Fine secolo - 19-20 ottobre 1985

za di spiegare. Io mi rifiuto radicalmente di ri– spondere a chi mi chieda di dare una valuta– zione morale di questo o quel comportamento, perchè l'esecrazione non. è un giudizio politico, nè morale, è un atto di propaganda. (Applau– so) Aspettate perchè forse non sarete del tutto d'accordo. A me è stato insegnato, e io lo inse- · gno, che la vita di ogni uomo è un valore infi– nito perchè è la mia medesima vita, e perchè è un progetto, un futuro, una possibilità di tutti, ·e nel medesimo tempo e non in contraddizione con questo, mi è stato insegnato, e lo dirò con le parole di Lenin, che quando decine di milio– ni di uomini vengono mandati ad uccidersi sui campi di battaglia per s~pere' se questo o quel rp.ercato debba appartenere ad un bandito francese o ad un bandito tedesco, può essere necessario sacrificare una generazione e ptima di ogni altro se stessi nel tentativo di fermare quei massacri e di distruggere quei banditi . . Questa è la situazione tragica della esistenza umana. Essere uomini significa questo. Chi non lo vuol vedere, chi vuole consolarsi cre– dendo che il pane che mangia non è sottratto a chi muore di fame, lo faccia pure. Nesl!lna violenza è giustificata, mai, ma ogni violenza può essere inevitabile. Credo che quello che dico sia scritto anche nel cuore della tradizione cristiana. Il pattò sociale che ci sottopone alla legge non fa che trasferire altrove i conflitti che noi regoliamo secondo i patti costituzionali e i codici: li trasferisce altrove laddove la legge non è uguale per tutti perchè è legge o di sala– rio o di privilegio. Se dunque così è i nostri di– scorsi varranno solo se oltre ad avere la ragio– ne avremo la forza per farla valere. Questa for– za non sta nei muscoli nè nelle armi: è la forza del progetto, dell'impegno e della milizia poli– tica. Ora un'altra generazione è venuta in que– sti anni, un'altra Europa prende sempre mag– giore coscienza della distruzione delle ragioni elementari di vita che è stata compiuta dalla cultura della massificazione, dal privilegio, dalla disoccupazione, dalla insensatezza, dal permissivismo e dalla mercificazione. Un'altra generazione ancora giovane sta diventando adufta, e presto vecchia e presto finita. Si può supporre che in forme contraddittorie e cifrate questa nuova Europa ancora poco visibile stia prendendo volto. Ebbene vi dico: stiamo atten– ti, i nostri. cani da guardia sanno bene quello che fanno, sanno che debbono prevenire, pre– venire provocando. Vogliono, guardate la Germania e forse la Gran Bretagna, .vogliono che il dissenso è la contestazione che si va ge– nerando oggi si scopra e si consegni alle sche– dature, alle bastonature e ai ghetti. Noi non dobbiamo, qui ed ora, deplorare la violenza a parole e neanche accettare di fame qui ed ora dibattito teoriéo e filosofico. Oggi dobbiamo con durezza rifiutarci a qualsiasi comporta– mento violento, perchè la squadra dei provo– catori vuole soltanto che il nostro linguaggio ripeta in modo monotono -fascismo e antifa– scismo- quell9 dei padri dei nonni e dei bisnon– ni. In Germania le perpetue e vistosamente adolescenziale dissidenze estremizzanti sono accuratamente schedate dalla polizia, e qualco– sa di simile mi risulta succeda anche qui, fra noi, a Milano. Ora io credo all'intelligenza e alla preveggenza dei nostri dirigenti di polizia, credo alle capacità tecniche degli strumenti di repressione nazionali, europei e sovranaziona– li. Credo comunque che sia meglio per tutti so– pravvalutarle. Qu;mdo un ·paese ha tre milioni di disoccupati e una così manifesta volontà po-. litica di farla finita con lo stato sociale, che pur mai è esistito, elecifo supporre che si possano determinare delle tensioni e delle frizioni. Eb– bene: fino a quando non siamo in condizione di avere organizzazione e progetto con senso tendenziale e disegno dell'avvenire, non ci si il– luda che questo possa nascere da sè, da qual– che ginnastica che ripeta quello che è già fallito 20, 15, IO anni fa. Il mio consiglio quindi è quello di una massima intransigenza con se stessi per quanto è della lettura del passato e deJla conoscenza del presente, come anche per _(l!lanto è della disguzione dell'illusione che le costituzioni e i parlamenti fondino convivenze DopolavoroAlfa Romeo(foto T. D'Amico) armoniose e giuste che non sono mai esistite. Ma nel medesimo tempo e proprio per le stesse ragioni, il mio intervento si conclude col rifiu– to di abbandonare, qui e ora e nell'immediato futuro, il terreno della legalità repubblicana, di cedere alla provocazione da qualunque parte venga, perchè noi