Fine secolo - 10-11 agosto 1985

Il futuro di questo animale, considerato om– broso e ingovernabile, é già cominciato. Le grosse aziende dispongono di luoghi di ricove– ro, di mungitrici meccaniche, l'allattamento o é completamente artificiale o se, come accade nelle aziende più piccole, si consente alla ma– dre di allattare il vitello, i tempi di svezzamen– to sono drasticamente ridotti. Anche il forag– gio che una volta era grossolano e conteneva spesso residui di colture agricole sta per essere superato dai silosmais o comunque da miscele che consentano la massima produzione di lat– te. Nonostante l'organizzazione e il progresso però, la bufala dà ancora qualche segno del suo passato di animale libero. L'ispettorato é stato costretto a marchiare gli animali con l'a– zoto liquido, perché le bufale erano insofTeren– ti alle targhette che erano state loro applicate: le strappavano continuamente. Quello che é più «grave» per la produzione é che le bufale insistono ad accoppiarsi a fine estate e così, dopo dieci mesi di gravidanza, forniscono il maggior quantitativo di latte da settembre a Il servizio fotografico è di Raffaele Venturini FINE SECOLO* SABATO 10 / DOMENICA 11 AGOSTO 11 ILBUFALARO DIROCCO sco di Rocco SCOTELLARO Nel 1954, in "Contadini del sud", Scotellaro raccontò la storia di Cosimo Montefuscofu Nunziante, un aiuto bufalaro diciassettenne, di Campo/ungo. "Ogni bufala ha un nome che é un versetto e i nomi di una mandria di bufale fanno unpoema. ·Cosimo, che non sa · leggere e scrivere, recita il poema con dolcissima cantilena tante volte al giorno[ ...]. E' una creatura che deve ancora parlare". Dal libro di Scotellaro, ripubblichiamo parzialmente l'intervista a · Cosimo. S ono nato a Eboli, come comune, ma precisamente ali' Aversana, che é una masseria come questa dove lavoro che si chiama Battaglio. Qui una masseria é di don Vincenzo Cuozzo e un'altra di don Gennaro Pier– ro; ma le bufale che guardo sono di Matassini e abito nel– la masseria più in là, laggiù dove _cista un pozzo a vento, presa in fitto dallo stesso Matassini da un certo Salvatore Giacchetti, che non é di queste parti. Mio padre morì nel '40 e qui ci lasciò me, mia madre di credo 48-49 anni, mio fratello più grande del '31, l'altro del '33 e il più piccolo del '40, io sono del '36. Tutti a la– vorare ancora con don Alberto Matassini. Il primo fra– tello ha la pensione perché, quando fecero lo sbarco, vici– no a noi passavano i tedeschi e la nave da basso alla ma– rina cominciava a sparare e invece di cogliere i tedeschi colse la casa, e noi volemmo scappare fuori e mio fratello Vincenzo, come stava per scendere la scala, gli cadde la scheggia sulla mano e rimase mutilato. La nmno ce l'ha mancante a sinistra da sopra il gomito. Nessuno dei fratelli é andato a scuola, io non so mettere la firma mia. Se noi volevamo andare a scuola da «picci– rilli», mamma poteva lavorare da sola e pagare il mae– stro? Da cinque o sei anni sto vicino alle bufale. Prima lavoravo nella terra a pomodoro, che é tenuta a parte col padrone (quando un tomolo, quando un tomolo e mez- ,.. .. zo). Vado a Eboli una volta all'anno quando é il mio nome, santo Cosimo, e qualche rara volta per trovare mio zio, un fratello di mamma, che coltiva la terra anche lui a mezzadria. Mai stato a Salerno e a Napoli nemme– no. Non sono andato a Salerno, come andavo a Napoli? Sono andato solo a Battipaglia e a Eboli qualche volta per il cinema e hÒ visto cinema di guerra, cinema d'amo– re, ma se uno mi dicesse in faccia: -che cinema hai visto? come era intitolato? -io non so, perché non so come scri– verlo. Da un paio d'anni ho incominciato ad andarci. Mi piace andarci perché vedo quando si uccidono, e mi pia– ce: fanno a cazzotti, voglio dire. Non posso raccontare perché non tengo a mente niente. II primo cinema a Eboli fu costruito subito dopo i