chilome– tri attraversò il deserto dell'Asia Centrale, as– sistette alla rivoluzione carlista in Spagna, na– vigò fino all'Artico. Due volte fu condannato a morte; due volte riuscì a sfangarla. · , Poi, nel 1876 -eccoci arrivati alle danze per le strade di New Lexington, nell'Ohio-, nel 1876, MacGahan se ne andò in Bulgaria. I suoi pezzi sugli orrori che "i turchi inflissero ai bulgari, apparsi sul London Daily News, fecero andare su tutte le furie la regina Vittoria; ma galvaniz– zarono l'Europa e costrinsero uno zar assai ri– luttante a spedire i suoi eserciti al di là del Da– nubio, per so!trarre i bulgari al giogo turco. Passando in sella al suo cavallo, Januarius Aloysius MacGahan, raccolse il plauso dei bulgari in delirio: qualcuno gli baciava gli sti- . vali, qualcun altro gettava fiori al suo passag– gio. Maggiore Huffman. «I bulgari mi dicono che laggiù non ci sono città, non ci cono paesi, pic– coli o grandi, che non abbiano la loro brava Piazza MacGahan». · Uno studioso bulgaro, Vatralsky, arrivò a New Lexington nel 1900. Per deporre una co– rona e fare un discorso. Disse: «La Bulgaria e · rOhio non potranno mai dimenticare Janua– ri~s Aloysius MacGaham>. La Bulgaria restò fedele alla promessa. L'Ohio, no. · Oggi, New· Lexington cerca di risalire la china di quegli anni di colpevole dimenticanza; e, ol– tretutto, del suo più illustre cittadino. La gente comune di Parry County ne invitò altra, ,di gente. In costume e in uniforme. E gli dette il benvenuto. Un benvenuto comune. E la gente in costume e in uniforme non comprese del tutto. Ci fu, poi, una prpcessione. Fino al cimitero. La gente ascoltò con rispetto la preghiera detta di Charles KURALT Dopo Mark Twain, dofO Jack Jçerouac, dopo Sam_Shep_qrd l'ultimo «on the road» e que{lo di <;harlesKura_lt,giornalista televisivo della CBS. Nulla di allusivo: Kuralt vzve sulla strada davvero, per il proprio piacere e per lavoro. Gira in continua~ione gli Stati Uniti, da molti anni, insieme ad una piccola troupe zn un camper super attrezzato, e manda in onda giorno dopo giorno storie sconosciute de/l'America profonda. Sono storie brevissime, senza alcuna particolare morale, se non quella di dimostrare agli spettatori che il paese resta ancora sconosciuto, enorme, ricchissimo dirisorse umane e soprattutto terribilmente spiritoso. , . Molto popolare dal piccolo schermo, ora Kuralt ha raccolto una· antologia delle sùe storie in un libro che è subito salito in cima alle classifiche di vendita. Sono testi molto brevi, traduzione fedele dei programmi televisivi, spes~o qccomf!qgnat! d<f, fotografie. Lo hanno naturalmente definito zn tutti i modi: 1erede degno dei grandi scrittori dell'altro secolo, il romanzo def!'uomo della strada, lo spirito americano esploratore, l'accademico del buon senso. , Differente e guasi incomunicabile al suo interno, u,iita solamente dalla televisione e dalle linee aeree, poverissima e ricca, l'America che vienefuori da queste réportage ha però un tratto · comune: una ironia adolescenziale. Le storie che Kuralt ha raccolto sono quasi sempre buffe, e comunque sorprendenti. Sono in gran parte ritratti di piccolissime città dove tutti si conoscono e dove avvengono le più incredibili stranezze. Ci sono i pompieri che tengono nel loro ufficio una lampadina che risfl,Jeai t::::J/ di. Thomas Alva Edison e hanno paura a spe~nerla, c e la sq ra di pallacanestro allenata-dai quaccheri per Jorgia~e il carat_tereche