La Difesa delle Lavoratrici - anno III - n. 2 - 18 gennaio 1

PIETÀ DI SORELLA Dalla campana grave della chiesa scesero i tocchi profondi e misurati del!' Ave ~!a– ria: l'aria fu scossa un moment o da fremiti metallici , poi il silenzio si stese di nuovo sull e case, mentre ansav ano fioche e lontane le automobili e si smo rzava lo strepito del– le vetture in corsa. Impr ovyisa, dis creta e gai.rrula squillò una cam panella nel giardinett o, a br evi colpi ri– petu ti come un richiamo rabbioso: per lo strappo di coi da della mano ign ota, il suo – no si prolungò somm esso come inquieto . !\ella sala di Santa Giulia , già invas a dal– rombra della sera, una suora entrò col pas– so legger di chi veglia vigile e inosservato: ma tra le ma late fu un lento muoYers i, co– me un risv egliar si torpido, un sollevarsi penoso di lesle dai guanciali, un agitarsi di braccia magre sulle rimboc catu re candide. La suora passò tra la doppia fila di letti ~enza ,·olgers i; salì su di una sedia 1 rinno– vò l'olio nel lumicino della santa, ravvivò la fiammella incerta che crepi tò ondeggian – do, e rid iscese. Traseinò la sedia nel mezzo della corsia, leYò dalla tnsca nascosta nell'ampia veste tur china un libretto e com inciò. con voce monotona, la recita delle preg hier e. 1 colpi cli tosse tacqu ero e dai letti vicini e lontani salirono YOCiesili , fioche, rauche di suppli– ci: alla \"Oce ierma. dur a della suo ra ri– spon deYano in coro le altre rnci dolent i: - _ .Santa.. santa ... santa ... - un 'invoca– zione di gio,·ani, un singhiozzo di madri , un gemilo di vecchie. Immobile e gen ufles– sa.. pareva che la suora fosse assorta nella preghie ra; di tratto in !rallo le grane del r0- sario battevano nei-vose e secche sulla spal– liera della sedi a: ma l'occhio vig ilava sulle ma1ate e aveva subiti lampi e sommessioni imp rO\-vise. Vigilava ed osservava: si fissava specia l– mente su di un lelto come attend endo un cen no, un richiamo, un movimento: ma no: nessuna voce saliva e la preghie ra pas– .sava inas coltata accanto ad esso. Sles a sott o le coltri , le brac cia scarne al– lunga te sul lenzuolo, la tesla ar_rovesciata in dietro e profilata neJr ombra , gh occhi se– michi usi, Mar inella era assorta ne' suoi pen– sie ri, ne' suoi ricordi , ne' suoi progetti per l' avvenir e e non pregava, come sempre. Ella non udiva la voce della suora , nè la sua anima , prec ocemente esperta delle durezz_e e delle finzioni , e quindi incons cia ment e n – belle, non sentiva il conforto nè il bis ogno -della pr eghi era . P assivament e sopportava, prostrata dal male , nella fede della guari gion e vicina pro – messa dal medico. Certo , la dolorosa fenta che le si era ape rta pr esso alla gola .e le consumava la ca rne ancora fresca e g10va– ne sebbene pallida ed esangue, si sa rebbe n dhiusa. Avr ebbe preso vigo re ancora quel suo corpo snellito dal male, ma sempr e ag– naz iato· e avrebbe potuto, finalm ent e usc1- ;e da q~ella sala squalli da piena di soffe– renz e. ,-arearne la soglia, attraversare 11 :riardinelto verde , anda re nella str ada , tor– na re alla vita, al lavoro , al movimento! Oh felicità immensa! . Pallida, esangue, con la tesla immobile su l 211 anciale , ~!annetta viveva lontana, aperti ~ra i suoi occhi neri nell'ombra