Fine secolo - 12-13 ottobre 1985

FINE SECOLO* SABATO 12 / DOMENICA 13 OTTOBRE prio per questo può acquistare un senso nuovo e diverso. In realtà il Dio di cui si parla, nell'u– niverso che fu cristiano, era un Dio per cui il mondo era una «cosa», e l'uomo una cosa tra le cose. Dio era perfettamente estraneo, asso– lutamente «altro»: Dio stava prima e dopo, non aveva alcun rapporto con ciò che l'uomo era. L'esistenza dell'uomo era gratuita. Nel momento in cui questo linguaggio teologico viene meno è possibile ridire quelle parole - Dio, uomo, fede - e riportarle al loro significa– to. Nel momento in cui delle parole perdono senso possono diventare senso di un altro si– gnificato. role, voi potete passare questo muro, ma dove– te sapere di passarlo. Esse entrano in un'area . che è oltre il suono, in cui solo il significato si dà. Perchè scrivi che la mistica è l'unica possibilità che l'uomo religioso ha dinanzi a sé? Perchè l'uomo ha la possibilità di capire che la sua esperienza, nel suo lato negativo, ad esem– pio il dolore e la morte, non ha senso, ma che, su di un altro piano, ha significato. Il proble– ma della fede è di conferire senso a ciò che non ne ha. Nel libro parli a più riprese 'il linguaggio della «teologia negativa»: Dio è conoscibile attraver– so il Nulla, attraverso tutto ciò che egli non è. Questo linguaggio è proprio della mistica medie– vale. Perchè ricorri a questa linguaggio? Non si può parlare di Dio nel senso affermativo? Là teologia negativa è sempre stata un elemen– to costante del linguaggio teologico. Essa con– siste in definitiva nella affermazione che le pro– posizioni che riguardano il divino e quelle che riguardano la storia hanno due statuti episte– mologici diversi. Il mio sforzo è quello di mostrare che la teolo– gia negativa è la via, non la meta. Il non-dire di Dio è una grande metodologia per purifica– re il linguaggio comune e per dare spazio al– l'intervento di Dio nel reale. La teologia negativa non è mai stata il silenzio puro sul divino. Essa è indicativa di un altro fatto, che occorre mettere un muro di silenzio tra le parole come vengono usate in riferimen– to alle realtà empiriche e il momento in cui si · possono comprendere come riferite alle realtà divine. Non che le parole non possano trapas– sare quel muro, ma devono sapere di farlo. La teologia negativa è un avvertimento: ecco, pa- Il nulla e il niente Torno sul tema del Nulla. Scrivi: «Il Nulla non è mai puro niente». Quale è il rapporto tra ciò che chiami nulla e il nichilismo della cultura di que– sto secolo? Quando Nietzsche usa il termine nichilismo si riferisce a coloro che vogliono togliere senso a questo mondo. La posizione del nichilista, sempre secondo Nietzsche, è quella di chi vuo– le annichilare, come i cristiani, il reale. Credo che Nietzsche abbia ragione quando afferma il valore totale della realtà presente: bisogna ac– cogliere questa sua indicazione con un'unica differenza: nella realtà, che è intrisa del Nulla, è presente il Tutto. Il Nulla è il modo attraver– so cui il divino si fa presente nel reale. La mi– stica parla del Nulla, perchè essa si pone fuori del Nulla, lo contempla, lo trascende; parla del Nulla perchè si colloca in un punto che è oltre l'essere e il nulla. Quello che ora stai parlando è il nuovo linguag– gio su Dio, a cui il libro è dedicato? Direi di sì. Esso consiste nel dire che quando l'uomo guarda veramente il mondo, lo guarda a -partire da Dio, dal punto dell'identità con Dio. E la chiesa che linguaggio pari.a? Direi nessuno. Essa parla il linguaggio di se stessa come realtà mondana, e dunque parla il linguaggio della finitezza. Non riesce più a dare a se stessa e ai suoi simboli il carattere di ,,.:.. allusione al mistero, e perciò una vera po– tenza vitalistica. Hai scritto nel libro che il nuovo linguaggio su Dio è un linguaggio collettivo; non credi perciò che la chiesa non sia oggi un fenomeno colletti– vo:' Non direi questo, in un certo modo la chiesa è un fenomeno collettivo. li nuovo