La Difesa delle Lavoratrici - anno VI - n. 6 - 25 marzo 1917

L-1 DIFESA DELl,E LAVORATIUCI DONNE ~ [)<t •• Le ,lournnl dn Penl-1le ..). La vedo ancora dinanzi a me come ella era. nel suo rnstito severo. nel suo w.,t ito da 3uerra. Ella pen."8ra. da n'ero èhe biso– gna ri Eunciar e ad ogni apparenza di friro– lit.ù. e che ormai non ci si re~te nè per il thè dow si ,fer rnzza, nè per il thè doYe si ehiacchiera; <lonna lJOrglli'~e che rice,·e. che si dù a serie letture ha trornto nella guerra una conferma della suct forza e della sua autorità: essa ha 01·a cura di anime. inse– gna importanti rerità morali ai so ldati feriti che saperar .o solam ente di aver fatte tantt! trincee e di avere udito t.anto rombar cli can– none. Ed es....~ndoqueste w·rità unive1·sali essa le im,egna an che ag li orfani e ai piccoli pro fughi. Ella ,;er_te di compiere una missione non sa da che part.e rifar si; la s ua rit.a è piena; nella. sua antica.m era. nei suoi sa lott i pa~– .-xrnouomini con buste in pelle che le fanno tirmare carte importantissime. Se S. fran– l·C.$,CO di Paola fo....~estato orgog lioso arreb– be forse con~c iuta la feiicitit che essa prova. a u fare il bene )). Che cosa erano le sem– plici opere cra1t.1i tempi? Gli anor.imi buoni <lei pane? i buoni dei carbone? Un balocco , osì poco eccitan te come i giornn i pittori die essa im·itaYa a pranzo. perchè è neces– .-:,ario conoscere de.gli aiiisti. Oggi ella fa delle medicazioni ed insegna qual e è !"ideale. io le dicern delle modeste ed e,·identi Ye– rità. cercarn di far le comprendere che i sol– nati i.egli ospedali non possono oµpoi,-e la loro modesta espe 1ienza dei mestiere della guen·a alla conoscenza della !(Uerra che han– no le donne. " Quasi tutti gli uomini, le di– ee\·o, sono coraggiosi. o almeno inerti da– vanti agli obici, ma pochissimi osano espor– re la loro opinione se essa noie è conforme alla credenza uni,·ersale. alla comin zione l'nmu0€ : e quegli stessi che impiegano la più costante µerseYeranza per evita re ii per icolo personale mostrU-!lo con la maggior rio lenza la loro irdìe:nazione contro coloro i quali dutì:ano della santità della '4l]erra "· .-\g– giun:evo poi timidamente che ii rischio che si impone a~li altri. e che loro :::-i consiglia non è in akun modo para,;-0nahile a quello a cui •i espone la propria person a. .-\ queste mie oSSfrrnziooì ella e,i,sse la c:ua figura gueniera e: ,, Io ho un tìzlio . mi dis.~e. se e.gli pensas.c:e co~ì.. prefe1·irei ~a– perio morto! ... » . Seppi dipoi che ii giorco ste.<soaYern fat– to att i,-e prat iche perché suo fi!{liofosse tra– "ferito ,[alla fronte ad un posto non in pe- 1ieolo. nelle retmvie . Ipocr isia? .. \"o... nep– pur o_uesto: sarebbe troppo ,e mpiice. trop– r,o conforme alla reechia psicolo<ria delle !rac;Pdie che diYìde l'anima umana in pezzi. poi la ricompone. Ouando ella mi parl ara e-redo fosse ,in– <""ra: for-cealtrettant o , ìnrera di quar.cloten– ta, -a di salvare il proori o foriiuolo: ma era una piccola anima. E,<a amarn suo fic;lio. perrhè ,; ama i I .ftffJpr; o figlio: r·rer!p,·a alla guerra. perchP si crede alla ~erra. Le verità romunì, le Ye– riti,. nece-,a.rie alla , ila non sono neii"arìa c·he si re,pira. EIJa ,-ole,a la gue1rn. ella q Jrn,·a il proprio Jìiclio : r-om<' altr e rn nno nello ,te s.<rJ tempo rlall"ama nte e rlai ,-nn– fe, sore. L'tdtr a vire in UL S0nt co:'Jo appa.rtanwn~o r·irc-<,ndato da un giardino. nei quarti eri nuo- Yi; ella possiede rendite, case. automobile, . poichè e.ssa ama gii uomini .. gli uomini elle fai)b1icano le munizioni. Essa porta ai sol– dati le sigarette, i dolci e dice con tono pie– toso _ct•i donr.a che propon e una passeggiata. alcl11arordi luna. " Ah! comerorreia ssistere ad una bat.tag1ia! n Ferocia?. \o ... nepp ure. Etla non pensa ad aitrn che act un bello slan– ck.1. ad una ilT{'Sistibil c forza ad una. furia Yìtturìosa : ii luccicare degii ~echi. il iucci– n~r clèì <·annoni. Le chiedo semp!lccmcnte: u Potre<.;te \'Cderc u1. morto? )). Ella mi guar– da co111t.i se le avess i rivolta una domanda brutale, che cosa può l'ispondel'e d"altroncle alla mia. assurda interr ogazione? Che rap– porto esiste fra l'as siste re a una batt.aglia e il ,·edfi·c un morto? La guena al cineÌirnlo– !:?rafo. la guerra nei giornali è riprodotla :-.enzaquella cosa ,~igida cho è un cadar erc. \ on Yi sono ca.darcri. ma solo eroi. che, animati da. una sublime rcrtigine. offrono la Yita! " l'n mortof mi r isponde. Oh!.. no.. non dormir ei per chi sa quante notti. " \"o. ella non è fe1'oce. soltan to ella ha un·anima da appendice. .\l a altr e donne sanno che la gucna, eia quando non è più un semplice aneddoto di– na.stico. è ai di là di tutti i problemi che essa pre.;euta, ai dì lù cli tut.ti i problemi che la. hanno causata. Ques!o ~a.nno:ch e fra le guer– re e le cause diplomati che. economiche e mora li ,·i è lo stesso rapporto che esiste fra l'in cendio dì una foresta e la distra– zione del fumatol'e che gettò lo zolfanello non spento. E:-:..~~:anno che la guerra è la Q'.uerra , e nulJa. più: e la loro elementar e pietà coincide ~con la saggezza d'i uno storico che non ~i la~sciasse ingannare dalla st.oria Queste donne non hanno perduto. nei cata– clirma generale, la loro ragion e. la loro sen– sibilità. E fol'se esse sah·eranno i'umm1ìt:it domani, perchè l'umanità è sakata ogni vol– ta. che un essere sfugge all'errore di tutti. E io ramrn{'nt.o un giusto pcn.siel'o che J,.,,sì in un nrt.ìcolo eh Jcannc Halil\\·achs: 1 Qt1:-rndo dunqup si ricono scrrh rhe non Yi ~nn{J atroc itù nellri ~uerra. ma che tutto ciò chi' npparti ene alla guerra è atroce? li . L. WEHTll. L ·avevano cacciato via dal suo povero stam– bugio, il vecch io muratore che ,per tutta la vita avev a fabbricato case per gli uomini, l'avevano scac cia to senza pietà ,perchè non poteva più pagare l'a ffitto. Era vecc hio ormai : quanti an– ni a-veva lavorato sotto la pioggia! Aveva alle– vato una nidiata di figli che la miseria aveva disperso per il mondo, aveva visto arricchire molti padroni e immiserire sempre più la sua famiglia. Ora gli ritiravano i cenci, che gli av e– \·a lasciato ! 'usc iere , in un pubblico magazzino perch è non ingom brassero la via e ! 