crescent~: le pareva ancora di uscire dal lab oratono tra lo sciame delle compagne che sfa rf alla: van o tra uno srnla zzare di piume e di nastri a buon mercato, ed era attesa all'angolo del– la via da lui, sempre affettuoso . sempre impaziente. Braccio sotto bracc10, sentendo nella stretta tepida un'indefinibile_ dolcezza salire. andavano cosi a lungo, e~tan do l_e •trade troppo chiassose, avviandosi verso il APPESD!CE Pagine di vita f. - ·1 1._, Genna io - con quale a11gos.ci ;1lo d_ra ~rti;e, Egli comprese dal mio sguardo v1 i P . . .., h m'avre"bb~ avuto ben la pr omessa sicura c e . rfo i M'aveva presto al suo fianco ad ogni r!10( • . n u- 1 . f 40 ci:--ntesimi. Nella madia v era u p :n~1~/ farin-a. Ma io non temevo _~er me: era l . he temevo. Avevamo stabil~t<, eh~. tele– ~~m'::1~ o lettera, egli avrebbe s,.rit_~o~n-~ r: iola C()OvenzionaJe ; si teme_v3: uryins1~1tnon e li m'aveva raccomandato <l1 v~l~ar,e, fi.~armi della mia ingenuità ,Jtt1mis_t,1. Quella sera presi rneco una ragazzetta dodicenne per co~~~~ni~aciando il ritratto del mio c~ro e dice11dvgli delle cose pu~ri li, q~ando ud~m:°o battere all'uscio. Io era già svestita. - M affa<:- <"iai alla finestra. f · _ Chi è?_ chiesi. - Pensavo che BeJ?r,e ·rosse ritornato, chi sa perchè. Invece era il sir~nor f'go, coll'amico, mi parve. . . _ Ero \·enuto a portarle i sa!ut1 ~ suo ma: rito, che le i·accomanda di farsi anHnrJ egli <l.i~.Grazie, - r 1spùs1 - stavo conc,1ndc,m1 Buona ~era. - E feci l'atto d1 rhmrJP1 f' LA DIFE SA DELLE LAVOR ATRICI verde, talvolta ridendo delle fatich e gior– naliere, dei pettegolezzi quotidiani cl,'ufficio e di magazzino, tal 'a!lra senza parlare, go– dendo nella tenerezza presente il prem io del lavoro gravoso) sognando dolcezze nuove e inesauribili pel futuro. Nel cielo azzurro scurissimo sbocciavano rare le stelle che sole sanno.. o tremolano misteriose ... La suora aveva ormai finito la pr eghiera : dopo un ultimo ritmo -dj domand e e rispo– ste, le voci si spens ero : cd elh, diecle uno sgua rdo anco ra. inquieto verso la gionme, fece sent ire un colpetto di tosse secco o pie– no di minaccia celala, poi se ne andò leg– gera. ~'larineLla non s'era mossa e nav igava felice lontano nel sogno: navigava ver so il suo paradiso e non sapeva d'aver anc ora e come sempre, offeso nella sua indiffe renza una sacerdotessa in cuffia bianca d'all ro pa– radiso. con un offesi che chiedeva vendeUa e castigo, se non dalla divinità talvo lla stra– na mente distratta, almeno dai suoi ministri lorreni. Al mal.Lino seguente la suora lo cond usse al lclto, col medico solito, un medico nuo– vo, un giovane magro e pallid o, dai baffi scuri e ra di, dagli occh i gran di e buoni. Era il medi co mandato dal suo laboratorio a verifi care il corso del mal e, a notarn e i prog ressi e a stab ilir e il sussi dio. Egli fece sollevare Marin etta, la ascoltò sop ra la can– did a camicia, infin e interrogò fissan do la giovane coi suoi grandi occhi buoni ed umi – di. Scrisse poi alcune note su l taccuino ne– ro , sempr e seguendo con lo sguar do la ma– lata che, ansiosa e timida , lo int eror gò: ... Come mi tro va? - Non c'è male - ris pose in fretta il medico . ... e allora, quando potrò uscire?... - ~N~ai-inetta aveva gli occhi negli occhi del medico). - Ma .. non si