bom– bardamenti, lo chiamarono Supercinema e lo fece fare Pezzullo, il padrone del più grande mulino e pastificio. Poi Cosimo Negro, che tiene tutte le esattorie dei paesi e un grande palazzo, costruì un altro cinema che si chiama Cinema Italia. Si misero di attrito e Nigr9 faceva due fil.ii al posto di uno con lo stesso biglietto. Il Supercinema, -che tiene il palcoscenico, fece venire le compagnie e allora Nigro, che non ha il palcoscenico, ri– bassava il pre_zzodel biglietto per spopolare il _Supercine– ma e da I00 a 60 a 50 a 30 lire arrivammo a pagare il bi– glietto 5 lire e per ogni biglietto ci davano anche un buò- marzo, mentre il mercato impazzisce d'estate quando la richiesta di latticini lievita r· 111 .-,w,. mente e non c'é abbastanza latte disponibile. Così a breve tempo inizieranno gli esperimenti di fecondazione artificiale, perché i vitelli na– scano nel periodo dell'anno più propizio. Ma soprattutto perché ci sia Jatte, sempre più latte, al momento giusto. Il latte di bufala, che in Italia é usato esclusivamente per la trasforma– zione in formaggi freschi, é oggi il grande pro– blema degli allevatori, delle aziende casearie e in fondo anche dei consumatori. La mozzarel– la, che probabilmente prende il suo nome da «mozza», l'operazione con cui il caciaro stacca dalla pasta le varie porzioni, ha ottenuto con il D.P.R. del 1979 il riconoscimento di formag– gio tipico: «deve essere formaggio fresco a pa– sta filata ottenuto direttamente dal Jaite di bu– fala, deve avere forma globosa e struttura a fo– glie sottili sovrapposte che tendono a scompa– rire negli strati immediatamente sotto il primo. La superficie deve essere liscia, lucente, mai vi– scida, né ruvida, né rugosa, né scagliata ·e di colore bianco porcellaneo». La lavorazione della pasta, ottenuta dal latte riscaldato con l'aggiun_ta di caglio liquido, é un'operazione che, quasi nella totalità dei caseifici, é tutto frutto delle abilità delle mani paurosamente arrossate dal contatto con temperature mai in– feriori ai 60". «Ogni mattina la mozzarella é una cosa diversa», dice Vincenzo Citro, presi– dente della sezione lattiero casearia della pro– vincia di Salerno, difensore senza riserve della necessità che la produzione casearia rimanga a livello artigianale per garantire la qualità del prodotto. E per quanto riguarda la qualita del– la mozzarella é chiaro che l'Associazione alle– vatori ha tutto l'interesse che il D.P.R. venga applicato alla lettera: solo latte di bufala. contengano o no. In effetti il latte di bufala co– sta il doppio del latte di vacca e ci vogliono al- l'incirca I00 litri di latte per ottenere dai 19 ai 23 chili di mozzarelle. Inoltre in provincia di Salerno c'é la più forte concentrazione regio– nale di l11ttedi v11cc11 e. in ultimo. se é vero che il marchio DOC é riservato alla mozzarella di bufala é anche vero che la tabella ISTAT pre– vede la denominazione di mozzarella anche per il-prodotto ottenuto col solo latte di vacca o con latte misto. Qual é dunque la vera moz– zarella e di che cosa é fatta? Il Consorzio Valo– rizzazione latticini campani (COL VALC) al quale aderiscono attualmente solo una ventina di caseifici, ha disposto che i prodotti dei suoi aderenti rechino sulla carta che avvolge il pro– dotto la precisazione se si tratti di mozzarella di solo latte di bufala, di bufala e vacca, di sola vacca: questo per le mozzarelle, i bocconcini e le provole affumicate che sono mozzarelle esposte, in un apposito contenitore, ai fumi della paglia di grano che dà al latticino, oltre il particolare sapore, un colore giallo dorato. La bufala delléfalse bufale Molti dei caseifici risolvono il problema invece vendendo per mozzarelle di bufala tutti i latti– cini che producono, sia che il latte di bufala lo Ciò che si augura Citro, aderente al COVALC,

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