Fine secolo - 7-8 settembre 1985

', FINE SEèOLO * SABAT0.7 / DOMENICA 8,SETTEMBRE - Da "L'heresiarqueet Cie", libro · ineditofinora in Italia, e che uscir_à in autunnoda Guanda, vi proponiamo un altro racconto di GuillaumeApol/inaire. La traduzione é di Franco Montesanti. APOLll!IAill VISTO DA PICASS11 C()x-City Si fecero sentire i grandi freddi.· Era terribile. Cinquanta . gradi sotto zero costituiscono unà temperatura un bel po' fastidiosa. Ci accorgemmo con terrore che le provviste di di Guillaume APOLLINAIRE · Cox-City non erano sufficienti a passare l'inverno. Non c'era più possibilità di comunicare col resto del mondo. Ci si prospettava una morte immediata. Presto le provvi– ste furono esaurite, e Chislam Cox fece affiggere uno sconvolgente proclama in cui ci faceva conoscere tutto l'orrore della nostra situazione. 1 barone d'Ormesan portò lesto la mano alla cicatrice che avevo appena scorto e riportò i capelli per coprirla. «Debbo essere sempre ben petti– nato, -mi disse- sennò si nota questa brutta zona lucida e livida del mio cuoio capelluto, che mi fa sembrare· con l'alope-. eia... Questa cicatrice non è recente. Risale ad un'epoca in cui ero fondatore di città ... Da allora sono passati una quindicina di anni e questo accadeva nella Colombia bri– tannica:, nel Canada... Cox ... Chislam Cox... un tipo metà uomo di scienza e metà avventuriero. Aveva scate– nato il rush in questa parte, allora vergine, delle Monta– gne Rocciose, dove ancora oggi sorge Cox-City. I minatori erano stati raccolti un po' dappertutto: a Qu– ~bec, nel Manitoba, a New-York. Fu in quest'ultima città, che incontrai Chislam Cox. · Mi ci trovavo da circa sei mesi. Del resto, debbo confes– sarlo,· non guadagnavo una lira e mi annoiavo a morte. - · Non· vivevo da solo, ma .con una tedesca, una ragazza ·1110!!<> carina le cui grazie avevano successo... C'eravamo conosciuti ad Amburgo-ed 10, ero diventato il suo mana– ger se.così posso dire ... Si chiam.ava Marie-Sybille ovvero Mariazibil, per parlare come la gente di Colonia, la sua città nàtale. · Bisogna aggiungere che m'amava alla follia?... Da parte mia, non rie ero affatto geloso. Tuttavia questa vita da sfaccendato mi pesava più di quanto si potrebbe credere; non ho l'anima di un magnaccia. Ma cercavo invano di n:iettere a frutto le mie capacità, di lavorare .... Un giorno, in un sa/oon mi lasciai infinocchiare da Chi- , . slam Cox, che parlava ad alta voce, appoggiato al bar, esortando i consumatori a seguirlo nella Colombia bri– tannica. Lì conosceva un pòsto Zeppo d'oro, Nel suo di– scorso mescolava Cristo, Darwin, fa. Uanca d'Inghilterra e, Dio mi danni se}o perchè, la papessa Giovanna. M'ar– ruolai nella sua origata con Mariazibil, che non voleva lasciarmi e pàrtimmo. · Non mi portai dietro un armamentario da minatore, ma tutta un'attrezzatura da bar e molti alcolici: whisky, gin, rhum, ecc..., delle coperte e delle bilance di precisione. Il nostro viaggio fu abbastanza faticoso, ma appena giunti là dove Chislam voleva condurci, costruimmo una città di legno che venne battezzata Cox-City, in onore di colui che ci guidava. Inaugurai la mia bottiglieria che fu presto molto frequentata. L'oro, in effetti, abbondava, ed anch'io facevo affari d'oro. Gran parte dei minatori erano francesi o canadesi francofoni. E c'erano dei tede– schi e degli individui di lingua inglese. Ma, l'elemento francese dominava. Più tardi ci raggiunsero dei meticci francesi del Manitoba ed un gran numero !li piemontesi. Arrivarono anche dei cinesi. Sicchè in capo a qualche mese €ox-City contava quasi cinquemila abitanti che possedevano solo una decina di donne ... M'ero fatto una posizione invidiabile in questa città co– smopolita. Il mio sa/oon andava a gonfie vele. L'avevo battezzato Café de Paris,- e questo nome lusingava tutti gli abitanti di Cox-City. Ci chiedeva perdono per averci condotto alla morte, e trovava, nonostante la sua disperazione, il modo di par– lare di Herbert Spencer e del falso Smerdi. La conclusio– ne di questa esposizione era tremenda. 