Fine secolo - 1-2 giugno 1985

. - . . conformars~ non c'é più origine con cui si pos– sa instaurare una relazione autentica, e la tra– dizione e la costrizione sono soltanto delle si– tuazioni di forz.a. Si é dunque tentati di dire, con Sartre, che l'uomo, divenuto soggetto so– vrano, libero di scegliere tutto, diviene contem– poraneamente incapace di scegliere tra una cosa e l'altra. E si esclamerà che questa é pro– prio la crisi del mondo contemporaneo, che ha smesso di credere a se stesso o ai propri valori; si griderà alla decadenz.a. Permettetemi di dirvi che non credo a nulla di tutto questo. L'assenz.a di fondamenti non ha mai scosso i comuni mortali. Nessuno si é mai posto seriamente la questione della scelta dei valori; si tratta di un'invenzione filosofica, di un gioco intellettuale. Non si vede come i-no- . stri contemporanei abbiano smesso di avere delle convinzioni, o delle convenzioni, di bat– tersi per esse quanto o 3:Dcor più di ciò che é sempre stato. La nostra civiltà ha delle caratte– ristiche imperiose e definite quanto le culture del passato. La ragione é molto semplice: l'uo– mo non é né un essere ragionevole né un sog– getto, ma una volontà di potenz.a valorizzante. Non può impedirsi di preferire, allo stesso modo in cui respira. Il progetto morale di Foucault é allora molto semplice. L' esperie02'l storica insegna che il tempo cancella tutte le nostre verità senza ec- • cezione; solo il nostro bisogno di illusione di verità impedisce questa constatazione, così evi– dente da essere triviale. E tuttavia tutto ciò non ci turba affatto: che ci importa quello che l'avvenire penserà delle nostre verità? Noi vi– viamo nell'attualità e continuiamo a valorizza– re e battezzare come verità le nostre valorizza– zioni. Gli uomini non si domandano affatto quale morale sia loro permessa; il fatto é che ne hanno una e che•si battono per quella. Ciò che dunque Foucault intraprende é il tentativo di far trionfare una delle sue preferenze, ripre– sa dai Greci, che gli sembra attuale. Egli non pretende con ciò di aver ragione o torto, ma vorrebbe vincere e spera di essere attuale. L'ultimo tema: un'estetica del/'esistenza Ma l'attualità non permette una guerra qua– lunque. Nel 1983, Foucault aveva studiato l'o– puscolo di Kant intitolato Was heisst Aujklii.– rung (Che cos'é l'illuminismo?'), e ne aveva trat– to un'ontologia dell'attualità, come mi ha scritto Jurgen Habermas. Il compito della filo– sofia, dopo Kant, non é più -diceva Foucault– "pensare l'eternità o la storicità; il tempo si ri– duce a delle attualità sucéessive; la filosofia avrà per compito la diagnosi della nostra at– tualità. L'uomo é chiuso nella sua finitudine o, in altri termini, nel suo tempo; non può quindi pensare qualsiasi cosa in qualsiasi epoca; la sua ragione non oltrepassa la durata; analoga– mente non può conseguire qualsiasi vittoria in qualsiasi momento; l'attualità non é mai qual– siasi. Il filosofo farà dunque la diagnosi e la genealogia delle possibilità che essa offre; spie– gherà la carta strategica dell'attualità; con la segreta speranza, confessiamolo pure, di pesa– re sulla scelta dei combattimenti. A questo proposito, mi viene in menLe un ri– cordo che risale al 1979. I corsi di Foucault al Collége de.France sono e resteranno inediti; in quell'anno Foucault cominciò il suo primo corso più o meno in questi termini: ,.Sto per descrivere alcuni aspetti del mondo contempo– raneo e della sua governamentalità. Il mio cor– so non vi dirà ciò che dovete fare e contro chi dovete combattere, ma vi fornirà una carta strategica dei luoghi; vi dirà: se volete attacca– re in questa o quella direzione, ecco qui un nodo di resistenz.a e là un possibile passaggio". Foucault aggiunse anche questo, di cui com– presi il significato solo più tardi: "Quanto a me~ io non vedo, almeno per il momento, quali