La Difesa delle Lavoratrici - anno III - n. 17 - 6 settembre

CONIGLI O Lo chiamavano tutti così, in paese, ben– •Chè fosse alto e robustissimo. Lo chia ma– vano così perchè quando i suoi compagm parla vano di guerra gesticolan do, accesi in volto , con delle ari e da gradassi, egli scuo– teva il capo e diceva lor o calmo calmo : - La gue rra non arricchisce mai nessun pa ese, neppure quello che vince perchè do– po non resta più danaro, nè per far e andare avanti le fabb rich e, nè per i commerci, nè per ragri coltu ra. La guerra lascia rovin e dovun que senza i mez zi finanziari per ripararvi. Lo chiamavano Coniglio perchè al Sinda– co ed al Farmacista che gli avevano detto: - La gue rra è necessari a per alimentare il coraggio nel cuore degli uo mini, lui po– vero operaio che aveva frequentato solo la terza elementare, aveva invece risposto: - No, non è vero, la vita dà mille occa– sioni per educare il vero coraggio. Quello che spinge a desiderare la guerra, così per avere la gue rr a, è spavalderia incosciente, o ferocia bestiale. - Coniglio, parli cosi perchè ti preme trop po la tua pelle! - gli gridavano gli amici . - E' un senza Pat ria - sentenziavano i pe~zi grossi del paese. Era passata la mezzanotte quando nel paese si udì un rombo orr ibile come se a– vessero sparato contempo ran eamente cento cannoni. Che cosa era mai acca dui,o? TuLti furono in piedi. · La causa di quel terribile rumore fu su– bito scoperta; un pezzo di montagna si era sta ccato e s'era ape rto un baratro nel qua– le erano tramite la frana ed un cascina le. Dall'enorme spazio non saliva che il mug– gito flebile di qualche mucca . - Se sono vive le bestie forse si può sal– var e ancor.a qualche persona, osservava qualcuno. - In casa c'era la i\1enica coi suoi du e bimbi - soggiunse un altro. - Sicuro, rispondevano tutt i - ma nes– suno si arrischiava a calarsi giù in quel buio precipizio dal quale ora sali\·a il go r– goglio di una cascata d'acqua dovuta forse a qualche torrente devia to dall a frana. Il tempo passarne tuLti si guardavano in voli,o siìenziosi collo spavento negli occhi . .-\d un tratto s'avanzò dal paese un 'om– bra nera, era un uomo che portava una lunghissim a e grossa corda. - Coniglio! - esclamaro no tutti. Il giornnotto assicurò un capo della fune ad un macigno, si legò l'altro alla cintola e scomparve giù nel baratro . Pa55arono "TiinJti d'1n~i:1 ~art.aie. Giù dal fondo non saliva più nessuna voce d'anima– le. Xon s'udiva che uno scroscio pa uroso d'acqua. Ad un tratto la corda affrancata al masso oscillò , poi scomparve sull'orlo del baratro un uomo. era lui, Conig lio , tutto insanguinato che portava in bra ccio du e bimbi. Cadde esausi,o col suo fardello sull'erba, il sangue gli usciva a flotti da un a lar ga ferita della testa. - Bravo, bravo - gli diceva il medico alcuni giorni dopo rinnovandogli la fascia – tur a - hai avuto un bel coraggio. - Diamin e, - ri spon deva semplicemen– te Coniglio - non c'è niente di straordina – rio, doveva lasciar morire due bimbi sen za tentar e almeno di salvarli? GIUSEPPINA ::vronoLANnom . APPDWICE 21 Pagine d i vita Il babbo mi osservava; mi trovò qualche vol– ta sola a piangere nell'orto. - Rimarrai con noi - disse. - Tuo marito mi scrive in modo così banale ed urtante, che io non ti lascerò più tornare da lui. Una volta o l'altra potrebbe succedere una catastrofe. Gli ricordai che ero incinta, sapendo che le condizioni -finanziarie della fa.miglia