La Difesa delle Lavoratrici - anno VI - n. 1 - 14 gennaio 19

le giornate nei campi . con davano le due lire e cinqua n ta dello stabil imento; ma pe,· un loro c1iwrio di re latiYilà non hanno di– ritto di fer1na,·e l'ascesa de i compag11i di la– Yoro e molto meno di afTamarli oggi o nel- 1· avvenire. Il posto occ upa to, ora, da m:igliaia. di don– ne negli stab ilimei:ti d' Europa ru ol dire il fronw per altr ettanti uomini e, per moll,i cli e%i, la. morte. Tull avia. nessun odio per le donne che sono poi . in gran part e, sore lle e spose dei comba.tten ti . ma se, spiegato il fe– nomeno , se, rimor oyerata a noi stessi la pa-– ea cura che avei-nmo ai te1npi buoni, di or– gar:izzarl e in una massa disciplinat a e con– :-.:apevole, non sappia1n o osare parol e amare per loro1 non dobbiam o però ,·olere che si mettan o tra gli uomini e la Yita.. anche do– mani. I prezzi di ba.se cli lavoro. prat ica li dalle donne. contente del miglionp nento venut o ai loro guadagn i , YO'JTano clire sem1)re la cEsoc– ,·upazione per gli uomir.i , per chè la prefe– renza sarà data sempr e a chi. larnranclo per po20. debeirmina un maggior guadagno _u 1- J"inòustrìa Je : e ,lue donne rn lgono. nella maggioranza dei casi. più cl~ un uomo solo. L:t mancanza dì spirit o di combat.t ~vità e di cosc ienza di classe . l'abit.udine a serv ire e a ricor:oscere come benefattore colui che la fa larnrare , u'enderebbe la donna sempre pii, accetta dell"u omo all 'indust1iale : al qua– le ~emb re rebbe cli aYere già \in t-0 una grande battaglia, non dovendo lottare con la con– sa.pern le alt erezza degli uom;ni . E gli uomini dovreb bero adattarsi, per \·in.cere la concorrenza -, a ri mpi cco lir e se siessi; ad i1:ùlire il loro larnr o, ridu cendo anc he per se e per le famigli e, le necessi tà della Yita. Donebbero tro,·are come prem io, dopo es– sere passati tra gli orr o1i della guerra , chi ha p1-&o il loro posto e pr eparata la pri– ~ioae al loro spirit o che, nei giorn i in cui pa:;.sa\·a la morte . aY€Ya pensa to ad altri m li. Le donne non debbono voler .questo . Non debbono rnler lo: perché. per la mir abi le ,·o:1catenazioi1e esister:le tra i fenomeni e perc hé- il proleta riato, è uno solo. es.sé sof– fr 'rebbero d!èll"abbassat o !i,·ello della ,ila m2t.eriaJ e e mora le a cui la disocc up azione ,.,. il prezzo ,i le del lavoro condanner ebbero !"nomo; non debbono rn lerlo. per quello spi– rito di car ità gentile e affeti usa che nella rlonna non muore e per il qual e, a chi ha m1lip pP. rto . si yugl dare un compe~~ – ,un gfa un nuorn clol6J'è. - ---- La guerr a, in cui mat urano certo an e– nimenti gra.n.di &Saimi,deYe maturar e anche b spirito d'organizzazione nella donna. la ,ua coscienza di classe , di compagna del– l"uomo. non solo nella vita mate 1iale. ma nelle ardue lotte dello spirito e nell'a.scesa ,~rso la perfettibilità. Al Cristo fiammeggiante di San Paolo suc– cede nel Il secolo, il Cristo dei Sinottici (van– geli di san Matteo , san Marco e san Luca) Giu– deo povero, vagament e comunista, che quasi su– bito diventa nel quarto Vangelo (san Giovanni) i:.r.a. specie di giovane Alessandrino, discepolo rss ai debole · dei Gnostici... E più tardi si ebbe il Cristo dominato re di Gregorio Vff , il Cristo sanguinario di S. Dome nico, il