abbiamo bisogno di cresce– re. La nostra morale non è quella di Renzo Tramaglino, è quella di chi ha nelle orecchie le urla degli innocenti torturati nei processi degli untori, dunque noi non deprechiamo i tumulti, deprechiamo i tumulti inutili. Ci sono forme di disubbidienza alla ingiustizia che noi dobbia– mo imparare ad usare e a praticare, non perchè io sia un non violento per principio me– tafisico e religioso, ma proprio perchè non vo– gliamo subire la violenza che è pronta a colpir– CI. Claudlo Petruccloll Trasparenza, e democrazia per tutti Non considero in discussione la grande carica innovativa di quegli anni. Ma non sono dell'o– pinione che questa inchiesta stia perseguendo fatti di antifascismo militante. (Qui Petruccioli legge il corsivo che lui stesso scrisse per l'Unità all'indomani della morte di Ramelli, addebitata a una "azione criminale compiuta da cultori di una violenza ottusa ...") A questo non ho da aggiungere nè togliere nul– la. Non mi piace l'uso della parola errore: è stato anche un assassinio. Il tempo che è pas– sato non è un argomento sufficiente. Mi ha in– teressato molto l'argomento di Nando Dalla Chiesa su ragione politica e vita umana. Tutta– via la ragione politica non può trovare alibi ai suoi errori nella morale. Se le ragioni politiche sono giuste, non serve ricorrere alla morale. Non abbiamo capito in tempo il terrorismo: oggi possiamo spiegare, ma non giustificare ... Forse non si è capito il valore di quella batta– glia di allora perchè si sottovalutava l'impor– tanza storica di ciò che aveva fatto il Pci in Ita– lia a partire dalla Resistenza, provocare cioè determinare una saldatura profonda tra lotte del movimento operaio e democrazia. Non avevano capito ...(Fischi) Ecco, così il :replay è completo rispetto a 15 anni fa. E chi non vede– va l'importanza di questa saldatura storica ve– niva portato anche a non capire. Certo però, la tesi che si vuol costruire adesso, e su questo sono d'accordo, il tentativo di strumentalizza– zione politica che si vuol fare è assai pericolo– so, è falso, come si è visto. Mi sono permesso di citare una testimonianza per dimostrare quanto sia falso che tutti fossimo silenziosi, tutti distratti, tutti opportunisti. Non è vero, questo impedisce di giudicare e di distinguere perchè oggi si vuol far passare un'idea storica– mente falsa e politicamente pericolosa, cioè che ci troveremmo di fronte ad una continuità monolitica e ininterrotta dal '68 al '72 al '75 al 77 fino al terrorismo. Questa è la tesi più peri– colosa per la sinistra oggi, per cui avrebbe ra– gione o Mazza, quando scriveva il rapporto di allora, o le BR, poichè identica è la loro inter– pretazione dei fatti. Ma così non è. Non aveva ragione Mazza allora e non hanno ragione i continuisti di questo processo. Quali sono i cri– teri che dobbiamo utilizzan· per periodizzare questi eventi che certo in qualche misura scatu– riscono gli uni dagli altri ma si modificano e si trasformano? La legalità, l'atteggiamento ver– so la legalità? Anche Mario Capanna ha solle– vato questo problema e io voglio dire qualco– sa. No, non credo che sia l'atteggiamento ver– so la legalità. Io·voglio dirlo chiaramente agli studenti milanesi che in questi giorni e in modi loro e diversi riattivando dei processi di lotta si trovano davanti questo problema, cioè se ciò che fanno è legale o illegale.. Nel 1970- ci ro– l'amnistia .per 14.000 perchè si comprese che le norme che componevano la legalità fino al '68 non erano più capaci di contenere una demo– crazia e una società che erano cresciute, e quindi la legalità si cambia quando si riesce ve– ramente a trasformare la realtà, le forme di or– ganizzazione delle masse. Non è questo della . legalità, sono altri i criteri che servono a perio– dizzàre e che sono criteri guida: che il movì– mento sia di massa, che il movimento sia de– mocratico, che il movimento sia pubblico. Io introduco questo terzo elemento che forse spiega qualcosa sui servizi d'ordine. Pubbli– cità, sottolineo, dichiarabilità cioè degli obiet– tivi, non doppiezza. Ai giovani d'oggi dopo quell'esperienza io mi sentirei di dire questo: sostanzialmente, non fate nulla che i vostri di– rigenti non siano in grado di proclamare aper– tamente davanti a tutti, alla stampa. Questo è un criterio di pubblicità e quindi di democrati– cità e quindi di garanzia del movimento di massa. Quando c'è una situazione per cui certe cose si possono dire solo ad alcuni e non a tutti allora lì si interrompe, il circuito giusto del mo– vimento. Questa è la riflessione che mi sento di

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