erano assai ristrette. - Si farà come si potrà! - prosegul sospi– rando. - Tu, pensa che sei a casa tua, con tuo padre e tua madre .. e abbi coraggio! Pen sai al mio Arturo, ma non aggiunsi al– tro . Pov ero padre mio! Egli si accorava molto per me, per la responsabilità grave che si assumeva, per le minaccie di mio matita, pel mio avvenire, per quello dei miei figli_ E tanto si accorò che non dormiva piu, non mangiava qua si più, aveva un tremito nervoso che io osservavo straziata ,dilaniata, per esserne la causa involontaria. Mia madre era seria e mi guardava in un certo modo! Le mie sorelle poi, mi facevano tacitamente, responsabile del– la tristezza che gravava sulla famiglia ed io, Io c:enti,·o bene! Ln di mio fratelJo si ribellò ad una parola dura di mia sorella Aglae: - Fossi io, ella m'av ea detto, fossi io infelice, sconterei da so– la tutta l'infelicità e non vorrei mai che mio LA DI F~S A DELLE LAVORATRICI LA CHIESA E LA GUERRA - Sai che cosa disse il cu rai,o nella pre – dica di sta mane? E' inutile dar la colpa del– la guerra, agli uni o ag li a!Lril E' dio che l'ha mandala per punire i peccatori e spe– cia lment e i socialisti che non credono in lui. - Oh, giusto questo Iddio che invece di puni re i colpevol i fa am1nazzare a m iglia ia buoni e cattivi, rei e innocenti, e in odio ai socialisti semin a la strage anche fra i suoi credenti, anche fra i ba mbin i che non balbettano anco ra e che di socia lismo non ne posson sapere! - Ma Dio sa lui quello che fa e noi dob– biamo piegarci ai suoi impersc ru tabili vo– leri! Così disse il curato. - Oh, como do questo sistema per non compromette rsi davanti a nessuno! Si sa, la guerra spavenl,a molla gen te e nessu no la vuole . Ma scoppia: ed è stato il buon dio. Questo non si rivo!La ali accusa infame. Ma quel sant'uomo di Fr ancesco Giusep– pe, imperatore d'A u3tria , è tanto attacc ato alla chiesa cattolica che non bisogna toc– carlo! E quel bel mobile di Guglielmo im– peratore di Germania se non è ca(l olico, bi– sog na tenerlo amico del Vaticano giacchè lo è, e lo ha dim ostrato mandando un bel leleg ramm a pe r la mor te del papa; e lo czar di tutte le R.ussie e gli altri coronati e i pez zi grossi che vi stan no inLorno, se pure non son cre denti han no però nelle loro ma – '"'-i lJ. forza armata e bisogna tenerli buoni Orrori guerreschi. Una città distrutta! Ve lo immagin ate corn,- 7Jagne?E' una sfida alla civillà; è il colm o degli obbrobri .. Pensate ... migliaia di 7Jer– l sone scacciale alle loro case, gli uomini J)ri- 1 gionieri /ucilati, le donne, i bambini, i ma– lati caricati sui treni, la fame, la pazzia, la morte/ Pare un orribile sogno ! Ed è tanto più terribile il pensiero di non ,? ter far n11l/a 7Jer im7]edire che il misfa llo si rinnovi ougi, dor,iani; e non po ter far nul - la sen za provocare altri mostruosi delitti! E pensare che le mani semina trici di tan– to duolo eror10 ieri mani buone che carez– zavan le madri, mani gentili che sfogliav a– no le pagine di 1.tn libro, mani oneste che irnrrugnavano lo str1.tmento del lavoro fe– condo. J/1.1,raanità impazzisce! alle barbarie tede - padre, nr:ppur lo sape-:se! Piuttosto che gra– varne gJi altri, rni anneghetei I Alcide le rbp<J$e crudarnente: - Tu? Tu ! non avresti avuto neppur la millesima parte della forza di re~istenza di questa martirizza– la! Tu , non f-òainulla della vita! Tu sei una bambola. Io so chi è il marito di questa povera creatura: io ho visto più volte le sue I agri me e assistito alla sua coraggiosa fermezza. Non ella ha confidato i suoi cr11cci, 1;1aio che com– prendeva ed altri anco ra. Ella avrebbe sempre taciuto! Intanto ·tutti eravamo preoccupati della sa.