Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 14 - 16 luglio 1946

CRITICA SOCIALE 219 O R, D I N E D E L ,G I O, R N O La Sez.ione <li Sui.zara del P,S.!.U,)?., riunita jn Ass,emblea Ge- nerale la sera del 3 luglio r946 · premesso che una giu~ta e 'discriminata misura di clemenza a favore dei reati politici a seguito della proclamazione della Repubblica, era stata au~pic~ta dal Partito con l'intento specifico d_i JJacificazione d_e.ljli animi e con lo scò'po di con<vogliare le magg10n energie posS1b1li al superamento di tutte le difficoltà per una pronta npresa econo_ mica e una solJeicita rinascìta nazionale: considerato che, contrariamente alla generale attesa,. l'amnistia .concessa ha su– perato ogni limite cji ragionevole aspettauvai determina_ndo un senso di sorpresa e insieme di Sfiducia verso. gli orgamsm.L ,governa~1y1 che l'hanno elaborata e predisposta; che l'atto d1 generos1ta, esteso fino al punto eia ridare la più completa libert à ad autent1c1 criminali, compresi tra i maggiori responsabili del.la nostra tragica situazione, suona offe-sa e scherno per tutti c o loro c he hanno pa– gato col' sangue• e ,:on inaudite sofferenze la lotta; sostenuta contro la cirannide fascista; che un provve~1mento, d1 cosi eccez10n~le 1m,_ portanza per le sue ripercussioni rnterne ed estere, dove~a essere riservato soltanto a<d un Governo che rappresentasse effettivamente la volontà 'esr.r.essa dal Pa~se, attraverso le. elezi,:mi politithe del 2 giugno, e non eserc1tata lfl!V'eceda un Mm1stero che, p~r_la sua composizione, tale volontà non rapprçsentava affatto e s1 trovava alla vigilia della scadenza cld suo m_andato: · cons_tatata l'anticlemocraticità ciel provvedimento in oggetto e.manato senza la preventiva consultazione _dei reàli rapp~~sentanti del,le 1;1asse pro– letarie, e mentre la propria protesta e.sppme per quanto e avvenuto a u s p J < a I l, che' tutte le Sezioni del P.S.LU.P. e la srnmpa Socialista _facciano sentire la loro parola ip JDfOpositoed esercitino !a necessaria pre_s– sione verso i nostri organi .direttivi perchè si.a'nO ·adottate le p1L1 energiche misure tendenti ad evitare che l'applicazionç dell'a1J1ni– stia di•Yenti causi! di future gravi conseguenze. 11 diritto al lavorp. ' