La Difesa delle Lavoratrici - anno III - n. 10 - 17 maggio 1

PER I PICCOLI E v'era un ·omino così piccolo, cosi p ic– colo che passava per le fessure degli usci , scend eva della slretl.e gole dei camini ri– posava di nolte negli angolj scuri dell; ca– rn<>rette dei bimbi. ·El li adorava. Quand o li vedeva piangere soffri va. Di notte li cullava con sogni dolci , ma vi erano dolori di bimbi davanti a cuj La sua bontà e il suo affetto erano impotenti. .Una notte in un lettino gramo, quanto piangeva una fanciullina! E l'omino cantò più dolce dell'usig nolo. per quietare qu el pianto e quella disp erazione infanti le. Ma la piccola piangeva. · 11 Non senti che ti canto come una mamma dolce? " domandò il nanino. La piccina desolata rispos e: re o· fame » L'omino curvò il capo e non -cantò più. Un altro fa~ciullett.o piange . Ed a negli ,occhi una seri età precoce, un grande dolore per la sua piccola ani ma. L'ornino gli dic e - Gioca. Ecco il cavallino che t' à comperato il babbo, ecco la bar ch etta d el nonno. Vuoi metterla nella v-asca? O vuoi far rimbalzare la be\la palla colorata ? No - risoonde il bambino - soffro. Ma perchè? 'l'u ài tutto quello che vuoi , una bella casa. dolc i. giuocattoli e il giar– dino. Poco fa una bimba, più picoola d i te piangeva per la farne. - Il babb o e la mamma non si ama no - disse la pi ccola creatura do !ent e 1 non si di– cono che parole amare , ingiuriose . - E' tr iste - disse il nano. Ma tu li ri– concilierai col tuo affetto. - Senti, nanetto , non posso, ò sentito dire una cosa troppo cattiva : - La bimba abbas– sav a la voce . •- O' sentito dir e dai dom estic i che la mamma no11 à mai amato il babbo , vecchio e brutto. che l'ha sposato perchè lui aveva t.anto danaro e lei era povera . - Il denaro è una maledizione - diss e il nano. E non cercò più di consolare il fan– ciullino. Ecco un 'altra ragazzina. Torna dallo sta– bilimento e à un viso accigliato, non sente neppu re le com pagn e che scherzano e ri– don o «•La gioventù - le dice il nano - deve esse re lieta. Ridi e godi, non sai qu ello che ti serberà la vila, poi. - Sono infelice - disse la ragazzina - ---- sdiup,l"nello sta bilim ento, in un lavoro dur o, la mia salut e., la mia giovinezza e il mio in– gegno. Io volevo stu diar e, ero la più brava a scuo la, ma i mi ei genitori sono poverissimi , m i devo guadagnare subilo la vita. Disse il nano: - T utti dovrebbe ro avere nella vita il di– ritto di scegl iere quel lavo ro per cui ànno voca zione. Al lora solo il lavor o è gioia e be– nedizi one. ?via come mai la vita che pu re è cosi bella vi dà tanti dolori? E a lungo il nanin o meditò. Un giorno chiamò a raccolta i suoi picco li amici. E lutti lo segui rono per rntte e balze, attra– verso a cam pi fioriti , a stradette ripide dove l'omin o com pariva e scomp ariv a tra i ce– spugl i dei fiori, i sassi montani , i sen tieri na• costi dei boschi. Arrivar ono in un paese lontano. Vi erano ca se bianche , basse, soleggiate , gia rdini e fiori , e ovunque i bimbi ridevano e cani.a– vano e giuocavano. E ness una preoccu pa– zione par eva gravasse sulla loro vita. - Ecco il mio paes e - disse l'omi no. Noi sia mo felici. I bimbi giocano e ridono nel– l'amore e nella gioia, nell'attesa di lavorare. Il lavoro qu i non è mai un oeso. un a con- , danna, una necessità dolorosa. li lavo ro è la salute la forza, la bontà , l'amo re. AP PE NDICE 18 Pagine di vita -- - - La curim ,1.tà mor /J0sa delle femminucci ~ che venivan o a vedere Ja povera morticina e qua– si a pasc ers i del mio dol<Jre, mi infastid iva ed esasper ava. - Ho bisogno di resLar sola con mi a madr e - di58i