– Iute di mio p:idre: il suo lavoro fatiCO'-;o, il caldo e la preorru oazione assillante per mc, per i mezzi insuffirienti, gli avevano procurato un esaurimento nervoso ctie ci teneva. in un'tin– sia penosa. Jn pae"e tutti lo r11navano e ognu– no cercava di ve'lir a dish-arlo, lo invita.vano qua e là, s; preocrupavano di lui, lo consig-Ji:t. vano a far passep-,cdate, a ricrearsi un po' lo spirito. Ed egli sempre più s'accorava, sentendos i mancare !e forze, le energie; teinendo dover:::i lasciar soli, c.enza il suo ~ostegno, il suo con– forto. Io decisi di recarmi da mia suocera ch'e– ra am.malati-sima, sperando che la mia Ion– tanan1;a, :tVrebbe potuto sollevare il povero uomo dall'inr-ubo dcl1a mia tristezza, del mio pallore. La suocera era condamnata da un male grave, inguaribile, lento: era molto nervosa; il caldo era ~offorante; in quella camera di ma- ~f !~ ~~fc~:~l~~ ;;~lrt:i~;~~!. da capogir i; sof Qualche lettera di Beppe finiva per ridurmi alla disperazione Sapevo di non essere stata confermata al per non far nemici alla chiesa, alla chiesa di quel Gesù che fu messo in croce per pr e– dicare cose che non piacevano ai ri cchi e ai poten ti della terra.. Egli infatt i predicava la gue rr a al regno della gue rra e i preti del – l'oggi pr edicano la ra sseg nazione ad ogni guaiot - E non è meglio dunqu e rassegnars i se non possiam o evit..are le sciagur e che ci ca– pi Lana addos so? - Fin che le radi ci della rassegna zione non saranno esti rpate dall e povere menti, non potremo infatti trovare la forza di rea– gire conlro colo,·o che ci stanno al di sopr a . Bisogna renderci conto di ogni cosa, cer– care le cause dei nostr i guai, odiare i col– pevoli per liberar cene. Se i preti interpr e– tassero la vera legge di CrisLo, gettere bb ero prima l'anatema cont ro tutti i responsa bili o pochi, o mo!Li che sieno, del delitto im– mane che è la gue rr a e spa rgerebber o nei fedeli di Cristo il seme della rib ellione fe– conda, che quegli sparse per le vie della Gali lea. Ma in tal caso essi sa rebbero dei sovversivi e sa rebbero messi in croce come avvenne appunto di Cristo. Il che non sa– rebbe pia cevole li pare? - Mi par e, in verità , ma come è possi– bile lib erar ci da tanti pot enli e creare una sola fa,miglia di uomini come voleva ap– punto Cristo? - Baste rebbe che gli uomini si liberas – sero dalla cieca ra sseg nazio ne, basLerebbe che tutLi i lavoratori comprendessero che cosa vuol e il sociali smo! sca sopraggiunge la ru ssa, dente per dente! Che si deve pretend ere da 1.tn 7Jopolo semi– selvaggio, quando un popolo colto , civile va a certi eccessi? La gu erra ripiomba tutti al livello dell e belve feroci. D·ur,wnità imp azzisce! Dov'è un ragg io di luce a risc hiarare le tene bre? Dov'è una vo– ce di verità che richiami gli uomini alle lo– ro sembianze uman e? Ahimè , tulio è buio, tutto trema. La bel– lezza, la bontà , il lavoro, l'arte, la poes ia, non sono 7Jiù nulla : la voce del dirillo è quella dei mortai 4.20 di nuova invenzione. La terra piange, piangono le anime nos tre . Oh, meglio, meglio 7Jer coloro che sono già andati, per coloro che rip osano e che non vedono .. E' for se vi ta la nostra? Ah, guai guai, se non avessimo la buona spe ranza di vedere, il doman i, la giustizia erigersi sui cumuli di tant e rovine! GI.