Fine secolo - 30 novembre-1 dicembre 1985

FINE SECOLO * SABATO 30 NOVEMBRE / DOMENICA 1 DICEMBRE 9 IL TCJJ,1 P Al~O .E'INTO . . . . ' _E AL... T.K~:E STORt F: Ai margini della cronaca napoletana, e mondiale -------------------------di CarlaMELAZZINI----~--------------------' Q uesto è il racconto scritto da una bambina bocciata in seconda elemen– tare (la trascrizione è fedele, salvo l'unico aspetto irrilevante, quello in grazia del quale evidentemente è stata bocciata: gli errori di scrittura): «Cera una volta un fiore che non voleva essere un fiore, allora la fata dei fiori disse: "Se- tu vuoi diventare un essere umano io ti acconten– terò ma se non ti piacerà, ti dovrai rassegnare perchè non potrai più essere un fiore". Il fiore accettò e la fata lo toccò.con la bacchetta e lo trasformò in un essere umano. Il fiore si rese conto che la vita era difficile.,La fata allora lo fece diventare un tulipano finto, per non farlo morire, poi scomparì per sem– pre». Ho chiesto a un compagno di classe: "Secondo_ te ché cosa ha voluto dire Concetta con il suo racconto?" "Che il fiore non voleva morire e così la fata lo ha fatto diventare-immortale" "Però l'ha trasformato in un tulipano finto!" É meglio essere una persona umana e morire o essere un fiore finto e non morire mai?" "É meglio morire". (A chi interessa: questi sono sptmti di interpre– tazione forniti da una esperta. Il fiore è bello ma fragile, può sbocciare o ap– passire. In esso la bambina può aver identifica– to la propria parte istintuale, che ripudia: il . fiore non vuole essere fiore. Crescere, divent;l– re "essere umano", si può fare solo con il ripu– dio senza appello delle pulsioni profonde. Il fiore ci prova, ma scopre che è troppò difficile. Il risultato di questa esperienza dolor~sa è un compromesso:. il fiore non viene annientato, ma consegnato all'immortalità artificiale del tulipano finto. · Il tulipano è un fiore chiuso su se stesso, la sua immagine-'S"uggerisce ciò che gli psicologi chia– mano "falso Sè", una identità artificiosa co– struita sulla rinuncia e sulla paura. · Chi aiuterà questa bambina a diventare "esse– re umano"?) Le colpe dei pa4ri - ( e delle madri) _ Prendiamo un quartiere popolare, una scuola elementare, due insegnanti di buona volontà c capacità, che fanno il tempo pieno e· lottano per portare avanti quel 20% di alunni che i so– ciologi chiamerebbero "culturalmente depriva– ti": che sono presenti in·ogni classe e normai- mente vengono bocciati subito, dunque avviati sulla strada senza ritorno dell'insu~sso. Càpita che l'antagonista più strenuo di questa lotta siano le madri dei bambini in questione: accusano le maestre di pretendere troppo dai loro figli. Càpita anche che a spalleggiare qùe– ste signore ci sia la madre di una bambina la quale sta compiendo l'impresa notevolissima di imparare, anche con buon profitto, senza profferire parola. E' eomprensibile che la madre, incosciamente consapevole di essere la causa principale del mutismo della bambina, si alleggerisca del pro– prio senso di colpa, caricandolo sulle maestre.· Il meccanismo, in questo caso trasparente, aiu– ta à capire l'atteggiamentò delle altre madri. Qual è la colpa délle maestre? Pretendere che i bambini riescano. perchè è una colpa? Perchè il successo dei'bambini sarebbe la dimostrazio– ne derfallimento dei genitori (" A 29 anni nun saccio 'ffà chello che. 'ffa isso", si è lasciata _scappar detto una èielle madri), quindi abbas– serebbe oltre il limite tollerabile il già scarso ri– spetto che essi hanno di sè. Occorre dunque che· le colpe dei genitori ricadano sui figli, di generazione in generazione. E' auspicabile pertanto che la scuola continui a fare quello che fa, cioè bocciarli dalla prima elementare ricacciàndoli nel limbo in cui vivo- . no insieme ai loro parenti. (E' chiaro che se la scuola li promuové per in– differenza, il risultato non cambia). Trespa_ssers will be prosecuted Nel mezzo di uno dei quartieri più cadenti c'è uno splendido parco di querce e palmizi, attor– no ad un convento di monache perfettamente restaurato. Accanto ad esso l'intraprendenza di·qualche prete ha fatto sorgere un complesso sportivo "fra i più moderni d'Europa". Il cancello è aperto, le tariffe sono alla portata di chiunque: con trentamila lire al mese, ad ~mpio, il proprio figlio può usufruire di due lezioni di nuoto settimanali./, Qualunque bambino della zona consuma più di trentamila lire mensili in merendine, flipper e tutte le cianfrusaglie· in vendita presso i ta– baccai che costituiscono il suo patrimonio di giochi. - Per questi bambini tuttavia qual cancello aper– to è più invalicabile del muro del gigante egoi– sta. Ci girano attorno, sognano di oltrepassar– lo: non Io faranno mai. Saper leggere Una signora entra in un centro sociosanitario di periferia. Cei:ca