aspra, recisa. - Ma non potevo pia n- gere. lo vedevo davanti a me il nero, il vuoto, n· nulla . Ancora mi sentivo legata a queJla fragile spoglia di bimba e pensavo con terr,,re che me l'avrebbero portata via e che non po-. teva esservi che la foJJla. - E la po·. er ;J mam– ma per togliermi a quel cupo mutism o, mi par– lava della bimba ... , di lei..., perchè la commo– zione del ricordo avesse virtù di raddolcire quella disperazione, di molcenni il cuore , di farmi parl are e piangere, di torn armi a un d-0lore umano. - L'abbiamo torturata , povera bimb .J.l dis– se - tu volevi provar cento cose per sollevar– la; anche all'ultim a ora i pannicelli cal di. .. e... ti trem ava n le mani. .. - e vero - r :sposi - nepp ur l' abbiamo la– sciata morir in pace! - L'avr ò scottata forse ..., le av rò fatto male ... - Oh, non sentiva più null a ormai... - E dir e, che neppure ho potuto, dedicarmi tutta a Lei, salvar la, strapparla alh mort e! Se .non fossi stata costretta ad abba ndonarla per la scuola, non si sa rebbe malata, non sa– rebbe morta !.. 1,,; l!,f<'FS -1 DELLB LAVORATRICI I bimbi che venivano dal mondo inguisto e cat tivo guarda vano attoni ti. El il nano d isse : - Voi avete anco ra un nemico da combattere , un nemico terr ibil e che v'insidia la vita e la felicità. Ste rm i– na telo, odiatelo , abolitelo. - Nano, nano! chi è questo nemico? Quan– do saremo grandi lo vinceremo. - Il dr-naro - disse il nano. Esso semina il disamore, l'odio, l'inf elicità. Quando sa– rete g randi rico.rdatelo. Bisogna imparare a combatterlo. In fondo ad ogni vostro do– lore, io ò visto appiattato questo torvo ne– mico. Disprezzate lo. Quando non vi sarà più il denaro l'amo re libr erà il volo così allo, così alto che la felicità , la bontà e il godi– mento oieno della vita non avranno più · confin e. Salutate lo que l giorno , ragazzi. Aspetta telo! "· I piccoli con negli occhi la visio ne_di quel sogno luminoso gri darono: ((Evviva! u. 11 nano riDetè : 1c Evviva! >). E gli parve che quell'es ercito di crea ture che s'affacc ia– vano alla vita fosse la promessa sicura del domani La nonna. Voi dovete anche crearvi nelli'ordine mate– riale un·esisten;;a meno precaria, meno dur a; dovete combattere la fame, e fare in modo da assicu .rare alle vos tre donne e ai vostri ftgli il necessa rio, che non manca, fra tutte le cr eat·ur e, che all'u onw solo. Ora per chè gli manca? Perc hè altr i assorbono il trutto del vostro la voro e s•inara ndiscono : rD'onde viene questo male? Dal . fall o che ciascu:no di voi, privato n el - suo iso lamento dei mezzi per stabilire e sostener e una c·oncorren:a reale tra il canitale e il la vor o è la sciat o sen;;a di– f esa all'~ vi dità di qu elli che cercan o solo di sfruttar vi. Come uscirete da qu e.çla funesta dip endenza? Unen dovi e associandovi. Quello che uno non può, dieci lo possono, e mille anco ra m"(Jlio. Il castoro solitario vive ci mala pena n el prim o buco che tr ovo sulla riva del {ì:ume; associa lo ad altr i castori fabùri ca attra – verso la corrente comode e vas te dim.ore i11 cui vivo no lutti nell 'abbonda n:a. Ma alcun a associazione è possibil e, alcu na associazione può vr osperar e se non e basala sulla conft– denza comun e, su la probità, la condotta mo– ral e dei suoi membri, e su 1ma ,W(J(Jia eco– nomia. L'in giu stizia e la malaf ede, la 7Ji9ri– zia e l'in temp eranza la di stru oger ebbero im– mediatam ent e. in lu oao di 71rodurr e l'unità d'a: ione diventere bbe una causa 71ennanente di di srr,r dirt e d'ini'lnici:ie. / ,11 nrolico ri ao- - E tu m i spinge vi, fin negli ultimi dl, a corr eggere compiti anch.e a casa, a