Cristo capo delle bande di Giull'J li , il Cristo ateo ed artista di Leone X, il Cri.sto dei Gesuiti, il Cristo protet– tore dell'officina , difen.sore del Capilale e av– i•ersario del socialismo che fiod sotto Leone XIII e che regna ancora. A. F RANCE. U\ , DIFESA DELLE LAVORATR1Ci Come dobbiamo educare i nostri bambini t< Due ~quad re di l}imbi. giuocand o a lla e. po chiss imi hrunn o l'abit udine d"int eress ar- protezi one. Ingannare questa fede è un de!itto p guerra, si lanciavaJ10 sassi a guisa. di bombe ~i co n am ore all '€{1ucazion e .de.i figli- Lavo - Ogni madre proletaria , conscia della propr ia. a maJ10. Un Yecchio comm esso che pass ava ra re per loro , per nulr i,~li e vest irli , perchè missione, àeve curare ed ,attendere in modo spe- ricino.. . ai combattenll. fu ferito al capo da ' abb iano balocchi e libri .se sono fortuna .li e ciale, con ;,azienza, con lede a questo suo com- uca snssa.t.a_ ~e a,·rà per clie·ci gior ni )). godi11Q1 tutta la loro do lce el ù, qu esto sì, gJi oito di educatrice. Cos ì la crona ca b1·eve: nuda , com 'è pie- uomini Jo sentono come un dov ere ed una · J bambin i vedono in noi adrulti degli esseri colo il fatto elle 1 HCéO@lic. Un eomm esso fe- gioia. ma stud riarn e !"ani mo, in{liri zzar ne i ;:,erfe tti. Lo provano le frequenti domande. g!i 1·ilo in un giuoco d~ fanc iulli nun può offrire ser.t imenti con un 'ope ra as sidua di esempiÒ eterni ed imbarazz anti i;ierohè, l,a smania e \ 'ar~ ricc'hezza cU pai tìcola 1i a nessun c1·01nisla . In e ct' insegnan 1 e,nt.o, non entra nella loro vo- dore ohe mettono nell 'imitarci- queslo tempo non olfre neppur e mat er ia di Jontà e, sp , issimo, neppur e nell"e loro al- Bisogna quindi cercare che ogni nostra ri- ronsicleraz.ioni . Edmondo De·-Amicis ha com- tit.uclini. L'uomo che si fo,,na nel fan ciullo. sposta sia facile. chiara, precisa; tenda ad uno mosso pa r ecc hie ger:erazioni di bim t}i col r ac- la for-za soc iaJe di domani , da lle famig lie scopo, lasci un buon ger me nel! 'animo del fan- conto del vecchio mezzo ac cieca.t.o da una 11011 é considerato ,. ciullo. palla di neve dava J1ti a cui , il monello, che E invece, è considerato dalla scuola ; spe- Quasi sempre l'educazione e le impressioni l'ha colpito jn volontasiament.e s'inginocch ia (•inlmonte in quest' ora. E in che mod o! provate da bambino , hanno un 'influenza grandis- sospinlo minaccia to da•i pugn i di molti uo- Semp re, noi ablJiamo gridata\ contr o il po- sima sul cara,1tere di un '-uomo. mini , ma , ora., chi oserebbe gridar e c~nt ro la r·o rispetto che la scuola ha del fanciullo. Cerohiamo quindi ohe queste prime impres- sassa .t.a tocca ta aJ commesso? . ennt.ro tutto ciò ch'ess o gl'insegna d i falso. sioni siano e~senzialmente b.uone. Educare i Citlù e pa es i osp ita.no le loro folle di fe- di so rpa ssa to, ed uca ndo lo ai dogmi rl"i una bambini non vuol dire im;10rre· loro la nostra riti. Visi pal1idi , entro le bend e biar.c he, si morale che noill è emana zione <li leggi ete r11e \ o!ontà; e saper educare non vuol dire per nien- affacc ia.no a lle finestre degli echifizì converti ti ed ogni giorno laFCitl per la str ada qua.lch e te sapersi far temer ~ li metodo di tante rnam- in ospeda le; sui t,rams, aJ cinema tografo, a r·o.