Fine secolo - 23 aprile 1985

ghorando un ponte sospeso che abbrac– cia un fiume turbolento, o grazie a un regolamento impeccabile che impedisce al ricco come al mendicante di passare le sue notti sulle panchine dei giardini pubblici ... Diventano ministri della cul– tura e rendono giustizia alle realizzazio– ni neglette di artisti semidimenticati. Suppongo che siano piacevoli modi di morire. Almeno, quelli che li hanno ,scelti mi sono sempre sembrati soddi– ··sfatti della scelta. Ho sempre sentito come un'ingiustizia ,che non mi si sia chiesto se volevo par– tecipare a questa parata altamente as– surda prima che avessi raggiunto l'età per prendere una decisione razionale. Per questo sono uno scrittore, capace di modificare il corso delle cose, perchè le capisco meglio di un imprenditore, un medico, un ingegnere, un burocrate o un politico. Come sempre, Tolstoi, il terribile ve– gliardo, ha definito perfettamente ciò di cui stiamo parlando. In una delle lettere al giovane Gorki, Tolstoi osserva: "L'arte è una menzogna, una commedia arbitraria ... non si scrive che cos'è la vita reale, ma semplicemente ciò che si pensa della vita stessa". E poi ... il vec– chio Tolstoi si ricorda di un autunno della sua giovinezza, a Mosca, dove os– servava un ragazzino delle classi popo– lari che cercava di tirar fuori la testa di sua madre ubriaca dall'acqua del riga- . gnolo ... "Sì -dice Tolstoi- sì, è necessa- -rio scpvere ..:fdi 1 tutto ... ogni soggetto merita di esser· trattato, ognuno, se no quel ragazzino potrebbe esserne ferito e rimproverarcelo.:.. egli reclama la ve– rità". Suppongo di aver scritto i miei primi te– sti pubblicati -ben prima di aver letto i ricordi di Gorki su Leon Nicolaevic Tolstoi- spinto da un bisogno curioso: ero un bugiardo nato, e non potrò mai esser altro che un bugiardo nato -ma un bugiardo che "reclama la verità". Io non posso prendere di petto quella che gli imprenditori, i medici, gli inge– gneri, i funzionari e i politici chiamano la verità. Devo affrontarla obliquamen– te. Alla sprovvista, come se profittassi della sua posizione di debolezza. E' per questo che in genere scrittori e soldati si intendono così bene. Mestieri differenti, stesse tattiche. lo sono nato bugiardo, suppongo, e ho cominciato a mentire per denaro senza aver coscienza di quel che facevo. Oggi, mi avvicino alla sessantina, e mento con sempre maggior cura, diletto, e consa– pevolezza. La scrittura è, per quel che ne so, il solo mestiere che vi obbliga a mentire evo– cando quel "valoroso ragazzino" che tenta di tirar fuori la testa di sua madre ubriaca dal rigagnolo facendo appello alla verità per non ferirlo elaborando l'invenzione della vostra menzogna. Ho creato ciascuno dei miei personaggi a partire da più persone 'reali', dei due sessi. E ho deformato ciascuna delle si– tuazioni nelle quali questi personaggi hanno recitato la propria vita. Se non fossi nato con questo desiderio di mentire, starei forse ora espiando una lunga pena detentiva, o sarei un politico altamente stimato, che nasconde la pro– pria fortuna. Felicemente per me, sono nato dotato anche di quell'istinto che Henry Fiel– ding evoca nella sua prefazione a Tom Jones: e che spinge a "lottare contro il corso della natura". E' quel che fa, o cerca di fare, ogni arti– sta. Lo scrittore, poichè la sua arte si limita a tracciare qualche simbolo nero su del– la carta bianca, è spesso più cosciente di quel che fa che il pittore o lo scultore che fanno fisicamente l'amore con le loro creazioni, o i compositori che sono serviti costantemente da grandi orche– stre o da angelici quartetti di musica da camera. GIAPPONE Fukasawa Shichiro Nato nella regione montagno– sa di Yamananascbi di cui de– scrive la vita contadina. Lasciò presto la scuola per pizzicare la chitarra flamenco nei caba– ret di Tokyo. A quarantadue anni, La ballata di Narayama lo condusse al