<IBLE. mio posto dj maestra: pregai il cugino di Beppe di cercarn1ene un 'alt ra, di aiuta rmi ad ottenere una nomina qua lsiasi prnvvisoria, in qualche c-omune della provincia, Oe11ari per f~tr dei concors i, per far tutti i documenti in carta bollata non ne avevo e non osavo chiederne a nessuno; energia per an– dare, raccomandarmi, muovermi, neppure. Tornai a casa . I I papà era un po' rimesso. Fu a trovarci un suo antico scolare ch'era stato a pensione qualc he anno nella nostra famig lia e ch'era assai i-icco. Egli aveva sempre avuto per me un'affettuosa deferenza: aveva delle aziende prosperose; essendo senza ragioniere, mi chie– ~e se volevo per alcun i mesi presta r l'opera min. Accettai subito e passai presso quella famiglia qual che setti n1ana di pace, Javoranùo volent ieri, e trattata come una princ-ipcssa. Ma pensavo al rnio caro bi111bolo11tano i! al prossi– mo, Poco lieto evento. - Brppe mi scrisse che tornassi, o egli non avrebbe riconosc iuto il nascituro. Riflettei molto: ma Je condizioni dell8: mia famiglia , la sa lute di mio padre, il pe°:s1_ero dei birnhi, la precarietà della mia. pos1z1one, il modo conciliainte e remhstvo del. le leltel'r di Beppe, mi convi nsero a torn:.np E tornai: JJresso a mio 1narito v'era llno zio m?-terno ch'egli aveva preso quale aiutante, ma d1 fatto, erano sempre a casa tutti e due e pareva. ll0n avrs.c:1eromolto da fare. Io rico– minciai il mio lavo ro di casa, assiduo e pre– muroso. Lo zio rni prese a voler bene subito e mi di– fendeya timidamente dalle sturi ate di Bepp,, ~n. g10.-no mi disse che egli aveva molti de– biti e che c'era qualche ammamco di cassa e qualche sindaco si lagnava fortemente· che la sua posizion e era vacillante. ' Un episodio confortante. Fra tante notizie atroci che ci portano i quoLidiani, ci piace stra lci'are que si,o episo– dio tolto a una corrisponde nza dell'Avan ti! dai paesi alsazian i, il quale ci appare come una piccola luce nella notte buia: - « Chi sa che sa rebbe di noi - mi di– ceva Una donna - se non vi fosse ro i sol– daLi! - Tedeschi? - Già, tedeschi. Essi ci aiutano; ci dànn o il lor o pane , ci port.ano f\no a casa buoni pezzi di carne, min estra .. Gli è che, in fon do, vedele, quei sold'ati, se non avessero la divi sa 1 se non fosse ro co– stretti a seminare la mort e, sarebbero in fondo buoni ragazzoni 1 forse un po' troppo fieri d'essere tedeschi, ma mica tristi e mal– vagi. La gue rra li t1'asfo1ma 1 ecco tutto. Perchè là dov e aiutano le famiglie italiane indigenLi è l'anti ca,mera della guerra.. Non sono, cioè, ancora trasmuta ti in belve ! ». Voci proletarie In questo mom ento così grave che sta at– traversando l'Europa è duopo che le donne proleta rie facciano sen Lire esse pure il loro grido di esecrazione e di orrore per la stra– ge dei popoli che sono staLi scag liat i gli un i conLro gli altri, per gli interessi di pochi coronat i e che se viv ranno, non avranno in compe nso da queste guerre, che una mise– ria pi ù nera e più squallida. Se poi pensiamo alle madri di quanti so– no stati sacrificati, di qua lunque nazione siano, noi sentiamo il gelo dell'orrore inva– derci il cuore. Pove re donne! avrete sac ri– ficato vent'anni a far e di questo figlio un ga lan tuom o, lo avrete cresciuto sano e forte a coslo di qualunque privazione, lo avrete forse strappal o alla morLe da qua lche ma– latLia, ed