'abbando – navano come un vecch io cane randagio. Pen savo a quel muratore sventurato. a tutti quegli infelicissimi lavora tori ai quali, dopo una lunga vita di lavoro, si offre il terribile di– lemma del pezzo di pan e che ] 'arcigna carità pubblica sbatte sul viso. oppure lo strazio del- 1 ·ass oluto abbandono, della gelida so litudin e tra la società gaudente per la ricchez za. la bellezza da loro s.::ess i create. Penc ;a.vo e arri vai cos ì fuori città. Mi fermai ad un prato ch e scendeva declinando al fiume. APPENDICE t9 LA GUERRA RO,!A'.'/ZO DI V SEVO LOD GARTSCHIN I O f; ,11,ant.J f:J,! i ~te~S'J n~ rima~,, rnalr•. P <1rf' \'a avf!"o/~ per<l ut0 un fr,sorcJ affi <Jatog Ji. \ Il a ~ran so~t.a. di rnPu r,~ionH>, a.vevrun o n, 1 ,,nL <i du~ di ripos o. Di St,lito dor,o iJ ih r· i.Hti fi-i addon nenta.va no, r• su l r;am po regna va m:L '.rnrn r·alrn:1. Soltanfo Ja se ntin eJla., chr· Illf, nta.va l:i. g11a.rdia vic inrJ :dia han rliera. r• alcun i 11ffir:-i:di n<,n rlorrnivr.mo. Si stax; 1s<lrai;,– ti, col s:Lr:<:o St,tto il ta.f 1r,, se nz a f-ftfJ"r e se ~i dr,rrniva ,, sr: si r,ra, sv~g li. 11 sr1I<• r·i b1·u,·i:1.vrt H r:<>IJrJ ,~ il ·:i8r,, fo rnos cl w no n ('j Jric:ria.van( ) rr>qujr,. Il s1Jg-nr,si confon deva Cùlla ,·r,:dtù. Dn ,N1M ;,or:r, trm1po r;cmducevo questa vita tant" vi;;,•rs-1. dalh rnia abit.11,.1-I<~. che in qm.J <forrn l– ·p~Ji:-1. nii fH.t1·,.va1<N11JJ.I'<• <H ,10,·,·rm i svrg-li an~ iu r:a--"a mia, nrd mir, art1birml.o farni::dia rr-. .\.fi r,~.tn!Vn r:hP, ,pudfa st.r>ppa, dov,~ le: spinP i-,~fl•:v:Lno postQ <ld J',!rha c..:arr,Jib,'. fnr..:r- prr ,:,,rn,,; 1,rirr:, in!,;iMfJP, :1. qtHd f.<ilr !-Cpir:tatr,. :1 que,J vPntù SPr:r·o, :1 q11r,rrJi lH,rnini in t1m i<'.r1 ri;ri:i r·,,pr,rti di 011'.rre :,. quell,~ :inni ari,. 1nur·dii:,,fr•. Tut.t<, r·iù dr,vr,v:1 r,ç;o;r,re 1111 s<i::,rrtr, sf.r:iw, f: r-i-nd<·l<!. \Jza:P\.i! cr,111,ul'l:t ('.1,11 \·rir·P aJu1, 11111. Jpr, t:1u11•nt1,,. ('(JIJ ~r:Lvitit il n<,st:·,, rii,·c,,I,, cr,rn;J n– rlr111U• t,:1 rbut.o, Tc-hr-1·n<1;:!11.vuf. E la. folla. <J,~u,. ('.arnicir liia.n<:h~ sfesc.-. ,i ,,111ov•·. :'.!liur,mini .1d c,~ranch iscon,, h: m,· mbrri, i rnet.tr, IJ(, iJ c.acc·o in '">JJalla e si uJJiw: an (). Attf·nti ! Pr •·n<Jiamo I•· 11_rn1i. Rieor do an cr..-r a. il num e– i'<J f}ç,J rni,, !,u·i J~ · l f<'f,.1.5. ,Jr,] _Q!l<J r•!1lr,i, ...· ·, e,.,, sedetti sul! 'erba : che oppressione nei cuore, loro. che vergogna mi sali va dalla coscienza! Perchè, mi chiedevo, possiamo resrnr inerti davanri a queste stridenti ingiustizie, a que ste crudelt à atroci? Perchè? Una rondinella mi passò vicina trillando. Sogna i ? certo , ma la rondinella nel sogno mi parlò. « Perchè voi altri uomini siete egoisti e vili: ch i appena ha un bocconcino, anche se a mala pena lo sfama, tace per timor e dì perderlo e per la spera nza di poterne avere uno più gro s– so e anche chi ha comp letamente fame tace an– cora per rimore dì ipeggio. - Intanto sulla riva del fiume un castoro m i guardava: i< Buon giorno! gli dissi )>. - Sei triste eh? domandò 1 sei poco contenta dei tuo i sim ili a quanto pare e non hai torto . Vedi noi siamo bestie , non abbiamo saputo sco – prire nè applicare la forza del vapore, dell 'elet– tr icità, ma nes suno tra noi castori vaga senza tetto. H Si vede che i vostri padroni sono più uma – ni dei nostri, gli osservai ll. Padroni.. ma cara mia siete soltanw voi al– rri dell 'umariità che creare i padroni per il vo– stro tormento e, purtrop,po, anche per quelle di noi bestie che sono così sciocche da lasciarsi asservire da voi altri uomini. Noi castori sia– mo liberi come l 'aria che ci circonda e che cul– la i fiori profumati di questo prato, !iberi come i raggi c.1idi e buoni del sole che ·fa maturare i frutti. che ci nutrono. Noi ci inchina mo so lamente alle leggi della natura che so no poi quelle della vita. Noi be – stie ,potremo essere uccise , divorate da una più f(?rte di noi, ma asservite da essa mai! Tu vedi che il falco può ghermire I 'usignoletto, ucci– de rlo, ma non può mai costringerlo a costruire i! suo nido nè mandarlo a caccia di uccellini per lui . Mi sentii umiliata h·a quelle bestie cosi sag– ge e buone . Prendimi con te nella tua casetta, castoro mio, vivrò dei frutti del bosco ma almeno non assisterò più impotente per la mia vigliaccheria alla miseria prodotta dal! 'egoismo umano. - Signora. si piglierà un ma lanno ·a dormi– re sulla riva del fiume mentre comincia ad an– nottare. Mi sveg liai: una vecchia contadina m ·ave va scossa e mi parlava curvandosi su di me. !n terra. da un lato. aveva un grosso fascio di legna . Grazie. buona donna. e buona notte! le au– ~urai. - Eh, si! altro che buona notte! mi rispo– se; devo ancora pulir e la stalla, annaffiare I 'or– to e· fare la polenta. È -dura la vita ;per noi po– ,veri. sa. ma quel che Dio vuo le non è mai troppo. La guarda i, aveva ! 'aspetto affranto.. una vera rovina umana. Pensai a quello che la ron– dine e il castoro m i a•vevano detto in sogno. - La vita umana è triste perchè gli uomini seno egoist i ed anche pusillanimi. GI USEPPINA MOR O LAND ONI. Alle compagne delle Sezioni femminili raccomandiamo vivamente l' abbonamento e la diffusione del nost ro giornale. Invia ndo L. 1.20 alla DIFESA (via S. Damiano 16, Milano) esse avranno diritto al giornale fino al 31 Dicembre 1917. Abbonatevi ali' A van ti! ntt.o dfg-lì altri €' seg na to di 1m lung o gok o c,11J/a. ,·rrnic e. .\nc vra un com a ndo r il hatt,i. gJione è in 1t1H1'Cia. Pr errdc condo tto a ma.no , il cavall r, ciel con1a.nd.ant e, un J)uledro ba jo, Va.rvara, r ii<· eurva. il rollo r fa ri suona re gli zoccoli. fl r·oma.ndante lo monta . r,,oltant o ndl e ::arandi oc<·asir1ni; di s<J1ito r.arnmin a di etro il suo \ 'ar var a ('CJJ pa.'"ìso rn clrnrn..to di un vero fa n– la,cein o. . \fo .<;tru. in ta l modo a i sold a ti cornr ;1n~·h e il !Ol'(J Sll f)C J'i (JI'(' ~OPfJO l'ti le• loro stcs, p fa ticlw, P i so ldati gli ~ono Jico110M:enU di qnri:;t,~ :1tte11iio1w, Egli <:1m:,;rrva ~empre il sun -.augu .e fr(•cldo, non sr•hf'r:r..:1, 11011 l"ldc rn:ti. Si a lza ;J!l:1 rna tti11a JH'l !)l'imo C'd i• l'ultimo a ,·r,rira.i- ,c;i, Tra tta i .<-11oi uo mini con fl'rmcz za " con 1·ii-;rb 11, non ~j permetti' di JJC'l'<'UO!R1·Ji. ni• rli sQ"J'idarli s<•nz..1 l'agfon('. Si <li<-r anchC' di r p11~;..irunr, 1·ing razia1· lu i SP \\ 'C'ntzr·I non e·(• ne lrn fatto ,·N IC'r mo 11<' dr !! (' .