Fine secolo - 23 marzo 1985

poggio al Frelimo, proprio in quei giorni, dev'essere stata apprezzata dai dirigenti mo– zambicani ben al di là della convenienza diplo– matica. Il ruolo dell'Europa Il Mozambico è ormai un banco di prova pèr tutta l'Africa Australe. O si dimostra, dopo . tante preoccu_pazioni sull'egemonismo sovieti– co, che un governo rivoluzionario può trattare fruttuosamente con l'occidente; o si dimostra che trattare con l'occidente è la strada perden– te. Nel secondo caso, si dar~ un segnale di chiusura a tutta l'Africa Australe, a partire dall'Angola, e si rafforzeranno i gruppi più set– tari di opposizione interna, compreso il Mo– zambico stesso. Mettiamoci nei panni del Fre~ limo: ha scommesso sull'affidabilità del Sudafrica, che manca di parola; sul rapporto con l"occidente, e gli USA stanno abbastanza cinicamente alla finestra (anche se, un mese fa, il Congresso americano ha, stanziato· una som– ma modesta ma simbolicamente significativa per «assistenza» militare al Mozambico); non riceve più armi çlall'URSS e non ne riceve dal- 1' occidente. Quest'ultimo avrebbe tutti gli inte– ressi a impegnarsi con più con,,inzione nello svih1ppo dell'area: l'Africa Australe può diven– tare un Medio Oriente moltiplicato di qui al 2.000. Che Angola e Mozambico tengano, sembra una condizione necessaria per un'evo– luzione; se no, sarà l'esplosione. Oggi i dirigenti mozambicani non possono più attardarsi nella «comprensione» delle difficoltà interne dei sudafricani. Per difendere il nostro esperimento, dicono, dovremo ricorrere a chiunque ci aiuti. Per qualcuno di loro questo vuol dire URSS, Cuba -e ci sarà poco da stu– pirsi-. In Italia tutto ciò trova poca o nessuna eco sulla stampa, nonostante che siamo noi oggi in prima fila nel sostenere i bisogni legitti– mi del Mozambico: una recente risoluzione, molto dura, della CEE contro le interferenze, ha ottenuto un adeguato risalto nella stampa internazionale. E' per noi, e per l'Europa, una po~sibile carta di credito per gli anni a venire, e non intendo credito finanziario. Intanto, il cre– dito -anche finanziario- che siamo disposti a · dare loro ~ttraverso la cooperazione gioca una parte· di riguardo. Ai primi di aprile si terrà a Maputo una nuova importante sessione della commissione mista. Qualunque errore si imputi al Frelimo, sta di fatto che non sono corrotti, e che si interroga– no drammaticamente su questi problemi. E che hanno eredit,ato un paese paralizzato dal– l'esodo dei portoghesi -se ne andarono in 300.000 al momento dell'indipendenza- dal crollo dei servizi, dal 97% di analfabetismo, e anche dalla rottura di norme ancestrali sfocia-_ ta in una rovinosa crisi di identità, soprattutto delle donne. Un parlamentare qualun– que ili nome Ian Smit-h L'estrema fluidità della situazione è mostrata esemplarmente dallo Zimbabwe. Vi si svolge un esperimento unico di collaborazione fra bianchi e neri._Anche qui mi è tornato in men– te l'Alto Adige, perché il parlamento riserva 20 seggi parlamentari (su I l 00) ai 200.000 bianchi. A differenza che in Alto Adige-Sud Tirolo, questa «proporzionale» garantita è prevista com~ transitoria, per due legislature. Pochi sanno·che lan Smith è uno di quei venti parla– mentari, e va in giro senza scorta -anzi, è in minoranza fra gli stessi bianchi, contando su quattro voti contro 16! Anche sul piano econo– mico funziona un efficace compromesso volu- · to da Mugabe, p"erincentivare la permanenza · dei bi.hichi soprattutto nelle aziende agricole. Metà dei bianchi sono andati via lo stesso, ma non c'è da sorprendersene. Oggi c'è un diffici– lissimo equilibrio, e probabilmente le tensioni maggiori provengono dallè contraddizioni, an– che etniche, nella popolazione nera. Lo Zim– babwe è, alla lettera, la bestia nera del Sudafri– ca, pur senza avere frontiere in·comune, perché il suo modello di integrazione è quello che mi– naccia più da vicino il regime di Pretoria. Ba– sta pensare all'esercito multirazziale dello Zim– babwe, che unisce oggi i nemici mortali di ieri. L'Angola, mentre Cuba si allontana . Fra le attività a partecipazione italiana più concretamente efficaci, ci sono, in Angola, la Scuola del petrolio e la Scuola dell'agricoltura. Vi si formano un centinaio di tecnici all'anno, in ciascuna. La scuola dell'agricoltura è su un altopiano che degrada bruscamente, e riprodu– ce sul pendio terrazzato tutte le colture possi– bili nel paese. Noi operiamo con insegnanti, con materiale didattico e informativo (un cen– tro stampa sui problemi dell'energia, per esem– pio), con l'assistenza sanitaria, e naturalmente con la miriade di iniziative volontarie cattoli– che e laiche. Anche in Angola l'Italia ha avuto una posizio– ne autonoma, confermata dai fatti. Stati Uniti e Sudafrica sostenevano che i cubani dovessero andarsene prima che si potesse parlare di paci- ficazione nella Namibia. Quanto a noi, ritene– vamo che una cosa è il dissenso politico sulla