Fine secolo - 4-5 maggio 1985

Qui a fianco,dall'altoin basso:La via principaledi Sterzing-Vipiteno.A sinistral'albergostazionedi · Posta ogWnon__più esistente con la vettura. "Mariedl , la GigantessadiRidnaun(1879-1917),unpaese a pocopiùdi diecikm. da Sterzing-Vipiteno. Era alta 2 metrie 28, la donnapiùg_l'ande del mondo,cosiccbèvenivaesibitain varietournéea Londra 1 Vienna e Berlino. Qui la vediamoaccantoalla sorella(in costume% ~ destradellagigantessa)e con alcuniospiti dell'hotel"Sonklarhof',nel 1901. (Dal volume"Siidtirolm altenLicbtbifdem",FlorianPichler,&zen 1981). Sotto AlexanderLanger. ragone li trovavamo scritti sui muri: l'Algeria, il Congo. Cercavo, con altri, una linea che mi consentisse di restar solidale cori la mia comunità (o anche solo di non esserne rigettato) e insieme di non essere nemico dell'altra. Di non esaurirmi nell'identificazeione con una fazione, una situazione -di essere anche "altrove". Anche più tardi, quando collaboravo a "Lotta Continua", e mi ero trasfe– rito a Roma, ero contento di avere un altro lavoro, di in– segnante, e un altro quartiere, lontano da Trastevere, di non essere sempre e solo lì, come mi pareva che succedes– se ad altri. Anche se magari li invidiavo perché erano "dentro" senza residui, giorno, sera, notte. Parlare più lingue é una condizione pratica e metaforica di questa possibilità di essere qui e altrove. Per dirla con Hum– boldt, si é tante volte uomini quante lingue (e dialetti) si conoscono; é una spinta a relativizzare, a cogliere le dif– ferenze, e, ancora meglio, a cogliere certe finezze, certe sfumature, che non soffrono la traduzione. Dove c'é una vocazione plurilingue latente, si deve coltivarla con. cura. Tanto più in un'Europa in cui si moltiplicano i rifugiati, gli immigrati...». Ahi,ahi Abbiamo trovato così le radici di questa vocazione ·a getta– re ponti. Vocazione "viennese". Quando nacque la Terza Internazionale, contro la Seconda, furono gli austriaci a tentare di gettare fra le due sponde un ponte di fortuna, quello che si chiamò sarcasticamente l'Internazionale Due e Mezzo. Qualche tempo prima, Musi[ aveva evocato nel suo "romanzo di un'educazione", il Torless, a proposito di numeri reali e immaginari, la singolare figura di un ponte che ha solo i piloni delle estremità e che, tuttavia, qualcuno attraversa come se fosse intero. Quali sono state le letture della tua educazione? «Le fiabe prima di tutto, il repertorio dei fratelli Grimm. Poi molti libri di avventure. Tieni conto che per i bambi– ni di lingua tedesca, probabilmente per il ritardo e la esi– guità del colonialismo tedesco, gli indiani hanno ragione e i bianchi hanno torto. Poi le saghe germaniche, natural– mente, i Nibelunghi. Lì trovavo un forte contrasto con i libri di avventura, in cui vince l'astuzia, mentre nelle sa– ghe domina la fedeltà obbediente, lineare. Poi i classici, a cominciare da Schiller, che ai più giovani si addice meglio di Goethe. I primi italiani che ho letto sono stati Guare– schi e Man_zoni. Manzoni perché era obbligatorio a scuo– la, e anche perché mi interessava. Guareschi perché mi sembrava facile e divertente. La mia famiglia era laica, e mio padre era ebreo, anche se non praticante; da ragazzo io diventai una specie di cattolico autodidatta. Il primo libro moderno che lessi fu di Thomas Mann, i Budden– brook. Fiero della mia buona conoscenza dell'italiano, e della stenografia, che avevo imparato, mi presentai un giorno, a 17 anni, nel periodo in cui ero avido di dottrine che permettessero di migliorare il mondo, al segretario della FGCI di Bolzanp. Volevo intervistarlo per un giornaletto ciclostilato che redigevo nella scuola, con un gruppo di amici, in tedesco: si chiamava Offenes Wort, Parola aper– ta, e abbreviato diventava OWe, che suona "ahi ahi", e non giovava alla causa. Nessuno ci censurava, ma con le tensioni di allora l'intervista a uno del PCI non andava senza scandalo. Ci andai pronto a qualche rivelazione. Bastava che mi esponesse una qualche teoria elementare capace di "aprirmi gli occhi", che so, che il mondo é divi– so in classi, e non solo in tedeschi e italiani ... Chissà che strada avrei preso. Invece niente. Non riuscii a capire che cosa facessero e volessero i comunisti, solo che facevano molti "attivi". Fu una delusione memorabile. Allora, l'unico ambito di collaborazione etnica era il mondo cattolico. Fin dal '64 feci parte