donne chiesa mondo - n. 18 - dicembre 2013

donne chiesa mondo women church world mujeres iglesia mundo femmes église monde donne Storia di Giulia Gonzaga Una gentildonna irrequieta di V ITTORIA F IORELLI N ella storia del Rinascimento italiano, un periodo storico già di per sé di grande fascino, si sono distinte alcune figure di donne che — nel corso dei secoli — hanno contribuito non poco ad ali- mentarne il mito. Una di queste è certamente Giulia Gon- zaga (Gazzuolo 1513 - Napoli 1566), donna intelligente e bellissima, ritratta da Sebastiano del Piombo e da Tiziano. Un volume di Susanna Peyronel Rambaldi ( Una gentildon- na irrequieta. Giulia Gonzaga fra reti familiari e relazioni ete- rodosse , Viella, 2012) ripercorre la sua vicenda, offrendo una lettura storica delle numerose leggende che l’hanno accom- pagnata. Per esempio, quella dei legami con Ippolito de’ Medici, il nipote di Clemente VII morto in circostanze oscure pro- prio nelle terre governate dalla contessa, o quella del tenta- to rapimento messo in atto da Khair ad-dīn, meglio noto come Barbarossa, il quale, sbarcato vicino a Gaeta nell’ago- sto del 1534, aveva cercato di portare la nobildonna in pa- tria per offrirla al sultano turco Solimano I . Un destino al quale la giovane si era sottratta scappando dalla sua dimo- ra nottetempo. Nelle pagine del libro, prende progressivamente corpo una vicenda diversa da quella accreditata dalla storiografia tradizionale, che aveva raccontato Giulia soprattutto come la discepola prediletta del teologo spagnolo Juan de Val- dés, teorico della fede ricondotta alla purezza evangelica che a lei aveva dedicato l’ Alphabeto christiano . La storia di Giulia Gonzaga viene ora ricostruita a parti- re dal contesto, lasciando inizialmente sullo sfondo la bio- grafia personale della protagonista. La sua vita prende così forma all’interno del panorama di una penisola lacerata dalle guerre d’Italia e tormentata dalla rivalità tra casati no- biliari, mentre il suo percorso spirituale si definisce attra- verso l’attenta ricostruzione delle reti intellettuali che so- stennero la crescita di un mondo del dissenso molto più ampio e ramificato di quanto si era soliti credere. Ma Giulia fu anche al centro dello snodo del “sistema” Gonzaga, una famiglia che, grazie alla moltiplicazione della sovranità operata attraverso la spartizione dello Stato di Mantova e dei feudi minori, ha rappresentato un unicum nel quadro politico del Rinascimento italiano. Il matrimonio con Vespasiano Colonna, breve, lasciò Giulia adolescente «donna et patrona di tutto lo stato» fin- ché non si fosse risposata, con una figliastra quasi coeta- nea. Per sua lucida scelta, dunque, la sua storia sarebbe di- ventata quella di una donna di potere. Una potestà esercitata nelle forme allora concesse alle donne, fatta di progettazione politica del lignaggio, di ge- Ma poi ho visto la preside La santa del mese raccontata da Ulla Gudmundson F orse pensavate che se c’è una santa ben conosciuta nella Svezia (post) protestante, questa è santa Brigida, l’unica donna svedese a essere stata ufficialmente canonizzata dalla Chiesa catto- lica. Ma non è così. C’è un’altra santa, che ha un ruolo molto più importante nella so- cietà svedese attuale: santa Lucia, la vergine siciliana, che nel quarto secolo fu accecata e martirizzata per la sua fede. Praticamente in tutte le scuole, gli istituti prescolastici e gli asili nido, come anche in molti hotel, risto- ranti, negozi e luoghi di lavoro di qualsiasi genere, il 13 dicembre si svolge la processione di santa Lucia. Molti vincitori del premio Nobel, ospitati nel Grand Hotel di Stoccolma per la cerimo- nia, sono rimasti sorpresi di trovare al mattino presto, sulla loro porta, una ragazza vestita di bianco, con una corona fiammeggiante e in mano un vassoio con vino caldo speziato, fo- cacce allo zafferano e biscotti allo zenzero. Anch’io ricordo che da bambina i miei ge- nitori mi trascinavano, riluttante, fuori dal let- to a notte fonda e mi portavano a fare santa Lucia per i miei nonni. Per quanto riguarda l’aspetto, ero adattissima per la parte: lunghi capelli biondi fino alla vita, perfetti per la co- rona fatta di foglie di mirtillo e candele vere. La fascia di seta rossa che viene tradizional- mente indossata con la veste bianca di Lucia vuole simboleggiare il martirio della santa. la latina lux , luce. In Scandinavia gli inverni sono lunghi e bui, e la tradizione di celebrare una festa di speranza per il ritorno della luce probabilmente è molto antica. Nel XIV secolo, la Svezia e la Finlandia se- guivano