criteri permetteranno di decidere contro chi bi- La relazione di Paul Veyne a un convegno milanese su Foucault affronta, sulla scorta di un lungo lavoro comu11:e, di una altrettanto lunga amicizia, il tema delicato e decisivo della possibilità di una ·morale.E lo confronta anche con l'ultimo Foucault, l'uomo della malattia e della morte. sogna battersi, salvo forse dei criteri estetici". Non inganniamoci sul senso di questa ultima frase; Foucault non pretende che i suoi valori siano estetici o. che la sua morale abbia un fon– damento estetico. Quallo che si vede apparire il queste parole, con diversi anni d'anticipo, è uno dei temi principali dei suoi ultimi libri, . L'uso dei piaceri e la Cura di sè, apparsi quat– tro giorni prima della sua morte. Questo tema era quello di un'estetica dell'esistenza, nel sen– so della filosofia greca, e ha giocato un grande ruolo neUa vita interiore di Michel Foucault durante i mesi che ne hanno preceduto la mor– te. Con estetica non bisogna intendere in alcun modo una ricerca dell'elega~, una cura del proprio modo di apparire, una posa per il pub– blico; bisogna intenderla come avrebbero fatto i Greci, per i quali l'artista era in primo luogo .un artigiano e l'opera d'arte - un'opera. Fou– cault sapeva meglio di chiunque altro che la morale greca era nel suo complesso del tutto morta, e riteneva indesiderabile quanto impos– sibile farla rivivere; tuttavia, un dettagliò isola– to di questa morale, cioè l'idea di un lavoro di sé su sé, gli è parso capace di avere un interesse attuale; ha desiderato perciò di sottoporlo al mondo contemporaneo, dove potrebbe acqui– stare un significato nuovo e fecondo, nel con– testo completamente diverso della morale con– temporanea. La storia del pensiero cristiano aveva insegnato a Foucault che alcuni temi pa– gani erano stati reimpiegati nella morale cri– stiana, per svolgervi una funzione nuova in un contesto nuovo; proprio come si trovano spes– so delle colonne pagane riutilizzate nelle chiese cristiane per sQstenere delle volte a cui non erano state destinate. "Tutto è scomparso ma resta una cosa: io,.--ed è abbastanza" l',ilettendoci, si riesce a immaginare a quale u .:> Foucault destinasse questo ideale di un la– voro morale di sé su di sé. L'io, assumendo se s esso come opera da compieré, potrà soppor– tare una morale che nè la ragione, nè la natu– ra, nè la tradizione sopportano più; per citare le parole di un'eroina tragica, "Tutto è scom– parso, ma resta una cosa: io, ed è abbastanza". . . . Una seconda ragione è la seguente: l'io, artista di sé stesso, godrebbe dell'autonomia di cui l'uomo moderno non può più fare a meno; in– vece di piegarsi a una regola esterna, si dette– rebbe da solo le proprie norme. C'è infine un'ultima ragione, che si inscrive nella lotta che F oucault ha dovuto così spesso condurre contro il marxismo. 11 materialismo storico pretende che nella storia tutto sia connesso; per esempio, una trasformazione dei rapporti coniugali presupporrebbe innanzitutto una trasformazione della società globale. Foucault pensava esattamente il contrario: per lui, la so– cietà non era un tutto, ma una parola vuota di senso, che designava l'aggregato informe dj in– siemi relativamente autonomi, riuniti solo dai casi della storia. Se allora ci liberiamo dell'idea secondo cui tra la società e la morale e_sistereb– be un legame, analitico o necessario, possiamo cominciare a intraprendere la trasformazione di noi stessi senza attendere qualche rivoluzio– ne generale. In definitiva Foucault, con la sua estetica del sé, ci· propone una soluzione d'attualità, con– cernente un dettaglio che può rivelarsi strategi– camente decisivo. Egli non si propone di darci bell'e pronto un sistema di morale completo, giacchè nessuno potrebbe prendere· sul serio un'impresa così accademica. Si accontenta di offrirci un