culmine del suc– cesso. Questa domanda «perchè scrivete?», mi ha imbarazzato. Perchè io non me la sono mai posta. Scrivevo un po' quando ero giovane. Quarant'anni sono passati da quando i miei romanzi sono venduti in libreria. Ho settantuno anni e finora non ho ancora mai riflettuto su questa domanda. Penso che sia perchè mi piace . scrjvere. Deve esseri:: la stessa ·ragione ·per ogni scrittore, ma cercherò 'd1 ana– . lizzarla. La voglia di scrivere mi viene quando ,ho. trovato i personaggi che .mi piaccio– no. Quando si fa- giorno un'idea mi inte– ressa. É quella che viene chiamata, cre– do, ispirazione. Io accentuo il mio inte– resse per il personaggio modificandolo un po'. Poi immagino quello che farà in una particolare situazione. Io creo degli avvenimenti, delle situazioni, affinchè quel personaggio compia ciò che ho im– maginato e così ottengo il mio. perso– naggio ideale. Quegli avvenimenti, quel– le situazioni, li fabbrico inventando a'.ltri · personaggi che agiscono con idee e at– traverso azioni opposte ai miei ideali. Amavo dipingere, senza averne il talen– to. E ho conservato questo desiderio di dipingere. Sono certo di essermi messo alla scrittura in sostituzione della pittu– ra. Provo altrettanto piacere a descrive– re dei personaggi o delle situazioni che a dipingere un paesaggio. Mi rendo conto ora che se si fosse posta la domanda: «perchè dipingete?» a Van Gogh o a Gauguin, a mio parerei avreb– bero risposto: «perchè amo, è l'unica ra– gione». lo penso che quando si disegna un paesaggio, si realizza in realtà qual– cosa che è differente dal paesaggio rea– le... Da qualunque capo la si prenda, questa domanda «perchè scrivete?» mi imba– razza. Scrivere, è per me un atto biolo– gico. Setouchi Harumi Nata nel 1922, esordì con la biografia di una pioniera del femminismo e continuò poi a raccontare la vita delle mili– tanti contemporanee. Ha pub– blicato dei romanzi semi-auto– biografici (La fine dell'estate), si è fatta monaca e continua a scrivere in un tempio. Io sono nata nel 1922 e, dall'infanzia, la mia educazione è stata segnata da que– ste parole: «periodo eccezionale». Que– st'epoca di allarme, anormale, significa– va che la patria era in guerra. Sono sta– ta formata dall'educazione di quel pe– riodo eccezionale. Mi è stato insegnato che sacrificare la propria vita all'impe– ratore è per l'uomo il modo più degno di vivere. E che il dovere supremo della donna è di occuparsi di tutto il resto così che l'uomo possa partire per la guerra senza preoccupazioni. E la brava bambina che ero non ha dubitato nean– che per un istante di quell'educazione. Il giorno in cui la guerra è finita, a Pe– chino dove mio marito era di stanza, ho provato il sentimento di non aver più al• cun appog&io alla mia vita fisica e spiri– tuale. Mi sono posta la domanda: chi sono? Io che avevo vissuto ventitre anni, mi ero sposata, ero madre di una bambina, io apparivo a me stessa come un'ombra fragile. Che cos'è l'essere umano? Da dove vie– ne? Dove va? Che cosa c'è al di là di una vita limitata? Che cosa diverranno la mia intelligenza, il mio sentimento, -la mia volontà? Questo mondo vale la pena d'essere vissuto? Queste domande che si pongono i giovani a 15 o 16 anni, il solo mezzo che ho trovato per risol– verle è stata la scrittura. Mi sono messa a scrivere e non confidando che nei miei pensieri e sentimenti personali, guidata dai miei stessi passi e dalla mia stessa sensibilità. Per goffaggine, non ho potuto fare altri– menti, per lanciarmi in questa strada, · che respingere la mia famiglia .e mia fi– glia. Ho cominciato a scrivere abbastanza tardi. E non ho potuto vivere della mia penna che verso i 35 anni. Quando sono diventata scrittore professionista, la scrittura si è rivelata un piacere supre– mo. A quel tempo, ho vissuto molti av– venimenti di cui si potrebbe dire che sono come un «bivio» della mia vita. Ogni volta