Fine secolo - 30 marzo 1985
qualche anno fa alcuni bufali fuggirono dal ca– mion che li trasportava e che si era r_ovesciato. Si rifugiarono fra i canneti; riuscendo a so– pravvivere· e a riprodursi. Evacuare Venezia... Non occorre più immaginarli i possibili scenari apocalittici. Bhopal e Città del Messico, o la nostra Seveso, li hanno già messi in atto. Ades– so la collisione fra petroliere nello stretto di Messina, dove si é dovuto pensare all'eventua- . lità di evacuare l'abitato. Rimuovere le cause, togliere di mezzo le pro– duzioni pericolose, queste sono le parole d'or– dine del movimento verde. E intanto? «Quello di cui siamo ormai convinti -dicono a Smog e dintorni- é che mentre continuiamo a batterci per la rimozione dei rischi, dobbiamo anche prepararci a situazioni di emergenza e mettere a punto piani di evacuazione della città che at- . tualmente non esistono». «Esiste solo un piano generale di protezione ci– vile che si limita ad elencare i possibili rischi e a fare un inventario dei mezzi a disposizioJ}e - conferma l'assessore Benzoni-. Non esiste in– vece nulla che possa avere una reale efficacia operativa, che preveda e organizzi i comporta– menti della gente, a partire dalle diverse ipotesi di rischio possibile. Il comune di Venezia sta muovendosi, seppure lentamente, in questa di– rezione, ma non ci sono dotazioni di bilancio, né strumenti operativi». Il piano di evacuazione che Smog e dintorni e Medicina Democratica presenteranno in questi EVACUARE NAP.QLI A Napoii, fra Vesuvio, terremoto, bradisismo, a sentir parlare del problema sono più abituati. Quanto ai fatti, non sono molto incoraggianti, se si eccettua l'evacuazione di Pozzuoli, che peraltro non é stata certo/ un modello di coinvolgimento attivo della gente. . Ci si arrangia, e si impara l'arte. Così un programma di emergenza é diventato ~I titolo - "Evacuare Napoli"- di una mostra di giovani e giovamss1m1 pittori napoletani, promossa dall'Arei-Media e dagli enti locali, e ospitata daH'Istituto Francese dal gennaio al marzo I pittori partecipanti sono Fabrizia Abbagnano, Fabrizia Abbagnano giorni al consiglio di quartiere di Porto Mar– ghera -quello di Malcontenta ha già chiesto al comune di approntarne uno- é abbozzato a grandi linee. Dovrebbe essere attivato in caso di incidenti o di emissioni di vapori e gas tossi– ci più ampi di quelli limitati ad autocisterne e a ferrocisterne, che rientrano nel normale inter– vento dei vigili del fuoco. E' previsto un "pun- , to di informazione primaria" ·che raccolga le informazioni e coordini l'intervento, abbastan– za lontano dal1a fonte inquinante da non esser– ne direttamente coinvolto, ma abbastanza vici– no da controllarne l'evoluzione. «Tale punto - si legge nel documento preparatorio- deve dare un seg~ale chiaro ed univoco alla popolazione, cht: sia percepibile come segnale di emergenza: deve attivare punti locali di organizzazione della emergenza, punti di diffusione delle in– formazioni che esso elabora, punti di concen– tramento di personale e mezzi di soccorso. 1La popolazione deve essere già addestrata a eva7 cuazioni rapide» . <<I problemi tecnici e organizzativi -dicono Boato e. Bettin- sono molti e non sempre sem– plici, ma se riusciremo a sollecitare il Prefetto e l'Assessorato alla protezione civile ad accelera– re i tempi per un loro piano operativo di emer– genza, si potranno incalzare le istituzioni speci– fièhe -Usi, trasporti pubblici, scuole, fabbri– che- a prepararsi ad evenienze di questo tipo». Non si pensa a un piano da "autogestire", ma da us_arecome modello per convincere ad una discussione operativa le istituzioni che, sole, potrebbero realizzarlo. Lo schema preparato fa il conto dei mezzi di cui si dispone e di quelli di cui si dovrebbe disporre di fronte ·a una Eugenio Giliberti, Sasà Giusto, Massimo Latte, Saverio Lucariello, Rosa Persico, Franco Silvestro, Giuseppe Zevola; il catalogo é stato edito dall'Electa. Ecco come A,chille Bonito Oliva argomenta il titolo della mostra. Evacuare Napoli significa per l'arte rinunciare ad ogni speranza fuori di se stessa, abdicare ad ogni progetto -di perbenistico progresso che poi significa ricalco e plagio di altre situazioni ed altri retroterra. Significa anche ipotizzare un paesaggio come quello di Pompei, con là éliffe– renza questa volta di scegliere di lasciarsi co– gliere di sorpresa e dunque non produrre alcu– na resistenza. Significa realizzare opere d'arte a futura memoria, tracce e brecce capaci di aprire grossi crepacci nelle resistenze di un cor– po sociale molle ed elastico. Dunque l'arte, anche questa dell'ultima gene- ( emergenza ecologica. Viene