il calendario giuliano, dove la festa di santa Lucia coincideva con il solstizio d’inver- no, la notte più buia e più lunga dell’anno. Secondo il folklore, in questa notte i troll e al- tri esseri soprannaturali vagano per foreste e villaggi e gli animali possono parlare. Nella Svezia rurale, tutti i preparativi per il Natale dovevano essere conclusi in questo pe- riodo: il maiale doveva essere stato ucciso, le salsicce preparate, il pane e le focacce dolci cotte, la birra fermentata e l’acquavite distilla- ta. Santa Lucia era un primo assaggio delle feste natalizie. Anche bere tanto è, purtroppo, una caratte- ristica dei giovani che celebrano santa Lucia. Di fatto, anche questo ha origini molto remo- te, poiché i giovani nella festa di santa Lucia andavano per le case a cantare, aspettandosi in cambio non solo cibo o magari una mone- tina, ma anche uno o più bicchierini. Non è esagerato dire che gli svedesi — spes- so considerati un popolo modernista, se non addirittura futurista — sono attaccati in modo fanatico alla tradizione di santa Lucia. E il cuore della tradizione è, secondo me, il canto. La canzone di santa Lucia, certo, è impor- tata dall’Italia. Tuttavia, tradizionalmente san- ta Lucia e le sue damigelle cantano anche inni e canti svedesi antichi, alcuni dei quali radica- ti nel medioevo e intonati anche nelle chiese cattoliche, come Det är en ros utsprungen (in tedesco: Es ist ein Ros entsprungen ). Le usanze culturali hanno un’origine, ma possono anche trascendere i confini. Negli ul- timi quattro anni, Mtarfa, piccola parrocchia cattolica nell’isola di Malta, la cui chiesa par- rocchiale è consacrata a santa Lucia, ha cele- brato una versione maltese della festa svedese. E negli ultimi due anni, una processione di santa Lucia ha percorso la navata di San Pie- tro, cantando un inno d’Avvento svedese, Be- reden väg för Herran ( Preparate le vie al Si- gnore ), con una melodia antica ispirata al can- to gregoriano. Ma la bellezza della celebrazione tradizio- nale di santa Lucia è stata forse meglio espres- sa da una ex alunna di mio padre. Durante la processione svenne, e quando si riprese disse: «È stato bellissimo. Davvero bellissimo. Le vesti bianche. Le candele. La musica e il can- to. Ho pensato di essere in cielo. Ma poi ho visto la preside». Ulla Gudmundson è ambasciatore di Svezia presso la Santa Sede dal 2008. Già direttore dell’ufficio per l’analisi delle politiche del Ministero degli Affari Esteri svedese, vice-capo della delegazione svedese presso la Nato e primo corrispondente europeo della Svezia, scrive per «Kyrkans Tidning», il giornale della Chiesa in Svezia. Tra gli altri, ha pubblicato il volume Påven Benedictus, Kyran och världen ( Papa Benedetto, la Chiesa e il mondo , premio Alex Munthe San Michele 2011). I vincitori del Nobel si sono sorpresi nel trovare alla loro porta una ragazza vestita di bianco con una corona fiammeggiante E su un vassoio vino caldo speziato focacce allo zafferano e biscotti allo zenzero Non penso, però, che tutti gli svedesi cono- scano il legame con la martire. Di fatto, sareb- be giusto parlare di due tradizioni, una sicilia- na e una scandinava. Come il Natale, la tradizione di santa Lucia in Svezia è un misto di elementi cristiani e pre-cristiani. Il nome Lucia è legato alla paro- Sebastiano del Piombo, «Ritratto di Giulia Gonzaga» Prima ancora che per ragioni teologiche e religiose la sua distanza dal disciplinamento imposto dalla Riforma cattolica fu intellettuale e spirituale Trovando spazio in una comunità di uomini e donne che attraverso la libertà cercavano di costruire la loro indipendenza di pensiero stione del patrimonio e di governo dei feudi, ben rappre- sentata dalla piccola e raffinata corte rinascimentale nella quale la sovranità femminile poteva assumere tratti simili a quella degli uomini. Dal momento che svolgeva un ruolo politico vitale all’in- terno del suo lignaggio, Giulia Gonzaga fu donna profon- damente legata al suo ceto e come tale visse anche l’espe- rienza del dissenso religioso, sollecitato dall’amicizia con Pietro Carnesecchi e con Valdés, e dalla consuetudine con il circolo degli spirituali. La sua distanza dal disciplinamen- to imposto dalla Riforma cattolica fu intellettuale e spiri- tuale, prima ancora che sostenuta da scelte teologiche e re- ligiose, e trovò spazio all’interno di una comunità di uomi- ni e donne che cercavano di costruire la loro indipendenza di pensiero attraverso la libertà, percepita come tratto irri- nunciabile dell’essere umano.

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