Fine secolo - 6-7 giugno 1985

bentrano nuove storie per lui e per lei, ma nel– l'ultima lettera che Volodja scrive prima di spararsi resta pur sempre scritto "Lilja, ama– mi". Ma anche dalla parte del suo amico Viktor Sklovskij, obbligato a penzolare sul predellino della vita della donna amata V qlodja Majakovskij e Viktor Sklovskij sono accomunati non solo dalla amicizia ma anche dalle sofferenze nell'amore impartite loro da due sorelle terribili, Lilja appunto e Elsa, che più tardi diventerà scrittrice e moglie di Luois Aragon, e che per ora, anno 1922, è l'oggetto dell'amore di Sklovskij e la destinataria delle lettere raccolte in Zoo o lettere non d'amore, quella a cui Viktor scrive "Io ti amo, Alja, ma tu mi obblighi a penzolare sul predellino della tua vita". Se si volesse mettere assieme un trattato sulla frivola "inconsistenza" dell'anima femminile e la pesante "consistenza" dell'anima maschile, basterebbe allora seguire passo passo Volodja Majakovskij e Viktor Sklovskij, da quando si innamorano a quando, per esempio, per effet– to della passione da rozzi e ineleganti quali erano sono costretti a diventare dei figurini: "Lilja Brik fece tagliare i_capelli a Majako– vskij, lo rivestì" narra infatti Sklovskij, e di se stesso dice di aver amato una donna troppo desiderosa di modificare quello che adesso non potremmo che chiamare il suo "look", e di aver rivendicato, contro le pretese di lei di tra– sformarlo in un elegantone, i suoi diritti di uomo senza superflue eleganze: "Ti giuro: i · pantaloni non devono avere la piega! I panta– loni si portano per non aver freddo". Ma se il rifiuto della frivolezza li unisce, a divi– dere inesorabilmente Volodja da Viktor c'é che il primo scrive lettere d'amore, il secondo in– venta invece lettere non d'amore, filtrando ed esorcizzando con l'ironia quei "35.000 diavoli d'amore" che gli ha conficcato in cuore Elsa, sorella di Lilja e anche lei in qualche modo col– legata direttamente con l'inferno, se è vero che Sklovskij parla di diavoli riferendosi al suo amore come Majakovskij parlava di inferno per decretare il luogo di origine della donna amata. Ma nonostante la vecchia idea della diabolicità femminile, le "lettere non d'amore" possono piacerci più di quelle d'amore di Majakovskij: alle donne, per questa capacità di Sklovskij di alleggerire l'amore ridendo di se ~tesso, di gio– care con la "leggerezza" femminile imparando a essere anche lui un po' più leggero; agli uo– mini, per quella vena di malignità che lui si porta pur sempre dietro, quando per esempio impartisce consigli su come affrontare, tra un cambio d'abito e l'altro, la donna amata: "Qualsiasi cosa diciate a una donna, cercate di ottenere una risposta subito, altrimenti pren– derà un bagno caldo, si cambierà d'abito, e bi– sogna ricominciare tutto daccapo". Dalla parte di lei, Lilja,la donna-camaleonte, che "sapeva essere malinconi– ca, femminile, capricciosa, incostante, innamorata, in– telligente: in qualunque maniera" ( da V.Sklovskij: Majakovskij. Futurismo, formalismo e strutturali– smo)· A descriverci Lilja è ancora lui, Viktor, tenera– mente solidale con l'amico Volodja nel capirne le sofferenze di un "uomo pesante" innamora– to di una donna "leggera": "Essa aveva gli oc– chi castani. Aveva la testa grande, era bella, rossa di capelli, leggera, voleva fare la balleri– na". A leggere le lettere tra Lilja e Volodja sarebbe facile schierarsi dalla parte del gigante che ama e contro la donna per colpa della quale pare che il poeta abbia sacrificato sull'altare dell'a– more addirittura un poema, Don Giovanni, sgradito alla soave Lilja e distrutto in un atti– mo dal rabbioso innamorato, come lei stessa narra: " ... Volodja me lo declamò improvvisa– mente mentre camminavamo per strada, a me– moria, tutto intero. Io mi arrabbiai perchè trattava ancora d'amore - come mi aveva stu– fato! Voldja strappò fuori il manoscritto dalla tasca, lo lacerò in mille pezzi e lo lanciò nel vento in via Zukovskij". Ma se è vero che Lilja, per sua stessa ammis– sione, poteva essere una feroce distruttrice di poesia, disintegratrice di poemi a lei dedicati, è vero anche che l'amore di Volodja era una montagna, una valanga che pesava addosso togliendo l'aria, impedento i movimenti. Dalla parte di Lilja c'è allora da prendere in considerazione questo suo amore per la vita che la costringeva a scrollarsi di dosso chi le tagliava il respiro, questa essenza lieve, mute– vole dell'anima che mal conviveva con la pas– sione di un uomo come Majakovskij, che non tollerava di rendersi meno ingombrante né di ridurre le dosi massicce del suo amore: "1-27 febbraio 1927 (Lettera-Diario) Il fatto che tu, non foss'altro che per un mese, o un giorno, possa stare meglio senza di me piuttosto che con me, è un brutto colpo". E, sempre dalla parte di Lilja,. c'è il fatto che Majakovskij ama, prega, si pente, invoca per– dono, fa autocoscienza e anche autocritica, ma alla fin fine, gira