~a di sè. me. le quali educano i fanciulli a base di busse , tea tro può esser nos tr o vicino un so-ldato che di castighi e di severità, è un metodo sbagli-a- cammi na a fati ca o regge al co llo il bra ccio, tissimo. Qu~te donne , riusciranno sì a farsi te-- llOJl ancora libero dalle fas ciatur e;, nei giai·- mere ed obbedire, a piegare caratteri indocili, dini de i pal azzi e de lle vilh~ figure dolorose nn non riusciranno mai a farsi amare . di mul -ìlati si ri scaldano all ' ultimo sole di Fa male e disgusta il vede r madri sempre se- a ut unc o ; e o:,gn1unodi no'i, alt.re quello st ra- vere. ohiuse coi propri figli ; come ·pure è- pe- zio . YCcle incom m ensui-abili 011·or i. Chi può no~o vedere bambini timidi paurosi , troppo do- badare a lla benda, che fasc ia la ferita del cili, i qua li tremano davan'ri ai .genitori , as;,et- comm es.so? tandosi sempre una sgr idata, uno schiaffo , un .-\ casa sua , s'eg li ha parenti, avranno im - castigo. Non facciamo del franciullo uno schiavo; preca!o contr o i monelli che rendono perico- non paraliz.ziamo ogni suo slancio con un regime Jopa la s trada , contro le famiglie che ve li Famigliu, strada, cinemat ografo , strunpa , di ferro pesante. insopportab ile. Bisogna stu- lasrliano e la scuola che non lì sa distogliere. teal10. tutto parla de.Ila guerra , perse,,<>;ue il diarli con amore. i fanciulli, studiare tutto ciò Però i monelli non sor.o responsabi li e la fa- fan ciullo uovunque , gli accende la far:ta.sia, che passa nelle loro testoline ; fare in modo che mi glia e la sc uola non possono dir e. gi pi e- rendendo lo già div erso da se stesso . La sc uo- e~si non ci temano , ma ·abbiano in noi confiden- coli feritoli, le parol e seve re che do,vrebbero la dovrebbe e;;sere il tempio sereno in cui za e fiducia, siano sinceri ed aperti, dandovi cosi l'enderli vewgognosi della ferocia. del giuoco. si smorz-a il bragi co clamore, <'d offrjre un la possibilità di poter leggere nelle loro anime. In dive rso modo , la famigli a e la scuola ·t'efriger io aJla piocola anima accesa , rìco11- ed a,utarli, consigliarli, cooperare perché ogni sono respo11sabi~i del guasto dhe va com- ducendola a ciò che fu ieri e a quello ,che loro sentimento buono, generoso, possa svilur,:,– piendosi nell'anima dei fan ciulli , del domi- saTà domani. Perchè il doma ni verrà. E in- parsi. Credetelo. alla madre, tnolto più ohe alla nio che il fascino della violenza prer,de su di vece essa completa l'opera della stnula diel maestra è facile e possibile questo compito. essi. cinemat.og1·afo, del teatro e della stampa. E La scuola non basta ad eàucare i nostri figli. La fam iglia dà poca importanza aI faJl- perchè? L 'insegnante , JPer ,quanti sforzi faccia, per r iull_o che considera so lo nel presente , per Per l·a patria e per le sue vitt01ie? No. La quanta buona volontà ed -energia esplichi nell 'at- le prnccupaz ioni e le dolcezze che arr eca . patria di oggi no[}può giovar si di quei;ti fac- tendere alla propria missione, potrà insegnare la Pur chè cresc a sano , senza quei difetti che oiulli. II loro ard ore è destinat o a consu- storia. la geografia, il bene ed il male còsi su- fan.110 pr esa gire l' uomo vizioso, inetto a vi- ----nia.rsi in se stesso. La forza degli ese rciti perficialmente; m·a non r,:iotrà mai studiare ad· rnr-e, bandito da§li altri uomini, lo lascia a.s- combatten ti e l'a dattam ento dis ciplinalo del- uno, ad uno i caratteri e ·te tendenze dei propri sorbir e dall 'esterno i sentim enti e le idee .che · le popolazioni non dipendono clag]'inn i che sco'.11ri.La mancanza ·di •tempo. . Il programma "ù f!