<,:11<·. E <·a.ldn oi:r~i, 111;1, 1wr 1 tr111tr, (·1111H· iPri : 111H1 r·,umn i1Jian10 pi1'1 s11ll,1 \ia. 1narc;;1ra, ma Iun gr, la s1radn f(•natn, 11<'1' u1i: t \'i a strrtt.1. r·osl dir • 11tr,lti ,·,Ln11ni11an o 11f'll 'm·ha.. No n \'i i• più r,Olvr n~ €' d i tn.nto in tanto il cir lo I' sol- 1•:ito da 1,11!,i r• !:adr cp1ald1r Htillrt cJ'a Nru a. '-'fii µ 11t1.rd iarno il cif'lo P ~tPncliarn o la 1Mtn<J if'r r,;r,ntir r s,, piovf'. .\ neJ1,! i ,i tar dntr,r i <l<·l gi<Jrllù inn an;,;i pr cn– d()nr, r·111·:1.ggin. Nù 11 :1bhi :u11,, mo lto da ca mmi- 1rnn• : un a diN• iJJ:L di d lilomc•tri anco ra r poi ti ri pnvJ, ri p<,s,, t:rnto rlPsi<lr ra to TH:rch t• non d11r<·ni 111H1. nott e ~o!Utn t.o, ma. a qu rsta nott e vPrr à. ..i~i:rin11fn 1m µ-io1110. r po i u 11n, n 0tte an– c•OJ'1t. I soJ~lrdi p ii! all "!:.(Ti c:a ntano <' fr a rs si ...,i d h,tii igtH• 1◄'1•dr•1·0\v. Si e.mila la cr lf•JJJ'P ('illl– zone: ,, Ed a Priltn.v a ù'rrn .. urH1.batt ag1ia)). Or,po avn rantato ,e-- co111cuna pa lla scia - <( ,crnl'ata Ja. 1>ru1djprn, dello cza.r - ad un ,'.:- ••. ·1. i> ·11' ,u~i una <•anzone La morale d lla f vola. La comparsa del dottor Ansdmo Ricordi nel salono di donna Laura Molteni, venne accolta da tutti con un 'esp losione di gioia. - Siate il benve nuto dottore, noi ci annoia– vamo a morte senza di voi - disse, stordita– men re, la padrona dì casa. Non credevo di essere così ricercato alla mia erà -- ris,pose sorridendo il vecch io dot– tore. - Gli è che nes suno vi s(Jpera nel! 'arre di :·acconrare favole piene di spi rito e .. - E di morale - soggiunse il medico. - Oh! In vostra morale '. disse ridendo una signora. È diversa dalla solita si capi!:>ce. ma ap– punto per ciò è vera morale. - Sono i vostri sol iti paradossi, dottore - esclamò un giovane - ad ogni modo voi lo ve– dete, tutti bruciano dalla curiosi tà e da!! 'impa– zienza di se ntir vi, il che pro va che i vostri pa– rad oss i so no àiYertenti. - Non credo che lo sia molto la fiaba che -.·i racconterò quesr·oggi. - Non importa , dottore ; raccontate! Anselmo Ricordi non si fece pregare e co– minciò: <e Dinanzi al tribunale di dio con19arvero un giorno tre donne; avevano press 'a poco la stes – sa età, ma appa rtenevano a tre ceti diversi; l'una morra in odore di santità, era una mo– naca di clausura; l'altra era una gran dam.a; ta terza, finita nella miseria e Yissuta nel disprez– zo di rutti, era una di quelle disgraziate cl!e ai nostri tempi, per non so qua:e atroce ironia. si chiamano donn ine allegre. La monaca si gettò ginocchioni dinan zi al tribuna le di dio e cos ì parlò: - Oh! signore iddio, nessuno pili di me merita un premio, perchè la mia vita è stata un lungo martirio che, per !a tua gloria, vo– lontariamente mi sono imposto. lo vengo a te. o signore, senza colpa e senza macchia, come sono uscita dal grembo materno; non sa il mie corpo le carezze imPure, nè la mia anima i de – sideri lussu riosi.. Per te e a te, o signore. ho sacrifkato la mla gioventù, la mia ·bellezza. la