il consultorio, trova un car– tello che espone ordinatàmentè e in bella calli– grafia giorni e ore per le diverse prestazioni fornite. La signora sosta parecchi minuti da– vanti al cartello, poi gira lo sguardo nella im– plorante ricerca di un essere umano; si aggrap– pa al primo che trova: "Scusate, c'è il ginecolo– go?". Segue una. breve conversazione, nella quale viene ripetutamente invitata a fidarsi di ciò che sta scritto su quel cartello (la signora non è analfabeta). Alla fine la signora se ne va; dalla sua andatura titubante si evince solo che si sta chiedendo: "Ma che cosa ci sarà scritto su quel maiedetto cartello?" · · Questa scena si ripete decine di volte al giorno. E' uguale per gli utenti di sesso maschile di tut– ti gli altri servizi del Centro. - Non è gente che non._sifida dei cartelli scritti: non ha .fiducia nella propria capacità di inter- pretarli. ' . . _ · Il guàdagno secondario Ai genitori piccolo borghesi si suole rimprove– rare di volere ossessivamente che i propri figli consegua~o ciò che _ad essi è stato precluso. Qual è la soglia al di sotto della quale questo criticabile ma comprensibile· atteggiamento non ha-più luogo? Esiste una teoria secondo la quale i pazzi preferiscono star chiusi in mani– comio perchè ne ricavano qualche piccolo van– taggio, detto guadagno secondario. Giusta– mente questa teoria è stata apparentata a quel– l'altra, inventata dai sociologi, secondo là qua– le i miseri elaborano una rispettabile "cultura · della miseria". -"Il suggerimento implicito è che coloro che posseggono, una cu1tura devono desiderare di mantenerla, ossia che sarebbe svantaggioso per loro rinunciare ad essa. Ne consegue il ra– gionamento che ci sono considerevoli vantaggi nel fatto di essere poveri; perciò i poveri desi– derano essere poveri e questa è la· ragione per cui sono poveri". (Bruno Bettelheim, "A home -for the heart", tradotto impropriamente col ti– tolo politicante di ,;Psichiatria non oppréssi- va"). . Il pazzo e il povero, in realtà, partendo dalla disperazione di poter veramente cambiare il loro stato, si limitano ad impiegare le loro energie per adattarsi nel modo meno indecente a una situazione di mi.seria. . . · Sarebbe cinico disprezzare i loro guadagni se– condari (ancora oggi tocca sentire la protesta morale dei benpensanti perchè i campi-contai- neFS pullulano di televisioni, naturalmente a . colori; un terremotato dovrebbe avere almeno la discrezione di guardare Dallas in bianco e nero). Tuttavia occorre èa~ire che se essi non raggiungono la soglia di forza materiale e so– prattutto spirituale oltre la quale si vede come possibile, e giusto un cambiamento effettivo verso il meglio, il loro desiderio_si orienterà sempre più, in un circolo viziosQ,all'accumulo di guadàgni seconc;l.ari, e la loro debolezza li di– strarrà ogni volta, per paura del fallimento, dalla conquista di guadagni primari. Un incre– mento anche notevole di ricchezza non· modifi– ca la situazione, come si può verificare nelle zone in cui diffuse attività criminali inducono sostanziose redistribuzioni dei redditi: Con una rendita camorristica si può comprare ai propri figli il motorino lo stereo il computer e, perchè no, un oggetto eminentemente cultu– rale come i-1 pianoforte. Essa non è sµfficiente invece a ·convincere due genitori rimasti so– stanzialmente poveri a trovare la voglia il tem– po e il piacere di-accompagnare i propri figli a scuola o a una lezione di nuoto. A chi tocca la prima mossa in questa difficile partita? Probabilmente a una società che fosse c\vile, 9-ui~~ipersuas_ac~e lf1cultura senza spe– c1fica21om,mtesa pnontatjamente come fidu– cia nelle proprie capacità di conoscere, è un guadagno primario di valore assoluto, per i, propri cittadini e per se stessa. E che avesse dunque il coraggio di usare il proprio sistema educativo, senza risparmio di mezzi, per con– durre tutti i propri membri a superare la soglia · di quel limbo oltre il quale si può intravvedere la possibilità di una scelta. Ai margini delle cronache Durante il sequestro dell'Achille Lauro, inter– vista televisiva ai parenti dei marittimi. Il gior– nalista· fa le domande stupide da giornalista; "Che cosa rappresenta il mare par vo.i?" Risposte retoriche, imbarazzate. Poi, un fratel– lo in vena di sincerità: "A' verità proprio, io da 'nove anni mi sono impiegato al Comune, perciò ho smesso di la...", pronta ripresa "ho smesso di navigare". Com'è profondo il mare. Unà ragazza sui vetit'anni ·sta faticosamente rendendosi consapevole della rete di ricatti aC fettivi nella quale è invischiata la sua vita, che la soffoca di rancori e di paure. · · Ad un tratto si illumina ed esclama: '.'Ma allora è peggio dei terroristi deÙ'Achille Lauro, quelli almeno avevano le armi!"

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