}_çjlmect e filJJ:rano ).!:l_ ll!L,_J;h,e~JlllJ:11am_n_J,l.w-sCJJQk <Aè.,4;i,J~rl'Q)wdc u.,s,ii I · •o 1 pori.a alla maOre ch'ègh costruisca \rna ca...sa/ J, guerra, suso:1tato nei fanc1ulh . fida1 non glielo permetto no. s ull'a rena mobile del mar e o giuochi alla' La souola noo compie opera €flìcace per -il Facciamo noi quello ohe la Scuola non può· guena? Pur chè non t.qrni troppo sudato o prese nte e sba glia il suo compito per J'a v- fare. Un errore grandissimo e molt-o diffuso è ferito, purché - molte volle le madri pen-= venire. quello di nascondere ai fanciulli la vita vera corr sano prin cipalm ent e a qu es to per necessità Non ass icurano tut te le Nazioni in guerra tutte le miserie, ingiustiz ie e brutture . o per inconsapevo le egoismo - purchè la.sci di voler preparare la ,pace duratura? Non é Figli di proletari, un giorno proletari essi -pu- in pa ce lei.i o pu lita la casa ogni giuoco è la visione di un 'èr;a di tranqui lli tà , nor. per- re. i nostri figli c!ov,ranno vendere come ven- lecito e bello. Che co15a, si s viluppa nell'ani - corsa da mina ccie, da fra i(ore d'ar111i, da diamo noi, ora per ora il pr09rio lavoro al ca– mo del fan ciullo, la madr e nor: lo sa e non soffi di bufe re , che a.iuta a persiste re nel sa - pitalista ; anch 'essi dovranno unirsi e lottare per lo cerc a. A sen tirl o parlar e dì battaglie , di crificio spaventoso? E se, come grida,10 tutti non venire maggiormen;e sfruttati ; come la no- nernici, di vittorie , e vederlo erigers i cam,._ coloro che si YOgliono chiamare idealisti, se stra anche la loro vita non sarà nè piana nè fa. pione di una causa e piccolo eroe sanguina.- i padri muoi ono per la pacè , per ché , i figli cile. rio , ella sor rid e per il giran co nt.ra .sto ch' è t.ra. che dowranno goderla , si, educano alla guer- lnsegniamo dunque ai fanciulli la vita vera. la pre sur;zione della sua forza e la paur:a di ra? Non bisogna svisare la verità , ,permettere e una scalfittu ra, del buio, dei fenomeni per O libmià, libe11à, t.orna agfi spiriti! cooperare çhe ;1 bambino si formi del mondo , cui non tre mano le anime pjù pavid e degli M. G. degli uomini e delle cose ,un concetJo sbagliato. adulti. ♦ ♦ irreale e chim erico. E' bene che i fanciulli sap- J i padre non sa qua.si ma i come passi le piano da· noi quello che devono sapere. .<:,ue ore il figliolo. Già, in questo momento. A noi donne specialmente spetta ii difficiìe Non facciamo dunque , o madri , dhe i nostri molli non potre bbero saper lo, poichè son o compito di educare i bambini e di farne degli figli entrino nel mondo con un fardello inutile a fa re sul serio la guerra che i loro txìmbi uomini. di falsi pudori, di false ipaure, di sen timentalism i fanno per giuoco ; ma anch e rim ast i non Io Piccoli esser i, deboli , fragili, es.si vengono a sciocchi , di utopie e chimere . ';anno. Gli uomini r.on hanno l' ab itudine del- noi semplic i e fiducios i, senza domandarci chi Non