mia vita.. io ho passato ne!la veg lia e netla preghiera notti e giornate intere, in ginocchio, sul gelido mattone, ho implorato per i pecca– tori la rua pietà. la tua misericordia. mi sono, o signore, macerata ne i digiuni. ho srraz iato le mie carni col cilicio, ho soffocato ogni mio de– siderio. ogni mia aspirazione .. - E per queste pene sofferte. quale male hai tu commesso? - E quale male avrei potuto commette,-e, si.gr :or mio. se non ho mai veduto altro viso che quello delle mie compagne. ed altr o luogo ,:-he !a mia cella ed' il chiostro? - Oh,! dun -que quale merito hai tu nei! ·es– se rti conservata ipura, se son mancate le occasio – ni di peccare? Solo è onesto colui che sa tem– prar si nella lotta ed usc ire dalle téntazioni in– tatto come la sa lamandra dal fuoco.. A chi è giovato e chi ti ha chiesto il martir io che ti sei imposto? CredeYi che il tuo dio ti avesse ge– nerosamente donato la gioventù. la be llezza, ta vita, perchè tu ne facessi un così inutile spre– zo? Hai tu elargito qualche gioia? Hai nt ve– duto so rridere qualcuno a cui il tuo affetto aves– se arrecato conforto? A chi fosti utile e chi ti fu caro? Come hai tu compensato le cure af– fett uose che tUa madre ha avuto per te? Tu non hai procurato che dolore a lei e a chi giu– stamen te avrebbe voluto per te un ·esistenza diYersa: tu hai oltra ggiato la sublime maestà del ruo dio , ritenen dolo così ingiusto da giudi – care gli uomini non pe r le loro azioni, ma per .-;r•m.a senso comune ma. ricca di <loppisen si. molto in \'Oga tra i soldati. La 1nia Liso la conosco ha sul fi anco un grosso neo l'altro gforno in me.:;:;o al boscn t>addenlò uno scarab eo oh! quel bosco lo conosco ,. lo ht,slia su cos' è... Dopo w•niv a la canzone storica su Pietro il Cr a.ndc. u 11 Senato n 1ol lo czar ,1. P oi, per con cludere. la canzone del re-,..,.gi– m rnt o : Quand o il bianco c.::ar compare 0 _ Alf' s.<wnrfro impf'nllor - ornumo deve in auar– rliri star e - ognun deve farsi onor - e saper fr1rs; lodar ,, - da Alessandro impera lor. Th1•r111oyla.:;of Cllpilano - gran sign or ri(Jido ,, huon. - sempre .r::vealio svelto e sano - ma- 1w 1·rw ,,, il l>attw1lion - (JaloJJ]Jando fo1·te e pi mw a cai;aflo fra i perlon. , r-~\,(rz ui lan t cos ì per unn. cinquantina di fi"t'<lf'ro ,v - domandai un gi orno - perchè ('antnt r tntlc crue!Ie sc iocch ezze su Lisa? E gli (·ifa i alf.re ca nz oni tanto stupide e ci– n.ic.h~_chr il loro stess o tini ~mo non aveva più ~,gmfìr a to e non fo1m av a. che una accozz~g lia di p ~1rolP ~ nz a. s€'nso. ' - Si <'antan o cos ì, tant o per cantare Vla– di m ir ),lir-nil ov iic h ; e poi non sono c~nzoni q11Pstc-, nia. una g inna stica per il petto. che– r-i fa cam min are con mag-zior lena. Qua nd o i ca ntori sono sta nchi la musira cn– ,n inei a a. suon are una mar cia -chiassosa e aJ– J~ ra1 c~~i c·~e si can:mi?_a con n:iag~ior spe– d 1U'zz~. rutti , an che 1 !J)1t1 stan<'h1, rtp ig-li ano <:oraggio , ~a.ttono il _J>asso , mant engono le di– ~~~~~ze- •"cl ,1 ba tt ag hon P non è più 1·icon!)sci- tfon 1f.,,,1n).

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