lavorar per la scuola , ed io non potei tenerl a sempre ne l mio grembo, baciarla, sa ziar mi di gua rdarl a, di indovina re il suo male, cli infonderle l'OJ1i· ma mi a... Sia maledetla anc he la scuoln!! Che mi giova ora ? E non sa,revo che perd end n lei perd evo tut to? M'avv icin ai alla bimba e mi chiusi più fe– rocemente nel mio silenzio. - E mentalmente promisi alla mia rovera cara che niun pen– siero io avrei potuto accog liere che non fosse di dedizione a.ssoluta al suo rico, do, che non fosse di rimpianto, di nostalg ia d sperata. - E che m i aspettasse ... pr esto, presto. Torn ò a casa Beppi dopo a lcune ore: egli aveva porta to delle bottiglie di lichene, un paio di scarp ine belle per la piccina. Gli but– ta i le braccia al collo piangendo. Quale str ,– zio quelle scarpine tard ive! Le posi sul suo letti no; and;t i a cerca re delle foglioline di el'– be odorose (fiori non ce n'erano in qual rig i– dissimo inverno), e coptii la bimba ; andai a prendnrn dPi _ving'lli, delle cate nelle d'a.rgen– to che le mettevo al collo perchè si trastu lJas– se.... le taglia i una ciocca di capelli, uno dei suoi bei riccioloni castani: . quale imp ressio– ne di gel-Oquella rigidezza ma rmorea!... Ogni mia sovreccita zione sva nì e caddi in una pro– str azione suprema. Da allora mi las ciai con_– durr.e come una bimba; mi spoglia rono, mi ri– vestirono; io non sapevo più nè pettinarmi, nè lavarmi, nè pensare. Mio marito mi gu 'trdava pietosam ente e mi dimostr ava moltrl. delicatez– za; mi porta rono a Saro nno ov'era lui. poi a Milano: eg.i c.... stringev a me e mia madre ad Piccole e grn.ndi "erm1 La povera vecchia macchina , che tanto ha oucito ·sotto l' occa io vigil e della cucitri– ce, non regge più alla concorrenza. Altre macchine più belle e più compl esse, leggere e veloci, atten dono là dentro nell'opificio la mano agi le e _svelta che ne aiuti l'ope ra meravigl iosa e fantast ica. La cucitri ce la– scerà la sua vecchia macchina e la S'ua po– vera casa per entrar-e , il mattino , nella gran– <Jiosa fabbri ca colle mille compag ne di fa– tica . - Maledett o iJ progresso! - essa dice poichè la strappa alle sue abitudini. Eppure no; la scienza non si dovrebbe ma ledi re, it progr esso non p uò essere in ul– tima anali si causa di danno . La cucitric e che ha faticato gli ann i della sua giovinezza ,sul vecchio e duro ord igno , che ha costrette . le gam be ad un'improb a fatica, che ha dovuto lavor are la notte per ragg iun gere il minim o necessa rio di paga, trov erà nella fabbrica una macchina più do– cile, un orario più fisso, una paga più si– ·cura.. msa del dovere e adunque una cond izione indis pensabile dell'associa:ione. Ancora pi'U: il dovere ne è_ il principio generatore, essa nasce dal dovere spontaneamente; perchè in real.là che cos'e se non la fr aternitd stessa or– ganfa:ata per tendere pi'U sicuramente e piit. pienament e verso il suo scovo? Coltd che non ama che se, che non pensa che a sè, con chi si associerà mai? E com e èoncepire che quello che separa possa m·ai unire? Le parole stesse sono contraddito rie. Voi dir ete: È vero, l' associazione sarebbe un potente rime dio ai nostri mali; ma q1t.elli che prof! ttano dei nostri mali, sopporteranno il rim edfo? Getteranno le loro le(l(li tra cia – scuno di noi e i suoi fra telli , e tutti i nostri sforzi ner ravvicinarci saranno vani e le vio– lenze ch'essi provoch e1·anno in.fallib1lmente cont ro di noi aggraveranno ancora la nostrct miseria. Ed io vi dico: Vogliat e solam.. ente, e le leaai inique disparira11.nO au•istant e e la violenza degli oppressori si romperà cont r o la vostra fermez