facciamo che deboli , inesperti ed inei-ti la casa , neppur e se il lavOirò non li obbliga siamo. di dove veniamo; in noi ripongono la loro alla lotta cadano al -primo urt-o. a starne lonk 'l.ni per gran part e del gio r110; fede per un bis~gno istintivo di tener ezza , di APPENDICE 14 - Quante volte te. lo devo dir e best ione di lasc irure l' acqua in ca.mera, la ~ott.e. C'è 1 da fia.rsi gela.re il naso cosi_ Asino ! col_o, e s_i _(1 slan cia n colla figlia del maggio re, net \'Ol't1c1 della danza. LA GUER RA ROMA;,;zo D[ VSEVOLOD GART S C HIN \·enne poi l'ordiné del giorno del reggirn.en– fo, stampato in lito.;,rrafìa, e Stebelkow consta– ti., con piacere che il suo turno di servi zio non t:ra molto pros simo. - Ma <:os'è questa innovazione? s-i domandi) Jeggen<lo la se~ru1;::ntenot a: ,, Allo scopo di mantenere sempr~ freschi gl i studi dei sign ori ufficiali, invltù il capitano Yerrnolin e erl il sottotene nte Pefrow a comin– ciare la pro ssima settimana: il primo, un corso di tattica, il sBcondo, un corso .Jj fortifi~ cazioni, Le ore dei corsi che si terranno nBJla &ala delle ri unfoni degli 1Jffiçiali 1 !-anmno an– nunci ate con avviso speciale. - Questa è buona! Andar e ad impararP 1.at– iica e forti ficazioni; come <:f" nM1 ~ nr~ fossr· già presa un' in<lig~tione a sr:uol:1! ).'"on ~i irn parerà nh>nte di nuO'\·o. nfJn ~i farh r,hr- ri– petere IP antiehe lezionL.. Do[J0 a,·er letto J'ordjne <]PI J.?foi-no P finito il the, .,\Jessandro ~Iicailo\"ikh inr,aricò Nikit a. di portar via il sam9v ar e si mic:;ea fabbricar sigar ette, continuando infatkabilme:nte Je suf'. rifl ess ioni sul passato, sul prr-sPnt.e, suJJ'a,·– venire, sop ratutto, ChP gli fa(·eva spHarP, f-P non le grasse ~palline di generale, almeno le ben nu trite spalline di ufficiale superiore. Quam:lo ebbe confezionate tutte le sigaretie, ~i sdr aiò su l letto e lesse la Nivn dell'anno pre~ redente J?nardando IP illustrazioni rhe f-fl '.•eva a mem~ria, ma srn za c:altarr'. una rig;i di tP- sto fino a quando f056e la sta nche7,z,a del leg– gere, fosse I 'effetto delle sieste 1P,rolungate, si assopi anco ra. - Xikita. ! chfamò . N ikit a s'al za subito dal m ant ello stc.s<Jnel vestihc,lo f•he gli serve da letto, <' corre verso il signo re. - Guaf!da chr· ora. fa.. Sn. dammi in vece l'orologio_ Nikit.a prende cautamente dalla tavola. l"o– rologi/J d'a rgento da lla. cate nella di simi loro, e <lor,o ave rlo cùnsegnat,o ~l pa<.lrone, torna a distendersi sul suo rnante Jlo nel vestibolo. Un 'ora e mezza ... è quasi tempo d'an dare rt. far CQJa1.,ione,pensa Stehelkow, car ican do il suo oro lf,µio crJlia chh1.vir-ina di ra m ", chr porta all'rf.trcrnilit superior(•, un rt di quelle r,if'.('OJP fotografie che Ri guardanrJ attraversCJ rid 11nr1, JpntJ-,d'ingrandimento. Ale~,;;andrrJ :.Wif'.alc,ivit<-11 gwu· rJO la fotografln socf•hiuden d<J J 'ocehir1 ~ini!-tro r• sorr ise. Ch~ h<•!Jr, r:of-;rsi fnnn() al giorno d'oggi! Comr fJOssnno fw•,. dellP coi-inr• Urnto min11- J,-..? r,<·nsù_ ~fa. l>i!-oi:tn:i m.11,n'Pr.'::i. ~ikitn. ! ;\'ikita aC<'O!"S('. Dammi r·h'ii, 111i la.\i .