può sape re : fra due o tre mesi ... - La bugia pietosa aveva vinto nella risposta subitam en te brusca e mde del me– dico, di venuto serio. Ma già Marinetla s'era fatta rossa di gioia e tutta ridev a come al fiorir e improvviso di una primave ra. I modici si allontanarono parlan do Ira loro, seguiti dalla suora che tornò poi ra– pida a rin calzare le cope rte e che interro gò con noncu ra nza: -- Ti ha detto quando uscirai? .. - Oh) sì 1 sì! Fr a due mesi.. rispose felice Mari netta , metten dosi qui eta e· distesa sotto le coltri , quasi per affretta re la pr o-– messa gua rigione. Allo ra un sorriso ironico sfiorò il viso del– la religiosa, il viso di un pallore d'avorio e le labbra sott ili, costrette da una lunga dissimula zione: poi, quasi gustan do a goc– cia a goccia la vendetta nella soffere nza al– trui , con un sospiro d'ostentata e p·rov– vida pietà, morm orò a. mezza voce 1 ma si– cura d' essere in tesa: - Due, tre mesi! gii.t pe r non dire un an– no e chissà. . Io divente rei più religiosa e chiederei la grazia , in vece d'a spettare .. A qua.i gelo si può para gonar e il gelo va– sto del terr ore nel dubbio , nella paura , nel– la delusi one, nel cro llo dei sogni, nel dil e– g~iarsi di tutte le spe ran ze, nell'affacciarsi della mort e orribil e dalle orbi te nere, pro-– fonde, vacu e, nel silenzio improvviso e poi nel rombo delle tempie che martellano , del sang ue che pulsa violento nelle art erie e to– glie ogni coscienza, se non la coscienza del fatto immutabi le? - Se abbocchi : s ei fritto .... .. ... ma non ha abboccato ! Perrhi! non scende un poco? Ua paura·! - rir,etè egli. Buona sera, iQ 1·ipete i. E th ~sLhe paura! - borbottarouo i due fr a i dfnti e se JJ'andarono. ..\l rnattin0 il signor 1.Jgo ent rò, ch' io ero appni:1 alzai:J e mi disse cli fl0ver1ni par lare. L<,invitai a sedere e attesi. SenVt: proprio ieri sen1 ricevelti lettera da. UH mio am ico di Venezia, al qua le aveva r,arl:-1to dal cas0. Egli le offre un posto di te– lefonista: s'e lla. vuo l accettare ... - \Ja io non so... non <·onosco bene il te– lefono, risposi. - F. cosa molt o facile e a.riprenderebbe o:.u- 1,itr,. - .\ llùra s<:rherò alla manimfl che mi a "COITI• 1,a~ni. E i rnnbili qui? E Beppe che ll<>D su? Ben<:delta donna! - egli prosegul. - ll a sempre bisogno delle gonnelle della mam ma? A Beppe sci herà poi? Accetti, dunque; l'accùm– pa_.;-neri.J a Venezia io stesso e rimarrò forse qualche ::,riorno. Sarò felice e superbo d'esse r con lei. .. ;\Ja ir, non :1ccetto - rispQsi fredda. :\'"on c<>nos~oVenezia, non mi possrJ mu overe, sen za il permesso di mio mnrito: - e cosl oar - 1:ii, oerchè il·suo sguardo che brillava st ran:1- mentr, rn·avea svehto il s,Jo pf>nsiero. S'i11cùllPri; - Si~no ra, ell ave,1 pur detto elle ~arel!l1e !--tata felice di lavorare per suo ma rit•. ,<li tPndPr;.i utile, non capisco! E cr,n tinuO su1lù st~~s<:i tono con ostentala imnia. 1<, t:,rq1Ji. - Allora non mi rimnn e che a s~1- I11t rl ,.,.