e rigira, si sente pur sempre un buono e sfodera la solita abilità maschile di cospargersi rapidamente il capo di cenere e poi di darsi altrettanto rapidamente una spazzola– ta veloce, ma quale cenere, ma quale cattivo carattere? : "Ho riflettuto su me stesso, Lilik, FINE SECOLO * SABATO 6 / DOMENICA 7 GIUGNO In unafoto del 1925 Majakovskij,Osip Brik, Boris Pasternak,S.Tretjakov, Sklovskj,Elsa, Liii e Rose Kushner. Nell'altrapaginaLiii Brik, a Riga 1921-1922. Sotto, Majakovskijin una foto fatta a Berlinonel novembre1922~allavigilia di unviaggio a rarigi. · '31' · checchè tu ne dica, e penso che il mio carattere non sia assolutamente brutto". E anche dalla parte di Elsa, sorella di Lilja, quella che si portava un uomo cucito addosso come una decorazione Elsa, l'amore di Sklovskij, appare nelle Lettere non d'amore con nome di Alja, impietosa tor– turatrice di uomini innamorati, cinica nello scaricarsi di dosso il troppo amore così come nell'esibirlo come una decorazione: "Quello (...) mi si è cucito addosso definitivamente. Lo considero come la mia più grande decorazio– ne". Alja-Elsa non ha bisogno comunque di essere difesa, si difende da sola, e difende in un certo senso anche la sorella attaccando ferocemente amanti che piangono e amori che rattristano, e suggerendo a questi uomini-macigno di scrol– larsi via un pò del proprio peso, di farsi lievi– lievi e piccoli-piccoli per amare con più alle– gria: "Può essere che il tuo amore sia anche grande, ma non è allegro (...) Sii leggero, altri– menti neil'amore farai fiasco». Ma se Sklovskij aveva anche qualche talento per essere leggero, Majakovskij non ci riusciva proprio: per questo forse le sue lettere sono spesso piatte, lamentose, senza fantasia, come se lui avesse bisogno della mediazione dei versi per parlare d'amore, come se solo nella poesia gli riuscisse di essere una nuvola in pantaloni, e nella vita reale invece, negli affetti, nelle lette– re lui riacquistasse troppo in fretta tutto il suo peso. "Tu ami coi versi, / ma in prosa sei muto. / Eb– bene, non posso parlare, / non so. / Ma dove, amor mio, / dove, mia cara, / dove / -nel can– to- / ho mai tradito l'amore?": ecco, questa raccolta di lettere ci dice in fondo che Majako– vskij non tradiva l'amore nel canto, ma quan– do smetteva di essere poeta spesso ammutoli– va, muta la fantasia, mu1:al'ispirazione, muta l'ironia. Solo qualche sprazzo, qua e là, come quel pezzo di lettera che dà il titolo alla raccol– ta, una specie di dichiarazione d'amore fatta all'amore stesso nel febbraio del '23: "L'amore è il cuore di tutte le cose. Se il cuore interrom– pe il suo lavoro, anche tutto il resto si atrofiz– za, diventa superfluo, inutile". _ Per lui, poi, che aveva detto coi versi: "Per me invece / è impazzita l'anatomia. / E' tutto cuo– re, ·/'romba dappertutto", per lui che per sua diretta ammissione non aveva testa nè gambe nè braccia ma solo cuore, le lettere a Lili sono l'elettrocardiogramma che segna il progressivo attutirsi di questo rombo assordante, lo spe– gnersi del battito vitale, l'atrofizzar~i di un or– gano ormai inutile. I collaboratori d questonumero di Finesecolo Sandro BARBERA e Giuliano CAMPIONI hanno più volte studiato in comune: nel 1983, per l'editore Angeli, hanno pubblicato "Il genio tiranno", un libro sul rapporto Wagner-Nietzsche (che contiene anche studi su Musil ecc.); per Io stesso editore avevano curato il volume miscellaneo su Giorgio Colli (1983), -euna raccolta "Sulla crisi dell'attualismo" (1981, anche con F. Lo Moro). Naturalmente, esistono anche in conto proprio: Barbera per esempio è pigro, mentre Campioni non ha difetti. Insegnano all'Università di Pisa. Clemente MANENTI vive tra Berlino e il Casentino, insegnando lingue secondo un metodo taciturno, parlando con gli uccelli e scrivendo in punta di penna. Ornella FA VERO vive fra la Padova di oggi e la Russia di allora, con una malcelata nostalgia per le storie di sorelle e granduomini. Di lei vedi anche "Cosacchi" e "Il russo fuori posto", sempre in Fine secolo. Margherita BELARDETTI scrive e disegna per noi storie fintamente tonte da Vienna, dove sta esaurendo una sua raffinazione. Franco LOI è nato a Genova il 21 gennaio 1930. Ma vive a Milano e scrive nel dialetto milanese (rivisitato). Ha pubblicato: "I cart" 1973, "Poesie d'amore" 1974, "Strolegh" 1978 "Teater" 1978 "L'aria" 1981 "L'angel" 1981 "Liinn" 1982· le ' ' , ' ' poesie qui pubblicate appartengono alla raccolta "Liber" che uscirà da Garzanti. Hanno variamente contribuito: Ginevra Bompiani, Albertino Berlanda, Fabio Capocci, Norberto Cenci, Settimio Conti, Gianni Coppola, Antonio De Marco, Laura Ferrarelli, la Lega Anti-vivisezione e Gianluca Felicetti, Guglielmina Mattioli, Fausta Orecchio, Lucia Panfili Curano Fine secolo: Nora Barbieri, Marino Sinibaldi, Adriano Sofri, Franco Travaglini (e Paolo Bernacca, attualmente in meritata vacanza). -

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