presenza dei cubani, altra cosa è mettere giuri– dicamente sullo stesso piano l'intervento dei cubani, chiamati dal governo legittimo del– !'Angola, con la vera e propria invasione suda– fricana nel Kunene. Al «vincolo» rigido voluto dagli USA noi preferivamo un «vincolo lar– go», una connessione reciproca fra i molti fat– tori della crisi: il ritiro delle truppe sudafricane dal Kunene; il cessate il fuoco tra Swapo e Su– dafrica in Namibia, il ritiro scadenzato dei cu– bani, ecc. Nel giro di meno di un anno, gli USA hanno, fatto proprio questo orientamen- to. . ,. Due mesi fa, Dos Santos é arrivato a formula– re.il calendario· del ritiro dei cubani. Natural– men te; che si parli di due anni o di due setti– mane, fa una bella differenza: ma nelle controversie internazionali, quando una que– stione di principio e di qualità diventa una questione di fatto e di quantità, si é già andati molto avanti-. Forse non possiamo permetterci di dire che abbiamo influito: certo, abbiamo visto più tempestivamente di alt~i l'evoluzione obbligata -e positiva- della situazione. ·Oggi molti segni.fanno pensare alla possibilità, e addirittura all'imminenza, del riconoscimen– to del!'Angola da parte degli USA. Italiano brava gente? Gli italiani sono benvoluti davvero. Tranne quando sono scambiati per sovietici, e o~ni FINE SECOLO e SABATO 23 MARZO - ~ 35 Una Samaria,un consiglio comunale,del Niger accoglie la delegazioneitaliana tanto succede. (La gente vede male i russi, for– se perché i russi sembrano vedere malissìmo la gente). Nei mercati ti fermano e ti dicono "Sandro Pertini Paolo Rossi" -c'é una mania calcistica incredibile. Fra i gruppi dirigenti Pertini é popolarissimo -anche Andreotti, che prima di andare al ministero aveva girato tutta l'Africa come presidente della Commissione esteri e dell'Interparlamentare. Gli italiani sono espansivi, si sa. E poi, c'é il confronto che conta. Senti cosa ho visto a Nouakchott, la ca– pitale della Mauritania, una città inventata di sana pianta nel 1966, per 60.000 abitanti, che ne ba oggi 800.000. I cinesi costruiscono il por– to (i cinesi fanno sempre cose· monumentali, che garantiscono di durare -lo stadio e l'ospe– dale, in-genere). La costa é priva di insenature, finora si scaricavano le ·navi con le chiatte, buona parte del carico finiva in mare. Dunque io arrivo lì mentre é in piedi il cantiere cinese, 2.000 operai, tutti maschi, tutti vestiti allo stes– so modo. Sono stato accompagnato da un gen– tilissimo ingegnere, gli ho chiesto che vita fa– cessero. Stiamo nel campo, mi ha spiegato, siamo com\?letamente autosufficienti, non usciamo mai, per due anni. Chissà come si sentono quando tornano -ho osservato. Chissà se tornano -ha borbottato un altro visitatore- alla fine magari li buttano Via. Una goccia nel -deserto In Mauritania ho fatto 300 chilometri nel de– serto, e i primi 150 erano di deserto recente, con spuntoni di alberi qua e là -l'immenso ci– mitero di una foresta. Ci si commuove a vede– re come si strappa un lembo di sabbia alla de– sertificazione, come si deposita una "goccia nel deserto". Ci sono recinti, fatti di arbusti locali, con accanto piccole serre. Le piantine mettono radici in contenitori di plastica, poi vengono trapiantat~ nel recinto, circondate da un bido– ne sfondato, che le protegge. La sensazione della sproportio_pe assoluta degli sforzi é spos– sante. E tutt~via il deserto lo puoi fermare sul serio, puoi salvare sul serio la strada. In un'oa– s( ho visto un esperimento privato, le piante crescono direttamente nella sabbia, e ci sono due orti, per accompagnare la variazione sta– gionale dei venti. Il deserto· sta seppellendo le "5 città sante" lungo il cammino della penetrazione islamica, compresa Cinguetty -é quel posto bellissimo dove hanno girato "Fort Saganne". A Trento ci. vado sempre'. A Trento ci vado sempre, quando posso, non ho mai voluto diventare romano. Certo, sono cambiato. Forse, la sostanza é che ci si convin– ce che non é mai un bene produrre rotture nel processo della storia; che le rotture uccidono le potenzialità di uno sviluppo positivo. In fondo la rottura, come la chirurgia, compie sempre qualcosa di irreparabile, alla lunga, anche quando é necessaria, e giusta. La moltiplicazione dei pe- • SCI Si discute di cooperazione usando _sempre la vecchia storiella: se uno ha fame gli regali un pesce, o gli insegni a pescare? Ne ho visto di pesce buttato via, in Africa -non c'é modo di conservarlo; questo sì che é un ambito concre– to di cooperazione. D'altra parte, é stato un sociologo italiano a riferire di un programma della CEE per passare dalla pesca artigianale alla meccanizzazione: invio di motori, adde– stramento meccanico, pesca decuplicata. Poi gli addestratori se·ne sono andati, loro hanno buttato via i motori, e hanno ricominciato come prima. Quello che non gli avevano inse– gnato era il concetto di accumulazione.

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