~ lll!'inf~rr-upp P, si rivolse a mP si avvicinò, mi prese le mani e: - Xo, cara, <"ura, vostr o malgrado io voglio baciarvi, io voglio.. - Uscite, signore ! - impos i energicamente, face11domi s::udo cun un a sed ia. - Uscite! e riMrdal e elle, assente Beppe, io non vi permet– terò pi ù di entrare in casa rnia. - Uscite! - Il tono non ammetteva replica. Tanli rispetti, - esclamò quegli heffar do, iudlinanclo si - mi riv e1;sca tan to il suo signor marit o. Dor,o un paio di giorni, ricevo leltera du Bep- 1 e che dice non ave r ancora tr ovato quel te– nente, per cui aveva. la raccoma nd azione. C<Jn que i qu ara nt a centesimi vissi otto gior– ni, rifiut ando reci~amente l'aiu to offe,tom i da <flHdchc <·onoscentc di mio rnarito, per quanto Cùft firieu a e disinteresse. E Ileppe scrisse nuovamente. Dal signor Ugo avPva :wut o 100 lire, ma, prodigo per natura sua, i,ta vano per e,;ser esaurite; il tenente, tro – vato alfin e, avea fatto vaghe prome ~se. Mi o murito scri veva che avrebbe presto palito la fame, Il, senza conosce r nessuno, intantQ che forse sua moglie a.vrr,hhe teduto allC' blandizie di due <"an aglie ... Al sospett<Jingiurioso 1ni ribellai co11violen. zrt e fui fJre,i,a da una nisi nrrvosa , esaurita com'ero . Ma reagii subito. Andai dalla fami– gli ri vicin a, dai buc,ni padroni di casa e chiesi se si potf>va,i., otlenerr dei drnal'i colla garnn– zit1 dei J1JoiJili. EIJl,i qua si su bito 75 lire che fipedii a m ie, marito telegraflc11mente, senza nulla (l'attenere per me; dopo qualche dì, una \·prcltiu l<mta11a pnrM1te- alla qual<' avevo Sei mesi dopo (passavano per i corrid oi muti i carr elli leggeri dalle ruot e cerchi ate di gomma portando cumuli di fasce candi – de, lugubri è gelide nella lu ce bigia del gio rno piovoso) sei mesi dopo usciva dall 'o– spedale, sotto l'acqua insistente ed ugua le, il convoglio funeb re di Marinella . Dietro una vetrata ampia del secondo pi ano s'a ffacciò un momcnLo una cuffia bianca sop ra un viso oall ido e secco cli ch i abb ia molto ri– nunzia to e pregato: parve che lo sgua.rde seguisse un istante il modesto corteo, la ma – dre e la sorella, vestite di nero, sotto gli om– br elli neri gocciolanti dietro una coro na di tì,ori piegati e come piangenti sotto alle la– grime del cielo: ma poi gli occhi si china– rono spegnendo il fulgore troppo vivo, le labbra si mossero con ritmo abituale neJ-la preghiera solita , invocando come di rito: u Requiem aetern am OrrAVIA. Giolitti ne hasbagliata un'altra Quella bcnedeUa guerr a in Libia . ~l pro leta– riato non la vuol proprio mandar g1u! ll u Go– vern o della ma la vita n non sa più come cuci– narg liela, per farg liela digerire L. SperaYa che alle elezioni i comizi non gridas – ser o : abbasso la guerra ! e che i socialisti u– scissero da lle urne · colle ossa peste ... , inve ce, fu un ur lo um ano dalle Alpi nlb Sicil ia : Guer– ra alla guerra ! Abbasso il militar ismo e le forche libiche! E la classe lavo ratr ice ha ma n. dato in parlamento il gruppo socia lista rad– clop-piato ! La \'ita del Partito sovversi vo pare che rin– gio\·a nisca gior no per gior no ; la propaga nd a. voJa, come portata dal vento ei penetra nelle zone più addo1~nentate del paese; dapp ertutto è un fervore nuov o, una ga ra a costituire se– zioni, leghe, case del popolo, gruppi giovan ili. gruppi femm inili socialisti. .. A~cidenti !... Come fare a tener buono, a do– minare i fremiti di questo gigante di ipopol() che min accia di svegliarsi sul serio, ohiama to dalla diana del socia lismo? Ecco un'idea pere grina del vecchio Volpo– ne: u ci sono