Fine secolo - 5-6 ottobre 1985

"' Dall'alto:L'artedella ceramicanell'affresco di VincenzoMeucci nella GranGalleria; lo stato attuale della manifattura di Doccia; altre foto Alinari; Gio Ponti "Le funi", vaso in maiolica biancacon funi brune (dal catal~o su "Gio Ponti alla manifattura di Doccia", Sugarco 1982). La famigliaGinori In una bella serata del maggio scorso, la villa Ginori Lisci, poco sopra la manifattura di Doccia, venne aperta al pubblico perché visitasse i giardini e ascoltasse il proprietario, Leonar– do Ginori Lisci, che tenne una conferenza in cui rievocò, con competenza pari al garbo, la storia dei Ginori a Doccia e della manifattura. Leonardo Ginori Lisci è un noto studioso di sto– ria locale e toscana. Tra le sue pubblicazioni va citata innanzi tutto la monumentale monografia: La porcellana di Doccia, Cassa di Risparmio di Firenze, 1963; e poi I palazzi di Firen– re, Cassa di Risparmio di Firenze, 1972 (tradotta anche in in- glese). · Riportiamo qualche brano registrato dalla conferenza ascolta– ta quella sera. ... Posso ricordare che i nostri grandi mercanti Filippo Strozzi e Giuliano-Gondi tornarono tanto ricchi da Napoli da poter creare il maestoso Palazzo Strozzi e il Palazzo Gondi con il gioiello del suo cortile. In misura minore ànche · la nostra famiglia fu favorita dai guadagni fatti con il pro– prio Banco a Napoli: un Carlo (1473-1527) di Lionardo, ri– tornato a Firenze, costruì subito la nostra 'Casa Grande', come allora si chiamavano i palazzi urbani, nella via omoni– ma, _epoco dopo il cugino Giovanni (1489-1558)di Tomma– so elevò un'altra Casa Grande sul Canto dei Nelli al termine della Piazza di S. Lorenzo e fu questi il compratore di un po– dere con casa da Signore in località Doccia. Però fu un Lionardo (1592-1649)di Bartolommeo, marito di una Clarissa Guicciardini, verso il 1620, a ingrandire, in pratica creare, la grande Villa di Doccia provvista della Cappella fatta officiare giornalmente dal devoto proprieta– rio e circondata da un vasto giardino che, è opportuno sape– re, era suddiviso in questa maniera. Il davanti della Villa era occupato d;t un grande prato con al centro una semplice vasca 'alla francese', mentre sul dietro il giardino murato era munito di tre cancelli di ferro battuto tuttora esistenti, e comprendeva il giardino vero e proprio, detto Semplicista dal vecchio nome di Semplici per le piante dapprima medicinali e poi allargato a quelle fiorite. Sopra a questo vi erano delle aiole lunghe e strette con i boschetti dei limoni (le grandi conche non erano ancora comuni) piantati in terra e i loro rami fruttiferi riparati nell'inverno da appo– site paratie di lato e sopra di ginestre legate (da un carteggio della metà del Seicento resulta che costituivano una buona entrata per il loro sapore gustoso e per il loro numero: 7078 del 1656 e oltre 11.000 alla fine del secolo). Sopra ai bo– schetti di limoni c'era la regnaia di lecci potati bassi, usata in estate per frescheggiare alla sua densa ombra ed in inverno per la caccia di notte con il frugnolo, cioè con una lanterna che accecava i tordi e gli uccelletti, fino ai poveri pettirossi, ai quali era tirato mediante una piccola balestra e pallottole di mollica di pane essiccata. Oggi una caccia simile è poco immaginabile e certamente era poco sportiva, ma io ricordo che da bambino le richieste di permessi di caccia col frugno~ lo erano una consuetudine e tutti gli anni arrivava la letteri– na con la richiesta del caro nostro Dottore Attilio Ragionie– ri che, nonostante il suo lavoro e le sue famose ibridazioni botaniche, trovava tempo per gustare questa caccia e forse soprattutto l'arrosto conseguente. Occorrerà anche parlare un po' della Fattoria agricola, che pure ebbe inizio negli stessi anni, e fu merito del citato Lio– nardo. Bisogna sapere che fino ad allora quando i mercanti si mettevano ad acquistare delle terre si limitavano a fare gli acquisti più convenienti, cioè dove capitava di comprare a buoni prezzi, per cui i possessi rurali erano sempre a poderi staccati, uno in qua e uno in là, o prese di terra separate. A Doccia, e come risulta è successo altrove, è nel Seicento che comincia a formarsi la vera e propria Fattoria agricola, ac– quistando terre più vicino·possibile al recente centro azien– dale, ma limit,rofe a boschi o pascoli da bonificare e trasfor– mare: quelli del piano in seminativi e quelli della vicina colli– na soprattutto in vigneti e più spesso uliveti. Nei libri di amministrazione rurale dell'epoca, tutti gelosa– mente conservati, si possono notare i tanti 'divelti', ossia scassi nei nuovi pqderi posti nei pressi della Villa con.i nomi Viottola, Passerino, Fontemarchese, Mavacchio ecc... Nel complesso sono una decina di nuovi poderi che nascono e si formano nella me&a valle del torrente Zambra, sia sulle co-- ste del Monte Acuto, sia ancora nella media valle del Ri– maggio. Piano piano la ripida costa collinare è bonificata, liberandola dai tanti galestri affioranti e con i nuovi muri a secco, senza mestola né calcina; si creano dei campetti pia– neggianti che