'Cox invitava la • popolazione a radunàrsi, l'indomanj mattina, sulla piaz– za che avevamo pensato bene di lasciare al centro della città. Tutti dovevano portare con sè un revolver ed ucci– dersi a uri segnale per scampare ai tormenti del freddo ,e della fame. - Non ci furono proteste. La soluzione fu trovata per lo più elegante, e la stessa Marizibill, invece di mettersi a singhiozzare, mi disse che sarebbe stata felicGdi morire insieme a me. Distribuimmo tutto l'alcool che ci restava. L'indomani mattina ci recammo, a braccetto, sulla piaz– za mortuaria. Dovessi vivere centomila anni non dimenticherò mai lo spettacolo di questa folla di cinquemila persone coperte di mantelli, di coperte. Tutti tenevano in mano un revol– ver, e i denti di tutti battevano ... battevano ... glielo giu– ro!... Chislam Cox ci dominava, ritto su un barile. Ad un trat– to si portò il revolver alla fronte. Il colpo partì. Era il se: gnale, e mentre Chislam Cox cadeva dal suo barile tutti gli abitanti di Cox~City, me compreso, si facevano saltare le cervella... Che tremendo ricordo!... Che argomento di meditazione questa unanimità nel suicidio! Ma che terri– bile freddo faceva!... . ·Non ero morto, ma stordito: presto mi rialzai. Una feri– ta, o piuttosto una scalfittura che mi faceva soffrite vio– lentémente, e·la cui cicatrice mi segnerà fino alla fine dei miei giorni, era l'unica cosa che mi ricordava che avevo tentato di suicidarmi. E perchè ero tutto solo? «Marizi– bil!» gridai. Nessuna risposta: Ma, gli occhi sgranati, tremante di freddo, restai a lungo inebetito a' guardare quei rnòrti, quasi cinqijemila, che avevano tutti sulla fronte una feri- ta volontaria. · · ~oi _unaterribile fame prese a torturarmi lo stomaco. I vi– veri erano esauriti. Frugai nelle case non trovando nien– te. Sconvolto e barcollante mi gettai su un cadavere e gli divorai. la faccia. La carne era ancora tiepida. Mi saziai senza alcun rimorso. Quindi mi misi a percorrere in lun– go e in largo la necropoli pensando al modo d'uscirne. Mi armai, mi coprii accuratamente, mi ~aricai di. tutto l'oro che potei port'are via con me. Poi mi preoccupai del cibo. Il corpo delle dbnne è più _grassottello, la loro carne è più tenera. Ne cerca\ uno e gli tagliai le gambe. Questo lavoro mi prese più di \tue ore. Ma mi trovai in possesso di due prosciuui che appesi al collo con l'aiuto di due corregge. Mi resi conto allora di aver tagliato le gàmbe di· Marizibil . Ma la mia anima di antropofago ne fu com– mossa appena. Avevo soprattutto fretta di partire. Mi misi in marcia e, per miracolo, arrivai ad µn accampa– mento di boscaioli proprio il giorno in cui le mie provvi- ste erano finite. · La ferita che m'ero fatto alla testa presto guarì. Ma una ci_catriceche nascondo con cura mi ricorda senza tregua Cox-City, la necropoli boreale, ed i suoi abitanti congela– ti. che il freddo conserva così come caddero, armati e fe– riti, con gli occhi spalancati e le tasche piene dell'inutile oro per il quale morirono». ·t I

RkJQdWJsaXNoZXIy