di un gruppo mi– sto tedesco-italiano. Era il periodo in cui si saltava in aria e ci si odia va». Il censimento etnico ·:·•~INE,SECOLO * SABATO 44 DOMEN!GA 5'MAGGIO 15 vincia 13.000 voti, il 4,6%, e nel capoluogo /'8%) é un ca– postipite delle liste ecologiche. «Infatti, non era essenzialmente ecologica all'inizio. L'e– sigenza iniziale era, per così dire, di non stare né con lo Stato italiano né con la Volkspartei, di scampare alla strettoia per cui o si era nemici dell'autonomia, nella ver– sione dell'autonomismo della Volkspartei, o nemici della comunità italiana, nella versione del centralismo statale. Il culmine di questa lunga lotta per tutelare le identità e le diversità, senza fame un obbligo di appartenenza e di irreggimentazione, é stato il censimento etnico del 1981: una vicenda che si é conclusa burocraticamente, e mala– mente, un mese fa, con la decisione del pentapartito, so– stenuta da PCI e Volkspartei, che dà agli obiettori etnici sei mesi di tempo per pentirsi. La decisione é arrivata una settimana prima della presentazione delle liste, per disin– nescare la controversia sui candidati non registrati, che la legge sul censimento priva dei diritti politici. Allora furo– no ben 5.000 persone, compreso Messner, a rifiutare di registrarsi. Con la proroga dei termini per pentirsi é pre– visto che i cosiddetti "misti", se hanno genitori dichiarati in gruppi diversi, possono non essere registrati fino a 14 anni, dai 14 ai 18 possono iscriversi, e con la maggiore età sono obbligati entro sei mesi ad assimilarsi a uno dei tre gruppi. Oltre alla coazione, é un iter senza senso, se si pensa che può capitare, come é successo a Edi Rabini, una delle persone più in vista dell'impegno per la convi– venza, di cominciare a coltivare la propria identità bilin– gue quando .si é già adulti». L'adunata d~i refrattari? Torneremo poi all'uso che voi fate dell'esperienza dei "blocchi" in Alto Adige-Sud Tirolo per affrontare il gran– de mondo. Ora possiamo venire alle liste verdi, che sono il frutto di stagione più ghiotto, e sono parecchi a volerne as– saggiare. Puoi rifare sommariamente la storia che ha por– tato alla presentazione elettorale? «Ci provo, a partire da un elenco schematico delle varie 'anime', e degli annessi corpi, che sono confluiti nella presentazione delle liste. C'é un'area che chiameremo della 'lacuna di mercato'. Dopo la dissoluzione del.la milizia politica di sinistra, al- · cuni si sono ritirati, altri hanno continuato appoggiando– si a quello che vedevano come il meno peggio. Qualcuno é divel).tato assessore alla cultura del PCI, qualcun altro fondatore di una lega di ciclisti democratici. Sono stato spesso interpellato da invidiatori di Trento o Bolzano, "dove si fa ancora qualcosa". L'impegno ecologico ha offerto sempre più a queste persone un.nuovo contenuto e non in modo necessariamente strumentale. Altre persone ci sono che si sono destate alla politica nel– la seconda metà degli anni '70, magari invidiatori di chi aveva avuto il '68: alcuni di provenienza radicale. Cerca– vano anche loro la loro occasione. Altri senza storia politica precedente, ma da anni impe– gnati su temi ambientalistici, spesso influenti sulla· loro stessa vita privata: agricoltori biologici, vegetariani, capi– tiniani, obiettori fiscali... Una parte di rilievo l'hanno avuta gli associazionisti, rac– colti soprattutto, negli anni '81-85, nell'habitat della Lega Ambiente, bastevolmente apartitico e al tempo stes– so dotato di un supporto di strutture ·organizzative, di competenze, di iniziative. Ma questo é vero anche per as– sociazioni più tradizionali, come la Pro Natura, il WWF, che forse ha attratto il maggior numero di giovani, la LIPU, la Lega Anticaccia, gli Antivivisezionisti (quelli che insieme si chiamano "gli animalisti"). Un'altra componente proviene da mestieri connessi con .la problematica ecologica, le professioni "postmateriali", dei servizi sociali, della salute, handicap, scuola, anima– zioni varie, attività nell' ARCI, naturalmente, o nella ri– cerca universitaria. La lista di Palermo illustra ad abbon– danza questo filone: non c'é un operaio, o comunque uno che così scelga .di definirsi, e si va invece dall'apicultore alle docenti straniere, dall'informatico ai fisici, dalla gior– nalista a Vincino, dai cooperatori del legno a quelli del CUOIO.

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