che mi sono' trovata di fronte a un problema, ho preferito la scrittura alla calma e al benessere della vita reale. Perchè, da una parte, questo mi dava un piacere immenso. E d'altra parte perchè ~ è un atto difficile. Ho avuto, scrivendo, la convinzione che quando incontra un bivio, l'artista deve sceglière il cammino più difficile. Vivere è mettere alla prova la possibilità del proprio talento. Nel mio caso, si tratta della possibilità lette– rana. Una decina di anni sono passati, come una freccia. E io ho avuto cinquant'an– ni. Allora ho preso coscienza che la for– za di creazione, la tecnica e le idee dello scrittore si arrugginiscono e si appesan– tiscono, e ho provato il bisogno di puri– ficarmi. Io che fino ad allora avevo per– seguito da sola la mia strada, ho scelto di ritirarmi in un tempio. Ero all'autun– no dei miei cinquantuno anni. Non ave– vo immaginato che le vie della scrittura si sarebbero ancora aperte per un mo– naca. Ho pensato che non potevo fare altrimenti che lasciarmi guidare dal Budda perchè ero entrata nel buddismo all'estremo limite della mia facoltà. E io continuo sempre a scrivere. Perchè scrivo? É il Budda che me lo consente. Se scrivere in quanto buddista si mostrasse un inconveniente, spezzerei la mano che tiene la penna. Mi sono consacrata in altri tempi agli argomenti dell' «io» e della sete amorosa. Ma oggi, aspiro a dimenticare l'io per servire gli altri attraverso l'amore gratuito. E ho l'impressione di dirigermi poco a poco verso quel punto estremo dell'arte in cui brillano la preghiera e il nulla. FINE SECOLO* MARTEDI' 23 APRILE GRECIA Manolis Anagnostakis Poeta nato nel 1925 a Salonic– co la cui influenza è grande. Molto rispettato: una sommità morale. Diviso fra il dire e il fare, si è impegnato nella pras– si e lavora in un giornale. Sono stato obbligato a modificare leg– germente la vostra domanda: perchè «scrivevo» e non perchè scrivo. E perchè, da anni, non solo non ho scritto assolutamente niente -parlo di poesia naturalmente- ma anche perchè mi sen– to così lontano dalla poesia, dalla mia e da quella degli altri, al punto che mi do– mando se ho i titoli necessari a parteci– pare alla vostra inchiesta. Come potete immaginare, io non appar– tengo alla categoria di poeti di cui parla Rilke e trovo piuttosto paradossale la frase di Baudelaire: «Si può vivere due giorni senza mangiare, -ma non senza poesia», a meno che il grande poeta non abbia mai avuto fame. É vero. che c'è stato un tempo in· cui scrivevo;,in cui scrivevo anche molto, ed è vero che ho cominciato molto ·giova- , . ne,.-, , , , Conoscq poca -genteche, da giovane, sia sfuggita a questa tentazione della scrit– tura, come a una soluzione per scari,car– si dell'eccesso di emozioni e di sensazio– ni che sono l'appannaggio della gio– ventù. Le cose si fanno serie quando si conti– nua a scrivere, e a maggior ragione quando si decide di pubblicare. Personalmente ho scoperto molto gio– vane che avevo un qualche talento per la versificazione e questo mi diede un sentimento di superiorità nei confronti dei miei compagni, di cui invidiavo i ri– sultati in discipline in cui non brillavo, il football per esempio. Dal giorno in cui mi convinsi che le mie poesie non erano così male -confortato in questo dall'opinione dei più anziani e dai confronti che potevo fare leggendo le poesie di altri- concepii l'ambizione di pubblicare una raccolta, poi un'altra, e ancora un 'altra ... GUYANA Wilson Harris Nato nel 1923, ha fatto la co– noscenza del suo paese percor– rendolo come idrografo e topo- ' logo. Un romanziere che non ha paura di impegnarsi nella poesia e nella filosofia. Dall'i– nizio degli anni '70 viene a prendere i suoi argomenti in Europa. Mi è difficile dire perchè scrivo, la ne– cessità interiore alla quale obbedisco è così rigorosa che potrei allo stesso

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