ora? Ora che poteva col suo lavo ro ricompensare le vostre fatiche, il naziona– lismo guerrafo ndaio ve lo rapisce per darv i forse una medaglia al valore della patr ia, quale amaro compenso! No, la gu erra è Lroppo odiosa, se deve portare con sè tant o pianto pe r un così mag ro compenso. E l'Il,alia? Noi che ancora siamo in tem– po a salvarci da qu esta rovina fatale dob– biamo imp edi re con tulle le nostre forze che l'Italia esca dalla sua neutralità. Mise– ria e sacrifici non ce ne mancheranno, son o già incominciati; la crisi che grava su ll'l– Lalia dall'infau sta guer ra di Tripoli s'è fatta anco ra più acuta, operai licenziat i, alt ri più fortunati che lavorano mezza giornata o due, tre giorni per settimana, officine che si chiudono per mancanza di mate ria prima , emigranti che ritornano in pa tri a ad accre sce re ancor pi ù la miseria, bimb i che muoiono in viaggio, donne che si sgravano sulle strade, uomini che impazziscono. Ba– sta, basta , son già troppo questi orrori, sen– za bisog no di enume rarn e a.Uri. , Siamo noi antipatriote? No: l'amiamo an– che noi la nostra terra , ma in un diverso modo, l'amiamo e la vogliamo ricca di in– gegno e d'inte lligenza , ri cca di ind ust ria e di lavoro , ri cca di operai coscienti e sani, ri cca sop ratullo di scuole e di coltura. Ec– co come amiamo la nostra patria, come la vogliamo. Solo quando non avremo più la pia ga dell'ana lfabetismo , quando avremo di mo!Lo diminuito la tubercolosi, il rachiti– smo, la deficienza, !"alcoolismo , i mali por– laLi da ll'ignoranza dei popoli e dalla noncu– ranza dei gover ni , potremo dirci content i. Abbasso la gue rra! viva l'internazionale socialista che unisce tutti i popoli, di tutti i paes i in solo vincolo d'int eressi e di ledei ANCILLA V ARÈ. L'epoca del parto si avvicinava, io ero in– disposta, ma non mi lagna\·o e non man cavo ad alc:uno dei miei doveri di massai:7: Beppe era sempre più bru ta le e villa no. Lo :•. o, na u– seato del suo contegno, un mattino pr(:sto pa r– tì, lasciando detto ai vicini che non poteva veder maltl'attare una povera donn a ch'era una santa, in quelle condizio ni. Intanto venne la rnotizia della mor te di mia fiuocera. Beppe vi andò subito. V'era una pie... cola eredità da dividere colle due sorelle, giac– chè il padre era morto improvvisame nte poco ternpo prima. Egli era stato a casa già allora: voleva be– ne ::-t c,uo padre, ma colla madre non aveva mai avuto rappo rti troppo cordiali. Pei suoi debiti giovani li, chè ne aveva fatte parecchie nnrhe da giovane, ebbe una quota ac,sai infer iore della sostanza di casa e appe na avuta. andò a sciuparla in una gita di piacere senza ritornare a casa. Io ebhi dei telegrainmi da un sindaco che rich iedeva una certa somma dovuta al Co– m une e che niinn..cciava a IJl'endere delle gra vi misure; dei creditori che venne ro a farmi delle scene; di gio rno in gior no dovevo mettermi a letto e non n.vevo un ~oldo in ca<::a. Le di lui sorelle mi 1·isposero meravigliate eh 'eh non fosse tornato od almeno avesse avvertito dove era. Feci ricerca, scrissi ed egli rispose con una villania. Tornò col peculio ridotto a metà , sufficien te appena a pagare i debiti più impe Jlent i. E nacque la povera mia bimba. Rip:ende1~0 tosto Arturo che aveva già tred1c1 mesi e la bambina mettemmo presso una povera donna che ci abitava vicino e alla quale era morta la sua. (Contìnu"a}.

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