\"ikit:i porti, nella rarJH•r I nn,, ~g-aJY•llo rli JP~flù bianf'.q r•m 1111 (':Jtinn rrl unrl brrrr:1 ,\le<-,<;:rnrJro) f i<·a.ilovil•·IJ si n<·r-irn a far~ un no' rli rmJizfo. :\la iwp<'na c.,flr,ri, <·oJlr• m~rni 1•~1<''Jil~J g-Jii:ir·ria, ,c.rridò: Ni ki ~a rcolla pe1lfett.a co&eienza. d' ave r tort o, non clice nulla, ma col mass imo ~elo versa J'a.cqua. s.11J e ma ni del suo IJ)adYone co1-ruc– ciato. -- Hai s.pazz ota,to l'u niforme? - Certo, certo, vostr a graziaJ 1ho spa,zzola- i?~nf~~~e ~, 1 ~~ \~, pd~e;l~ 11 ~~1~~rf\u~ ~~t/='~~~~! rlistesa Sll.lla spal liera d 'un seggio la. Alessan dro :'11ica ilov itch, iprirna di rivesti.1·– ~ne, esamin ò scrup olosa,m.ent.e il _pann o ver de cu po, e vi tr ovò W1 ato mo di pol veTe. - C0s'è que!.to. cos 'è? Ed è spaz zolato? I~ ..co&i che fai il serv izio, idiota ! su, su spazzo– JaJo ancora! Nikita. torn a in ant icam era , e si m.ettc a rispazzo lare la divisa con raddoppia– to fe1·vo1·c. Stebc lkow dal canto suo, col sus– !--.i<lio di un pic colo specc hi o e cli una. pom ata :un glie resc prepara i suoi baffì e li ap·punt isce alfa perff'zionc. Quando i m11stacchi so no rigidi a dovere, il rurn orr c81·ritte ristico della spa7~zola con tinu a rt farsi !.<'-nlirr in anti camera. Porti-uni J'1iniformr: non la vorrai spol- 1\-l'l"CL1·,, Dm, al gior no drl giurlizio ! Arr iverù ancora in ritardo per ca.us~ 1 tua, pezzn <l'a– Fino. Si abhoftonn aUentamentP la di visa. si nl– JaN·i:1 l<L ~ialJoln, niette k soprascarpe di J?Qmma, il m::rnirll<i, rcl esre in islra.cla facen <In 1·is11otHll'f' il fodero sull a pirtrn gelidn. del 1n:1rri a11ir<1, 11 rr-;to clella giorn<1ia pas-..a nr l fai' co– lHzir,ne, nf'l legg-ne 1 Tnvalid o russo, n el chiac– <"hirrare coi ra1J1erati su11r promoz ioni e su– i:,di stipe ndi_ La ,nrn. Alec:snndrl) ?\1icailo\"ltcll va nl cir- Torna a ca.sa , la noite , mol to ta rdi sta.neo 1111 :po' alti ccio per qualc he bic chi e;in o tr a: cai,rnat o nella serata ., ma. insomma, piena– ment e soddisfatto. La sua viia rpassa fra gli ese rcizi i a-iornJ di serviz io, gli accantona m enti estid e 1~ ma – novre: CJ:Ualch e volta anc he, ma assa i rar a– anente, ci sono le lez.ioni cli tatt ica che non si possono evitare ... passan o cosi an ni ed an – ni, senza lasc i<1;re su lui alt r a tra ccia che nn legge ro camb iam en to n ello tinth. del ~uo viso 1 nello spessore dei caipelli , e nel numer o di ste llette sulle spa lline : du e, tre, qu att ro ... Che fa. in ta nto Nikit a! Hesta il più del suo t.empo sdraiato sul mantello presso la stufa. e s' affret ta a ubbidir e alle in cessa nii chi am a– le del suo signore. Alla mattina il lavoro non n,a nca: acc end ere la stufa, pre;parar r il sa– "wvco-, portar l'acqua, lucida re le sca rpe, f-/))Uzz_ol arc gli aJ)iti, vestire il paiel.rone qu an– tl.o ~1 alza , scoprure e m ettere in ordin e le ~tanz e. Questa ultima or ~11pazione, a <lire_ il vero, non gl i ru ba molto tem,po, .perc hè il m o– bilio si compone un icamente di un letto, di una tavola, di tr e ~eùie, di uno c.:cvffale e di nn hm1le. ).fa almeno una a.ppa renza di -la– \"OJ'O c'è; quanrlo il padrone è uscito comincia iin-cce ·per lui una.. in trrm inabil e giornata. nrlln cpiaJ,-. il suo solo dove1·r è non far nul – ln.. e q11Psl,i stato d'in e1•zia non ha alt ra in– terrn Fione <"ile quando Nikita \·a a cere-ar si il irancio in casermn (Continua 1. monamento a nuo alla "Difesa., l. 1,50

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