za inflessibile e giusta. Niente resiste all 'unione del diritto e del dovere. Ri– cordatev i dei castori . ·voi siete disp ersi su le rive del {l.ume: unitevi, conoscetevi, ed avre te ben 7Jre::;to opposto una diga che non potrà ma:i. rompersi alle acque rap ide e pr of onde. L\MENNAJS. andare qua e là, nei caffè, a teatro. Era un I suprem o tormento: egli pensava di distrarm i e spingeva mi a madre a trascina, miv i. Mn. ella sentiva bene che era uno spa simo per me e procurava di opporsi: - I-la bisogno di qui eLe, dì silenzio, di par– lnre della sua bimbn, gli diceva. Avevo tent ato invano di resistere. ~on ave– vo più volontà. - Inta nto la mamma era richiamnta insis tenteme nte a casa dal babbo: non sapeva decider si a lasc iarm i, ma vi el'a costretta. - Tuo marito ti vuol bene; è assa i preoccu– pato della tua salute . Pr ocura di vincertij egli ~élrà ~uo.no; il dolore lo ha certo migliorato: rncom1nc!erà una vita nuova per te. -, E pl'imr:i,di partire, buona madre! mi died e po– che lire per una ghirl andi11a al nìio tesoretto, un l'icordo ~uo, alla povera u cea n. Ma. appena il treno si fu a llontanato, Beppi cambiò tono con me. - Bada - mi disse recisamente - non ho neppur ta.nti denari sufficienti per tornare a casa in terza classe. Quel 1isveglio cosi crudo a lta vita, alla real– tà, mi fece batt ere i denti. - Hai speso molto in questi cinque o sei giorni, dissi. - Perchè? lo ti ringrazio della tua pr-emura, ma avrei tanto desiderato rima– nere a c -:i.sa! Pazi enza! - Ora, che vuoi? Che dohbiamo fare? Torni amo a piedi. se vuol - Nel tuo stato! Tu a madr e ti ha dat o ourilche lira; vediamo se può ba.sfare. .Lo guard ai tr asogn ata., con un'e spressione di viva cont rnrietà; egli bestemmi ò forte; io gli porsi il portamonete e inghiottii arnaro . Mi pa- Ma troverà sop rai utto l'ambiente in cui si form a la coscienza del proprio diritto e della soli da rietà collettiva. La vita ristretta nelle par eti domestiche .abitua alla rassegnaz ione, all' egoismo, alla pigrizia; la vita della grande fabbrica apre la mente a più larg hi orizwnti sociali. J.l progresso ha per ogni sua tappa le pro– prie vittime, fra gli esseri più meschini , che vengono sba lzati da luo go a luogo, da la– voro a lavo ro. Ma infine dà sempre un a spinta alla elevazio ne delle classi più mi– sere. Carlo Marx ben sepp e sint etizza re le leg– gi del divenir e sociale: sono le trasforma– zioni econom iche che determina.no · nuovi sta ti di coscienza e soltanto rnercè la co– scienza di classe , sarà possibile converger e al beneficio di tutt i quelle conqui ste della scienza che oggi servono a favorire i capi– talist i. Quando la proprietà pri vala, sarà dive– nuta secon do i postulati del socialismo, la proprietà collettiva, non si domanderà cer– _tamente ',alla donna un -Lavoro superio ra alle sue forze, nè sar à necessar io chiedere alla rnad-re il duro sac rifizio di lasciare la culla , nè si ass isterà al disumano spe tta– colo di vedere la donna sofferente o per età o per malan ni , faticare la lunga gior– nata o nelJa, casa o fuori , per gua dagnarsi il pezzo di pane 11ecessario giorno per giorno. La maestra. - Vita proletaria. Il giorno 28 del passato aprile plombò, co– me fulmin e a ciel sereno, in una fabbrica di confezioni di Napoli, un ispettore superiore del lavoro . In essa lavorava no parecchi uo– mini e parecchie donn e e giova nette. L'i spet– tore, appe na giunt o, fu ricevuto solamente dagli impiegati , perch è i padro11i erano in quel momento assenti, fece una rapida i nchiesta. interro gando le donne e con par ticolare int e– resse, le giovinette. Chiese dell'orario