suggerimento, sperando che noi lo consideriamo buono. Egli forse avrebbe detto che il suo suggerimentonon è né vero né falso, ma utile e attuale. L'estetica del sé è un ele- mento architettonico; e un'architettura, una volta ultimata, non è ne vera né falsa; esiste, ecco tutto, e durerà fin quando durerà. Fou– cault non credeva assolutamente che esistes.se una morale eterna, a cui commisurare la verità o la falsìtà delle altre morali; egli tenteva di ri– solvere i problemi d'attualità che aveva dia– gnosticato. E rit~neva che esistessero solo. i problemi d'attualità La nuovafilosofia è il pensiero del/'attualità Egli non pretendeva di arrecare soluzioni vere (non ne esistono). o complete, o definitive; non pretendeva neanche di arrecare una soluzione perfetta. Infatti l'umanità si agita senza soste, la sua attualità non smette di spostarsi senza mai raggiungere una fine; così che_le soluzioni dell'attualità precedente la deludono ben pre– sto. Ogni soluzione si rivela perciò subito im– perfetta e svela dei pericoli; sarà sempre così. E' un vero filosofo chi, a ogni nuova attualità, fa la diagnosi dei nuovi pericoli, delle nuove lacune, e questo non finirà mai. Chiunque può capire che è in gioco qui una còncezione nuo– vissima della filosofia e anche della verità. L'e– ternità classica è.morta e sepolta, e dallo stori– cismo moderno si sprigiona finalmente il pen– siero dell'attualità. 11 problema storicista di questi due ultimi seco– li si rivela dunque una mezza soluzione; una tappa di transizione tra l'eternità e l'attualità (se ci sono contemporaneamente il vero e la storia, allora come conciliarli?). Allo steso . tempo, l'accusa di relativismo cade: in effetti, sarebbe contraddittorio dire che ogni cultura · ha la sua verità, pretendendo di far coesistere la verità e il tempo. Per quanto riguarda l'obie– zione secondo cui sarebbe contraddittorio dire che la verità consiste nel fatto che non c'è ve– rità, non è che un gioco di parole, capzioso, forse solo un'ingenuità. Certamente uno stori– co, e Foucault per primo, intende dire il vero, interpretare veridicamente. Quando allora lo stesso storico si mette a scrivere la storia delle verità, entra o gli sembra di entrare - così mi scriveva Foucault - in un labirinto: e i sapienti che si intimidiscono troppo facilmente, o i cen– sori dalla vista un poco corta, saranno scanda– lizzati che uno storico, servitore della verità, sembri prostituire questa sua padrona e rovini la verità che deve servire; io l'ho imparato· a mie spe~, ma credo di sapere d'altronde che il labirinto in questione sia tale solo in apparen– za, e che i veri metafisici ne conoscono l'uscita; non basta solo l'ingenua obiezione dell~ verità della non-verità a turbarli ... L'idea del tempo come semplice attualità met– te quindi fine all'apparente contraddizione in– terna del relativismo storico· della verità. L'i– dea stessa di attualità mette analogamente fine a un relativismo etico, per il quale tutte le posi– zioni sarebbero simmetriche e interscambiabili; per dirla volgarmente, Foucault poteva ben ri– fiutarsi di fondare i suoi valori come verità; non sarebbe stato comunque un uomo di de-· stra. Il suo nietzcheanismo non era quello di Max Weber e del "cielo lacerato". Certo, la morale di Foucault non può indicare dei doveri nè porre dei valori eterni. Essa non è nemmeno scettica, o sprovvista di contenuti; essa non resta assiologicamente neutra tra i va– lori nemici . .Eoucault, che mi parlava una sera di Max Weber, non esclamava come quest'ulti– mo: "Poiché non c'è verità e il cielo è lacerato da dèi inconciliabili, che ognuno combatta per il suo dèmone e., novello Lutero, pecchi risolu– tamente!" Per Foucault, gli déi nemici non sono formalmente interscambiabili: l'attualità rende all'etica un certo contenuto; il cielo è si– curamente lacerato, ma tra dèi alcuni dei quali