le Cooperative che per ragioni tec– nich e, per ra gioni di vita economica dell'a– zienda, sono un po' p-iù remissive in fatt o m intransigenza politica . Bisogna, per mezzo del– le Cooperative, fai< approva r e a una pa rt e del proletariato l'impr esa libi ca. • Offriamo alle Cooperative di lavo ro e prod u– zione l'impresa grassa della costruzione delle ferroYie nuove in Libia. Offriamo loro la ... bor – sa di Giuda perchè tradiscano i fratelli e ces– sino di gr idare contro la guerra ! Cosi chiu– der emo un po' la bocca al proletariato e al socialismo ! li. Il Governo sperava proprio di corromper ci. Invece ha fatt o ma le i suo i conti! L e Cooper a– tive, accogliendo lo scatto unanime di protesta delle organizzaz ioni pro letarie e del P artito. hanno ri"fl,utato di assume re i lavori di costr u– zion e ferroviaria in Libia. Ed hanno fatto bene - Giolitti ed il nazio– nalismo delle forohe sono servi ti ! Il proletariato ha loro getta ta in faccia la borsa di Giuda ... ma subito ... prima . di vendere i fratell i sfrutt ati, p-r ima di insu ltare il san ~ue dei proletar i caduti nell'impre sa infame prima di schiantare il cuore delle mad1i e delle spose proletarie in lutto ! I lavori pubbli ci, per dar pane ai disoccu– pati, dovrann o darli in It alia! Sissignori t Subblima to co1·rosivo. Sollecitiamo ~li nbbon uti in ar r et ra.to a YOlrr mnnd,u· e il pr opri o riuu oyo non più tardi del 25 gennai o corren te. Abbonamento annuo L. 1,50 ,, 0,80 " Semestrale L-, Sezioni che desi llera no copie, inr iinu ord iu nz ioui acco mpa gnate ,lai rela,tiYo im– port o (L. ;J ogui 100) all a Soci età Edi – tr ice Av anti, S. Dam iano, .16- MlLA.l\0. Sl.Titl1J, 1ni spedì proprio, uon so come, 75 lir e che ritornai tosto a chi 1ne le aveva pres tate. Io, ch'ero vissuta con u11 soldo <li latte e u11 po' di polenta al giorno, e avevo r ifiutato ogni aiuto, m'era offesa viYl1mente delle paro le di Beppe; m'a\·e,·uno fatto un ma le atroce, non per me, rna perchè sentivo com'eg-li mancava di tatto1 scri vendomi così legger ment e, perc hè certe cose si sento no, ner c1uanto esasperati, non si posso no pensa re cose inammi ssibili . F.gli mi conos:cva abbastanza fiera per non teme re la fame; sapeva ohe mi si poteva fr an– gere, ma non flette re. Int uii qua nt 'era divers a l'educazione ricevuta in famig lia e ancora pen– sa.i che forse egli soffriva molto molto e gl i scr issi in modo do. rinco rar lo e dn darg li la piena ed asso luta fiducia ch'io sare i al suo fianco comunque e dovunque, per quanto doh ,– re ne potesse at tendere. E trovai modo di ve11- dere la mobiglia alla sorella del dottore che si sposava e, senza debolezze, mi stacca i da tutto quanto m'era caro: inrassni il res to e spedii tulto, diretto a Milano. Anrlai a salutare i mie i, pa11ecipa i loro che 13eppe era stato trasferito appunto a. Milano, con una gran tema che non mi credessero, che mi tr..ittene~sero da.Il'andar a comoiere quan to reputavo mio stretto dovere, da ll'andar a di– videre il suo destino. Perciò m'irr igidii contro ogni commozione. E gi unsi e.. incom inciò la vita di lottn, combatt uta giorn o per giorn r), ora per ora, con energia, con tena cia e che... dura ancora senza tregua. (Continua ).

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