di la– voro quotidiano alle quali esse veni vano sot– toposte in quella fabbrica; chiese delle mer– cedi corr isposte quotidianamente e delle pa– ghe che quelle giovinette realizzavano nei pe– riodi più o meno fortunati. Ne ebbe risposte che hanno dovuto meravigliarlo, anzi, farlo rab brividir e: Ogni arti colo della legge sul la– voro, non in quella soltanto, ma in molte al– t.re ~abbriche, viene in ogni sens o violato. Quelle ragazze sfioriscono ed intri stisc ono chin ate sul lavoro dalle otto del mattino fino alle otto di sera, con un a sola ora d'intervallo; ed avessero almeno ass icurata una mercede giornaliera che desse loro la certezza di po– tersi sfam a.re tornando a casa la sera!.. Là non esiste per molte catego rie di operai e di operaie salario fisso, bensi vige il sistema del cottimo. Tr oppo spesso cap ita che quelle ragazze tornino a casa il sabato sera con ap– pena lir e 2,50 per la settima na di lavoro. Di tanto in tanto, riescono a mettere insie– me, sempre in una settimana, dalle otto alle nove lir e. Si pensi però a quale lavoro esau riente deb– bono sobbarcarsi per sei lunghi giorni e per 12 ore al giorno, per riuscir e a questi r isulta ti. Non è superfluo aggiunge re che, come- gli schiavi. son costrette a restare in fabbri ca anche quando non c'è affat to laYoro, nè ce n'è in previsione. P arecchie di queste cose ha constatato l'i– spettore superiore, ma non tutt e, nè altre che sto per diue. Le donne e le ragazze int erroga te, terroriz– zate da una discip lin a da ergasto lo e dalla paura che una loro confessione a quel signore venuto là d'impr ovviso potesse lontan amente scatenare fulmi ni punitivi di Giov e padr one, hanno tenta to, menten do, di atte nu are il più che era possibile la gravità della rt sposte. Non so se l'ispettore suddetto si sia inte– ressato anche dell'igiene dei locali : a parte i locali addetti a laboratori o, noto soltan to eh.e esistono rit irate, che, .ammorbano l'a ria. Le persone preposte a far da capi, sia uo– min i che donne godono, sempre in misura li– mitata e der isoria, qualche pre ferenza. E per qu esta bricio la di potere, nel loro inc o- reva una profan azione: ma non dissi parola. E gli rispond evo sempre con dolcezza. All'a lbergo a Saro nno, ov'egli alloggiava, giu ngemmo presto. Colà egli mi disse che do– veva parlarmi set·iamente. Stett i ad ascoltar– lo, benchè fosse pet' me uno. VéPi faticrt !erma– re il pensiero su qualche cosa e mi costasse un sup remo sforzo. - Ho bisogno di den aro, mi disse. - Tu non hai ancora ritirato lQ stipendio: mando il comme sso del mio ufficio a prende rlo: tu mi sten dera i la quitanza. - Sent i, Beppi, gli osserva.i. l o non so, non ricordo bene, ma ci de\'ono essere .tante cose da pagare colà: medico, medicine, la balia asciutta che ha messo a nostra disposiz ione la sua casetta , il vitto per me e la mamma ; tante cose, certo; alcune delle quali, è dovero– so pagare subito: quel denar o sa rà già assai poco per ciò. Non ti pare Egli si rivolt ò furente. inviperito, con un a violenza di parole che mi fece rabbrividire e trema re come una pianta sbattuta dalla bu– fera: - Ah, mi neghi quel denaro? Dopo ch'io lo spesi per te, per far divertire tua madre? - e qui bestemmie e paro laccie... che non si pos– sono dire. Battendo i denti, gli risp osi : Non ho negato niente, farò quello che tu vuoi, scri– verò ciò che vuoi. Egli cont inuava furibondo: - Per tua ma– dre1 capisci I !.. - Se non potevi, Beppi, non dovevi spend e– re. Io non avevo la torz a d'impedirtelo, ma te ne avevo sup plicato ... (Conti nua) .

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