ammettono precisamente l'idea dell'attualità, e , altri che-non l'ainmettm:io. Filosofo dell'attua– ; lìtà, Foucault non èJ,er-defin~one un conser- FINE SECOLO * SABATO 1 / DOMENICA 2 GIUGNO vatore né un totalitario e nemmeno un cinico, alla maniera di Max ·Weber. Né Platone, né Hegel o Marx, né i fascisti potevano essere le sue divintà. L'odio dei marxisti, dei gollisti e della destra per Foucault lo prova a sufficien– za. La morale di Foucault non pretende di dire agli uomini ciò che devono fare, di dettare loro in modo ra_ssicurante dei doveri; essa ·è consa– pevole che in ogni epoca gli uomini hanno ascoltato solo il loro capriccio momentaneo. Questa filosofia poco popolare ha il merito di non convertire la nostra finitudine in fonda– mento di nuove èertezze; diversamente dalla maggior parte delle altre filosofie, tra cui quel– la di Heidegger, non finisce con un happy end amabile e convenzionale. per essa non esistono termine e origine. La ·mortè e la tristezza dolce della scomparsa Vorrei, per finire, aggiungere qualcosa di più personale. Il pensiero di un lavoro di sé su sé, come ho già detto, ha molto occupato Michel Foucault durante gli otto mesi tragici che han– no preceduto la sua morte. Non è venuto il momento di raccontare questi ultimi mesi., e spetterà ad altri farlo. Posso co,munque testi– moniare che, da diversi anni, Foucault aveva riflettuto molto sul suicidio; la fermezza della sua risoluzione a questo proposito non lc1;scia– va dubbi; diceva di non avere paura della mor– te e non se ne vantava., Solo la malattia e un'improvvisa perdita di coscienza gliene han– no-tolto l'occasione. Ma la saggezza antica gli era divenuta attuale ancora in un altro modo: il lavoro di sé su sé è consistito per lui nel met– tere le proprie teorie alla prova su sé stesso, nel vivere la sua filosofia e nel compenetrarsene, comç voleva la saggezza antica. E come com– penetrarsene? Egli ha utilizzato a questo scopo lo stesso mezzo che utilizzava la saggezza pa– gana, e cioè la pratica degli esercizi spirituali, la meditazione delle verità, la scrittura filosofi– ca e il.diario intimo. E proprio la scrittura dei suoi due ultimi libri gli è servita come un eser– cizio spirituale per questo lavoro di sé su di sé, che è stato per lui anche una preparazione al– l'idea della morte. Un anno prima di morire, ebbe un .giorno l'oc– casione di parlare del rituale della morte solen– ne, così com'era praticato nel medio'!vo e an– cora nel XVII secolo: il morente, ·circondato dalla sua famiglia e da tutti gli intimi, dava loro delle lezioni sul suo letto di morte. Lo sto– rico Philippe Ariés rimpiangeva che nella no– stra epoca questo grande rito funebre di inte– grazione sociale fosse caduto in desuetudine. Foucault, da parte sua, non rimpiangeva la sua scomparsa, ma proprio il contrario, e ha scritto: "Preferisco la. tristezza dolce della ~omparsa a questa sorte di cerimoniale. Ci sa– rebbe qualcosa di chimerico a voler riattualiz– zare, in uno slancio nostalgico, delle pratiche che non hanno più alcun senso. Proviamo piuttosto ad attribuire senso e bellezza alla morte intesa come cancellazione". Ecco il lavoro di sé_su sé di cui abbiamo parla– to; dare senso e bellezza alla morte, estetizzare la cancellazione di sé. L'uomo non trova ve– rità, ma attribuisce un senso, interpreta come fa l'artista. E' questo che Foucault, durante gli ultimi mesi della sua vita, si è esercitato a fare per iscritto, ed è proprio così che è morto. E' uno strano coraggio . Quello che mi dai, stella antica Brilli solitaria al levar del sole cui non presti un bel niente Come William Carlos Williams, Foucault pre– feriva sicuramente la notte della non-verità e la resistenza di una stella solitaria al dogmatismo del sole mentitore. . (Tradµzfone di Alessandro DAL LAGO)

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