linguaggio su Dio è invece un fenomeno collettivo che nasce da un'esperienza di solitudine. E' a partire da questa esperienza che l'uomo può congiungere la sua figura con quella divina. Il linguaggio di comunione di cui tu parli ha le sue radici in questa esperienza, del solo che cerca l'altro. Questa è, a tuo parere, la definizione-del cristia-· no di oggi? Non tanto del cristiano, ma dell'uomo. Credo che l'uomo non abbia vissuto mai come oggi la sua anima. Che cos'è l'anima? L'immagine di Dio in noi. Quando Dio vuole diventare altro da Dio, compare l'anima del– l'uomo. Essa è la possibilità della coscienza. La coscienza stessa è il Dio gettato nel Nulla. Ma la coscienza di cui tu parli, non è forse un prodotto. della storia dell'uomo? Non è forse vero che la Riforma protestante, intesa come esperienza storica, ha contribuito al costituirsi dell'idea di coscienza moderna? Certo. Quando Dio si getta nel Nulla produce la finitezza e dunque anche la storia. Uno dei punti centrali del volume è rappresenta– to dalla resurrezione, che, del resto, è anche il centro della fede nel Cristo. Che cos'è per te la resurrezione? E' ciò di cui si può parlare e può essere speri– mentata, ma non può essere descritta. Rappre– senta il momento in cui un uomo è una sola cosa con l'altro; il momento in cui l'essere per– sona non significa più essere diverso. Dio e il Tu trapassano uno nell'altro, divengono com– pletamente trasparenti. Con la resurrezione la coscienza non è più coscienza della differenza, ma dell'unità. La nostra co cienza normalmen– te è quella di essere diversi. Chi può fare questa esperienza della resurrezio– ne? Tutti gli uomini, o solo alcuni? In quelle esperienze che sono cristianamente si– gnificanti -il dolore, la solitudine, la sofferen– za, la speranza- e che rappresentano la presen– za di Dio nel mondo e il rientro del mondo in Dio, solo in queste esperienze si manifesta la resurrezione. Dio non è un dato, e non è un fondamento, ma una storia. un evento storicamente .significati- vo. Negli altri momenti noi sperimentiamo la differenza tra Dio e l'uomo. L'esperienza mi– stica rappresenta la coscienza della drammati- ' cità dell'incontro tra il divino e l'umano. E' nei momenti storicamente significativi che accade questo incontro .tra il finito e l'infinito. Il cristiano che usa il linguaggio cristiano può dire quello che non sa, ma· dice qualcosa che ha senso. Chi non usa le parole della fede può sperimentare se stesso, ma non ha le parole per dirlo. Quando l'uomo raggiunge i momenti forti, quello che egli dice, inevitabilmente, è una confessione di fede. Tu credi che la fede sia un dono di Dio, come è insegnato dalla· chiesa? La fede è il momento in cui Dio manifesta al– l'uomo che egli è Dio, e come tale essa è un ge- sto divino, in cui l'uomo si riconosce. - Oggi nell'ambito teologico si parla di «teologia narrativa», cioè della necessità della narrazione come modo della trasmissione della fede. Senza una comunità che narri la fede non potrebbe esi– stere. L'esaurimento dei simboli Quando ho scritto «Vocazione» - il mio prece– òente libro - pensavo proprio a questo. Non credo che vi sia altra possibilità che la narrazione. Se Dio non è un fondamento, una stasi, ma un processo, la storia di Dio conti– nua; e ciò è vero anche ora che l'umanità è giunta ad un punto drammatico. Distruggere– mo il mondo o lo salveremo? Questo è rilevan– te per la storia di Dio, se Dio ama veramente l'uomo. Faremo della terra un deserto, o la condurremo ad una nuova glaciazione? Ad un certo punto del tuo libro parli di «ritorno del paganesimo», di nostalgie panteiste, stabili– sci un confronto tra cristianesimo e paganesimo. Scrivi persino che l'escatologia cristiana com– porta uno scenario di fine del mondo, e fai una serie di esempi. Citi il movimento ecologista tedesco, e scrivi che la Germania è il luogo in Europa in cui la fusio– ne tra religiosità pagana e mistica cristiana è più forte. Perchè?

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