favoriscono le culture e trattengono le acque. Anche a tempo mio, 1930 circa, ricordo la perfezione rag– giunta in questo campo dai due coloni Morozzi che faceva– no a gara a chi riusciva a costruire i muri più perfetti e più alti. Questo secondo senatore Carlo Andrea Ginori (1702-1757) fu un personaggio di rilievo non solo nella politica toscana, ma -soprattut to si distinse nel cercare nuove iniziative per diffondere.in Toscana i benefici della nascente industria. L'i– niziativa più nota e più affermata fu quella della porçellana che in Europa era risorta nel secondo decennio del Settecen– to a Meissen in Sassonia, seguita da altra a Vienna e altra a Venezia (quella dei Vezzi, sorta nel 1720, ma durata solo un decennio) e quindi si aprì quella di Doccia nel I735-7. Si notino le due date: il 1735 segna i risultati-ottenuti negli esperimenti fisici e chimici fatti nel palazzò di Firenze, il 1737indica la produzione effettiva dopo la costruzione della prirrra fornace a Doccia. In pratica, la Manifattura di Doc– cia può ritenersi la terza in Europa come nascita: sono po– steriori anche se di poco Sèvres, Berlino, Capodimonte; inoltre Doccia è una fra le pochissime che hanno continuato a produrre fino ai nostri tempi. Nel riassumere la sua storia nel Settecento, debbo subito far presente le difficoltà di produzione insite in questo tipo fi– nissimo e durissimo di ceramica sia perché richiedeva altissi– me temperature e sia pure per l'impossibilit~ di trovare in Italia del caolino veramente puro. Il migliore si poteva tro– vare sopra Asiago nel Veneto, ma il costo era molto elevato. Occorreva farlo scendere in barconi il Brenta e poi caricarlo su navi, fare il periplo dell'Italia, sbarcare a Livorno, ricari– care il caolino su barche e quando l'Amo aveva acqua suffi– ciente farle risalire fino al porto di Signa dove trovava i carri con buoi della Fattoria di Doccia. Ma Carlo Leopoldo Ginori (1788-1837) è pure da ricordare per le sue note aperture sociali verso i numerosi dipendenti. Si ricordano fra le sue iniziative degli anni 1820-30, la co– struzione di case e appartamenti più salubri per gli operai; una scuola speciale per i bambini più piccoli; un'altra per il disegno per i giovanetti e una terza di musica. Istituì un fon– do per i casi di malattia e impotenza e fu istituita una so– cietà di mutuo soccorso alla quale davano contributo anche gli stessi opèrai. Si giunge a mio nonno Carlo Benedetto (1851-1905).Anche lui fu un uomo intelligente e dinamico, ma ebbe il difetto di volerne fare troppe per cui non poté seguire la Manifattura come era la tradizione familiare e ciò portò all'anno 1896, quando la secolare proprietà privata fu sostituita dalla Soc. Ceramica Richard-Ginori. Questa è divenuta il più grande complesso ceramico italiano con numerose manifatture e numerosissimi negozi e che si appresta in questi tempi a ce– lebrare i 250 anni della Manifattura. Nonostante questa triste decisione la sua personalità ebbe un particolare fascino e fece sì che si distinse in molti campi. In quello della beneficenza, istituendo a Firenze un'Opera Pia, quella delle Case per gli Indigenti, della quale tre di noi si sono succeduti nella Presidenza e tuttora è viva e vegeta con oltre 1.000 famiglie di inquilini a èanoni ridotti e io fab- · bricati. In politica fu 0 per varie legislature Deputato del Collegio di S. Maria Novella di Firenre che comprendeva Rifredi e Se– sto e fu battuto nel 1895 dal socialista Pèscetti. Nello sport si distinse soprattutto nel nuovo campo delle au– tomobili: importò a Firenze nel 1893la prima vera automo– bile Panhard Levassor e dopo qualche anno, costituendosi il R.A.C.I., lui stesso, fiorentino, ne fu il primo Presidente e, si badi bene, la sede era Torino! Nel campo della cultura a Firenze ospitò per parecchi anni in una sala del primo piano del suo palazzo le Conferenze sulla Vita Italiana (storia, letteratura, arte) seéolo per seco– lo, che furono edite dal Treves·ed ebbero i più eletti studiosi quali Ferdinando Martini, il Fradeletto, il Molmenti, Car– ducci, Pascoli e Nitti, il Fogazzaro, e il D'Annunzio, ed an– cora Giacosa, Boito; Serao, Panzacchi, Symonds ecc... Non finirei mai, ma a·ncora un'altra iniziativa umanitaria debbo ricordarla. Un suo giovane zio Benedetto (1827-1850) Ginori, già reduce da Curtatone e Montanara, era morto nella Villa-di---Collina-a-Galenzanodi rabbia inoculatagli da un cane da caccia. Carlo Benedetto si ricordava bene questa tragedia familiare e qµando seppe nel 1885 che il Pasteur aveva comunicato all'Accademia delle Scienze di Parigi la memorabile scoperta, pensò subito di aiutare i suoi fiorenti– ni. Le alte conoscenze gli combinarono al più presto un col– loquio a Parigi: Tutti chiedevano il siero, ma era proibito -esportarlo. Il Ginori riuscì ad ottenere dal Pasteur in segre– tezza due piccoli maialini d'India con la rabbia inoculata, li prese con sé in vagone letto senza chiedere permesso a nes– suno, giunse a Firenze e qui li consegnò al prof. Luciani del– l'Istituto Superiore e la cura antirabbica iniziò.

RkJQdWJsaXNoZXIy