considerato essen– ziale il coinvolgimento della popolazione e l' addestramento attraverso apposite esercitazio- • ni. «Ma prima ancora si tratta di affrontare la discussione con la gente e di convincerla che un piano di evacuazione é necessario, senza creare un allarmismo che sarebbe contropro– ducente, ma anche senza continuare a far finta di niente». Il posto di lavoro, non si tocca? Non deve essere facile. Al Consiglio di Fabbri– ca della Montedison, la prima reazione é che loro\ sulle questioni ambientali non hanno niente da imparare da nessuno. E' chiara la preoccupazione che il "diritto al lavoro" sia minacciato dall'allarme ecologico. Ammette Michele Boato: «Questo problema esiste, tant'é vero che su alcuni temi· non· sappiamo ancora come intervenire. E' il caso dell'inqui– namento da cloruro di vinile, usato per fare plastiche. Viene emesso in quantità molto rrii-. nori di altri inquinanti -prima 12 tonnellate al gior'no,ora, dicono, 5- é inodore e incolore, ma provoca cancro ai polmoni e, soprattutto, al fegato. E non é come per il fosgene, per il qua– le esistono già alternative. In questo caso l'uni– ca alternativa sarebbe ç;ambiare completamen– te tipo di produzione». , Una certa animazione Alcuni gruppi teatrali di Porto Marghera stan- razione qui esposta, l'arte di Fabrizia Abba– gnano, Gabriele Di Matteo, Matteo Fraterno, Eugenio Giliberti, Sasà Giusto, Massimo Lat– te, Saverio Lucariello, Rosa Persico, Franco Silvestro e Giuseppe Zevola, punta sul noma– dismo, che non significa esodo ma andata e forse ritorno e poi ancora andata e così via. Nomadismo ed eclettismo segnano anche l'ul- . tima .generazione artistica napoletana e non potrebbe essere altrimenti, in -quanto permet– tono a q9esti giovani artisti un abbandono creativo ed un piacere dell'immaginazione che viaggia liber'¾mente fuori da ogni costrizione anche politica. Evacuare Napoli significa alla fine non staccare violentemente il proprio cordone ombelicale, semmai di· attorcigliarlo attorno alla gola ma non per morire asfissiati, bensì per rafforzare la propria identità attraverso questo ornamen- l ,,: ~ r" 1ft l ,, '\ _/ ~ _,,Ji., . ._ . -.... .,. ... , - . t. ,-" . ~ • • • , .."'I s . ~; . . . ·. Eugenio Giliberti FINE SECOLO * SABATO 30 MARZO 29 no preparandosi a realizzare, per le strage, si– mulazioni mimate di situazioni di emergenza: sarà messo a confronto quello che succedereb– be oggi, con quello che succederebbe se ci fosse un piano di evacuazione. Chissà come la prenderà la gente che incrocio passeggiando per le strade di Marghera e di Mestre. -Fuori della vista delle fabbriche, dove anche i gabbiani sono diventati di .casa, dopo che, quest'inverno, la laguna si era ghiacciata, tutto é normale. Con quel normale caos del traffico urbano. Non si può mica vivere con la testa sempre piena del possibile pericolo o del– la paura. La proposta del piano di evacuazione, provo– cando la partecipazione della gente, forse rom– perà questa quiete apparente. E' probabile che migliaia di donne, uomini e bambini, una volta coinvolti nella preparazione ad emergenze non naturali -diverso sarebbe il caso del terremoto– sentano più urgente l'impegno per rimuovere il rischio stesso. Oppure no. Come ,per i rifugi antiatomici, ci si può abituare a vivere con il proprio locale pericolo -noto e previsto- di in– cendi, esplosioni o esalazioni venefiche morta– li. Paradossalmente, parlare del piano di eva– cuazione potrebbe trasformarsi nell'organizza– zione dell'adattamento alle cose così come stanno. Avrebbero ragione quelli che rite11go– no che la capacità di adattamento, la plasti– cità, del genere umano, a cui tanto dobbiamo del nostro "successo" $U questa terra, si può trasformare, per eccesso di zelo, nella fonte di un radicale "insuccesso". to, come una sorta di stola di volpe. Non a caso parlo deHa volpe, ·per definizione astuta e veloce, flessibile e feroce, in quanto mi sembra che bene caratterizzi le elementari qualità ne– cessarie per sopravvivere in una città che non ammette altre resistenze se non laterali ed indi~ rette. I quadri e le opere esposte in questa mostra sono i segnali di questo stato ferocemente late– rale che utilizza la trasversalità creatrice del-· l'arte per fondare sacche frammentarie di sen– sibilità, capaci di dare ossigeno fuori dai mo– menti di ~pnea a cui questa città sembra co– stringere tutti i suoi abitanti. Evacuare Napoli significa il bisogno- di non avere scopi e dunque nemmeno timori, soltan– to tremori legati alle oscillazioni felicemente ondulatorie della immaginazione. Achille BONITO OLIVA
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy