Fine secolo - 2-3 novembre 1985

LA-GAl,T,F:RTA DEI 'ITI DTMARCOP , ---------------------------- a cura di Adriano SOFRI ___________________________ __, Oècorrefarsi venire un'idea per parlare dei radicali a -congresso. L'idea è di intervistare Pannella. Ma va', direte voi. Un momento, possono esserci cose·che Pannella non aveva ancora detto, e altre che voi non avevate sentito. Qui ·di seguito, ha deciso di rivendicare i suoi antenati prossimi e remoti, e altri jJiù giovani congiunti, senza disdegnare di passare attraverso la, cruna del/' ago del/' attualità e degli affari politici correnti. Del congresso, non si è parlato. Ancora ventiquattr'ore, e saprete com'è andata. Dagli altri , giornali. · Una foto di gruppo di alcuni dei fondatori del partitoradicale. In piedi,da sinistra: Franz Oneto, LucianoSalza, Nicolò Carandini,Mario Paggi, Alessandro LeQoe diTavagnasco, FrancescoLibonati.Seduti, da sinistra:Francesco M~, FrancescoCompagna, Bruno . -vmabnma, MarioPanounzio. Si decide di dedicare un "Fine secolo" ai_radicali e al loro congresso. Si cerca un'idea originale. Poi, si va a intervi- stare Pannella. Toccherà a lui evitare di ripetersi. · · Lo incontro a Montecitorio, a governo vacante, e di sabato mattina. Il palazzo è deserto, e Pannella ci sta con la disin– voltura impaziente del padrone di una casa avita costretto a far posto per la·.stagione a inquilini grossolani o impac– ciati, e a vedere le suppellettili jn malora e i cimeli più sacri adibiti agli usi più sconvenienti. · Non è sorprendente che Pannella, arrivato in Parlamento così tardi, abbia subito maneggiato magistralmente leggi e regolamenti? Mentre mi guida attraverso il palazzo, Pan– nella si ferma davanti alla galleria di ritratti dei presidènti della Camera dei Deputati, facce e nomi a·me nella gran parte ignoti, e mi dice di averli mandati tutti a memoria. A casa sua, racconta, c'erano carte manoscritte di personaggi risorgimentali, custodite gelosamente, e che lui ragazzino decifrava con passione. Sento di star ricevendo la rivelazio– ne della formazione di un Maestro della Procedura. · La visita comprende i gabinetti e la barbieria, recentissimo e temerario esempio di art déco in stile caro estinto. Pan– nella mi spiega quanto è costato, tanto. Poi passiamo dalle cassette per la corrispondenza, ciascuna col nome del tito– lare. Su buona parte delle serrature è' infilata. la chiave, e Pannella mi spiega con soddisfazione che fino a pochi anni fa tutti se la portavano dietro: finchè lui ce la lasciò, e pia– no piano anche gli altri. Un'iniezione di fiducia. Fine della visita guidata, inizio della conversazione. E' ap– pena uscito il nostro inserto dedicato.a Pasolini, è inevita– bile cominciare da lì. Dico a Pannella che pubblicherò l'in– tervento di Pasolini al congresso radicale di Firenze di dieci annifa, un po' il suo testamento. E' gran tempo, mi dice, di raccontare i rapporti col partito radicale di uomini come Pasolini, o Vittorini. Vittorini Quanti sanno oggi che Vittorini era presidente del parti– to? Nel marzo 1965, a Bologna, chiesi a Vittorini: «Siamo 150 in tutto, non contiamo niente, alle nostre iniziative non mandano neanche i cronisti, perchè accetti?» «Perchè siete gli unici copernicani della nostra politica tolemaica». Si foglie qualcosa a noi, ma anche a Vittorini quando ;,i tace tutto questo. Nel '68, mi pare, intellettuali come Di Carlo, Carocci, Einaudi, tentarono un'operazio– ne·elettorale di indipendenti di sinistra a Milano, e Vitto– rini mi mandò un telegramma: «Ti comunicò di aver po– sto come condizione alla candidatura la dizione di radi– cale o indipendente radicale». ·Bastò ad affossare l'opera– zione. C'era un periodo in cui ,lo si vedeva poco, gli mandai una lettera di protesta, e ne ricevetti una da lui: «Mi sono reso conto della mia vecchiaia, perchè fino a poco fa ti avrei. risposto con 80 o l 00 pagine». Pasolini Così con Pasolini: le lettere luterane hanno per un buon terzo i radicali come interlocutori. Soprattutto negli ulti– mi tre o quattro anni, Pasolini ci ha lanciato segnali uma– ni e politici formidabili. Secondo De Mauro Pasolini non usava mai la locuzione «ti amo». Ma Pasolini ha scritto, ~ul Corriere, «Pannella sa quanto lo amo». Lui era dispe- . rato dove noi avevamo la speranza. Niente è peggio degli sforzi «di sinistra» per dimostrare il complotto contro Pasolini, del bisogno di ammazzare l'immagine vera per nobilitarne la morte e la vita. Hanno ricordato che nelle dieci pagine che avrebbe dovuto leggere da noi, nel no– vembre 1975, diceva di votare Pci, ma a quel tempo an– che molti di noi votavano Pci. Ci fosse stato, si sarebbe candidato per noi, prima di Sciascia. Sono passati dieci anni-, ed è giusto dargli quel che è suo, e a noi quel che è nostro. C'era stata quella prima pagina sul Corriere, tlel 1974, in cui a un certo punto dell'articolo scriveva «per lealtà avverto che da qui in poi l'articolo diventa anche formalmente un volantino», e concludeva dando gli indi– rizzi e le altre indicazioni utili per mettersi in contatto con noi. Ora si può ricordare tutto questo: ancora fino a poco fa avrebbe significato, nell'opinione comune, dargli un quo– ziente di violenza, di indègnità, a lui, a Ernesto Rossi, a Vittorini - oggi non è più così. Sai come nasce la storia del Processo di Pasolini? Era•l'e– state '74, h,1iera attonito per i comportamenti della stam– pa, e degli altri, verso di noi - ne soffriva, era-angosciato. Alla fine di agosto Michele Tito, vicedirettore del Corrie– re, mi pubblica un articolo striminzito in-cui dicevo che i sondaggi ci davano un risultato elettorale del 3 per cento. Era un lungo articolo tagliato, ma riusciva a dire che l'in– veramento storico della nostra azione non sarebbe venu– to che dal Processo, un processo pçnale contro tutti i re– sponsabili del potere. Un mese dopo Pasolini, rientrato dall'estero, mi telefona per sapere come sto - mi aveva la– sciato nel pieno di un digiuno dei più impegnativi - io gli segnalo l'articolo sminuzzato sul Corriere. All'indomani mi telefona sconvolto, mi chiede che cosa è successo dopo quella proposta, si scandalizza del silenzio che l'ha accolta, dice che almeno nel fascismo c'era l'invettiva, la polemica. Gli dico: «prova tu, tu n~n sei riducibile a un'organizzazione, vedrai che scoppia il casino». Era come una scommessa, che con lui avrebbe funzionato. E lui s~risse le cose che sappiamo. Oppure la storia del fascismo-antifascismQ: Pasolini ne fu colpito leggendo la mia prefazione al libro di Valcaren– ghi, e scrisse che quello era il manifesto del radicalismo che mancava. E Pasolini non era smodato, eccessivo, pa– rad.ossalè magari, ma molto misurato, soprattutto quan– do scriveva da critico. E chiamò q~ella prefazione - ti ri– cordi, era quella in cui parlavo della linea antifascista Parri-Sofri - Manifesto del radicalismo. Subito dopo scrisse un articolQ in cui si immaginava pedagogo di uno scugnizzo napoletano, e gli spiegava per la prima volta il r

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