non ha mai vinto una partita, la tomoa sconosciuta che rzco~dafa vita di un agricoltore che·divenne il liberatore della Bulgana, 11 distributore-di benzina meta di tutti gli spennati di Las Vegas. Dal libro abbiamo tratto alcuni dei racconti più gustosi e ve li presentiamo. a cura di Valentina SAVIOLI per MacGahan. Anche se non ne capì neppure una parola. Un coro di fanciulli intonò Ama– zing Grace. «Mi persi, un giorno. Ma poi mi ritrovai». Le parole di quel vecchio canto americano erano proprio quello che ci voleva, proprio giuste per la giornata in cui l'incredibile,straordinario eroe della Bulgaria, il contadineBo-giornalista– liberatore,JanuariusAloysius MacGahan. di- , venne-quelloche avrebbe sempre dovùto esse., re, ~he per l'Ohio. Un eroe. · -Tazzine da caffe' (Arcola, Illinois) È mattina presto a Main Street, Arcola, Illi– nois. Ci fermiamo all'Arrol's Drug Store. A~ biamo voglia di un caffé. Con esso, troviamo viscere e cuore di 'Ul1a piccola città. Bill Klo– pfleisch, «manager» del deposito di legname, è già qui. Parlotta di football con Ray Holter– man, l'impiegato comunale. Bill e Ray, come tutti gli altri 160 avventori abituali del bar, hanno i] proprio nome dipinto sulla tazza. Così, prima di darti il sospirato caffé, Bob Ar– rol deve darti una sgamata, per vedere chi sei. Alle tazze ha dato un nome trent'anni fa. Ride. Spiega che l'ha fatto perché quelle cifre dise 0 gnate rendono più divertente lavare e asciuga– re le tazze. Quel maledetto lavaggio quotidia– no. I clienti vanno e vengono, mentre Fanny King, da dietro il bancone, spiega come si fa per conquistarsi una tazza 'personaliz7.ata': «Bisogna berne almeno cento» Cliente: «Cento tazze ...» King: «Poi, devi metterti in lista d'attesa ...» .Cento tazze. Sono cinque ga!]oni. Pat Murpby, il meccanico, li ba bevuti trent'anni fa. Però, oÌtre al nome, si è guadagnato anche un emble– ma. Sono i due simboli del mestiere: pinze e cacciavite.· Perché un giorno Charles Lin– dbergh si perse nella nebbia, volando da Chi– cago a St. Louis, per portare la posta. Fece un atterraggio di fortuna su una strada sterrata fuori città. Ad aiutarlo a rimettere in funzione il motore, fu proprio Pat Murphy. Fu cin– quant'anni fa e più. Ma Pat Murphy è, ancora, -più o meno- la celebrità cittadina. 162 tazze appese alla parete e tutti che conoscono tutti. Eppure, per decifrare alcuni dei nomi, bisogna essere proprio di Arcola. Bob Arrol: «Si chiama John Oark. Ma a scuo– la lo chiamavano Blackie. Se pure vi sembra folle, ecco una black key, una chiave nera». (Primo piano della chiave nera dipinta sulla tazza). La «farmacia». di Arrol non serve cibo col caffé. Nelle occasioni speciali, per.ò, qualcuno, a casa, sforna biscotti e torte per gli affeziona– ti. Mamma Bailey ci dà un'occhiata mentre re– gistriamo e decide; anche questa è _un'occasio– ne speciale. Mamma Bailey: «Senti qua! (offre la teglia con i biscotti a Kuralt, perché ne vagli il peso). Tocca sotto!» Kuralt: «Wow, è ancora calda!» Bailey: «L'ho portata da casa ...» Kuralt: <<Lo fai· spesso?» Bailey: «La gente lo sa: ne faccio tre o quattro al giorno. Durano poco. Chi ne vuole un altro? Quanti ne devo ancora fare?» Con i biscotti di Mamma Bailey passa la mat– tina. Allora cominciamo a sperare che -almeno per oggi- non è necessario proseguire il viag– gio; ~be possiamo restare ad Arcola. A parlare di caccia al fagiano.

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