Fine secolo - 8-9 giugno 1985

FINE SECOLO * SABATO 8 / DOMENICA 9 GIUGNO TRAVAILLEUIS IL TERRORISMO VITrORTA POSTUMA 1 DEL GOJ,T,ISMO? CATO, ...____________________ ;...., _____________ di-Luciano BOSIO----!!"- __________________________ _. M i è capitato di leggere, nei giorni del ~ertic~ dei sett~ paesi più ~ndustria– , hzzatJ dell'Occidente che s1teneva a jBonn. un libro curato dalla fondazione Saint– Simon, dal titolo Terrorismo e Democrazia '(Tcrrorisme et Democratie: Francois Furet, Antoine Liniers, Philippe Raynaud. Fondation Saint Simon. Editore Fayard. Marzo 1985.). E' un'opera appena uscita, il cui obiettivo è di analizzare le ragioni per cui, nel decennio tra– scorso, la Francia è riuscita a sfuggire agli anni di piombo che non hanno risparmiato invece .altre grandi democrazie occidentali. Tre delle . quali, per l'appunto - Italia, Repubblica Fede– _raleTedesca e Giappone - erano rappresentate a quel vertice. Una domanda interessante, an– _che se un conservatore di buon senso potrà trovarla piuttosto stravagante, e preferirà for– mularla in senso opposto: perchè quei tre paesi sono stati investiti dal terrorismo? In qualun– que direzione vada il quesito esso merita effet– tivamente che vi si risponda. È abbastanza sin– golare, infatti, che il paese del Maggio '68, dove la crisi della democrazia moderna è sem– brata conoscere il livello simbolico più elevato e dove le tradizioni rivoluzionarie e violente non mancano, come già non era sfuggito a:l vecchio Marx, non abbia secreto le sue _forma– zioni terroristiche. (Action Directe, le cui im– prese sono giunte negli ultimi mesi agli onori delle cropache, non è un prodotto del '68 e, corrie già ho avuto modo di scrivere su Repor– ter, non è neppure un prodotto genuinamente ·francese). È uscito in Francia un importante studio a più voci sul tema · "terror!sm_ò e democrazia" .. li tema vero è I' ecc1;zione[ranc1;se al!a norma 1tal1ana,tedesca, e giapponese. del terrorismo r1voluz,onar,o. Una delle risposte si Jonda sul diverso peso della questione nazionale. Non è certo una risposta esauriente ma riesce a illuminare anche un'altra e più attuale differenza, quella fra il primato del pacifismo in Germania e il primato del rifiuto ·del totalitarismo in Francia. Eppure, i marxisti-leninisti combattenti in Francia non mancavano: si chiamavano Gau– che Proletarienne e, all'inizio degli anni '70, Curciò li ha incontrati. Se ne è persino ispira– to, cambiando il nome del Collettivo Politico Metropolitano in Sinistra Proletaria. L'ex responsabile "militare" della Gauche Proletarienne, sotto lo pseudonimo di Antoine Liniers - fidarsi della magistratura è bene, dif– fidarne è più prudente - interviene con un lun- - go saggio su questo argomento. Le risposte che egli dà alla domanda che ci siamo posti sono numerose, e tutte plausibili. Grazie al loro discorso e alla loro pratica violenta, egli sostiene, i dirigenti della G.P. hanno svolto in Francia una funzione di parafulmine rispetto all'apparire del terrorismo: hanno fagocitato tutti quei militanti che, alla base, erano attratti dalla lotta armata, ma hanno loro impedito il salto nel buio dell'omicidio. Perchè? Grazie es– senzialmente alla loro ideologia, fatta di buone letture classiche - molto più Platone, Montai– gne o Kant che Nietzsche, Bataille o Sade, nota Liniers, rendendo al passaggio un sentito omaggio all'Università francese e in particola– re alla. Scuola Normale Superiore - e di un maoismo che insisteva sul fatto che le idee giu– ste vengono dalJe masse e non dall'avanguar– dia. Grazie anche all'influenza esercitata su di loro dagli intellettuali compagni di strada - Sartre e Foucault, prima di tutti - che hanno svolto il duplice ruolo di moderarne gli ardori giovanili e di offrir loro. un canale di comuni– cazione con l'aborrita società ufficiale e con i mass media. Grazie infine alla moderazione - conscia, inconscia? - di cui il potere ha.saputo usare n~ll'opera di repressione delle forme di lotta illegali. "L'atto decisivo, l'autosciogli– mento della G.P. nel 1973/74 - scrive Liniers - non sarebbe stato possibile se una decina o an– che meno di militanti fossero stati 'allora incar– cerati e con delle lunghe pene da scontare, a più forte ragione se il meccanismo della "ven– detta" avesse trovato, per mettersi in moto, al– tn morti che quello del I972, alla porta Zola della Renault di Billancourt (si tratta di Pierre Overney, un giovane attivista maoista ucciso davanti ai cancelli da un "guardione" deJla Renault, ndr.). Sarebbe stato inimmaginabile di proporre un gesto che equivaleva a una sor– ta di cancellazione del passato e certamente a un addio alle armi, e di essere seguiti. Il pro– cesso terrorista sarebbe allora stato vincente, si sarebbe concentrato, accelerato, in marcia ver– so il buco nero" . Queste ragioni, e questa storia, sono troppo vi– cine - vicinissime, oserei dire - a quella di buo– na parte della "sinistra rivoluzionaria" italiana per essere del tutto soddisfacenti. Perchè que– sta sinistra in Italia non seppe - non potè - esercitare lo stesso ruolo di parafulmine? Forse che il suo discorso e la sua pratica erano inade– guati ad attrarre a sé i militanti più radicali? Per quale motivo i dirigenti rivoluzionari non poterono impedire, fm dall'inizio degli anni '70, il formarsi alla loro "sinistra" di gruppi di militanti che diedero poi vita alle imprese ter– roristiche e in particolare alle Brigate Rosse? Che cosa c'è di comune nella storia dell'estre– ma sinistra italiana, tedesca e financo giappon– nese, che le ha fatto percorrere un cammino di– verso da quella francese, e tanto più tragico? Qualcosa c'è e non è a mio giudizio, come sug– gerisce la fondazione Saint Simon, il peso del leninismo nelle tradizioni politiche della sini– stra.

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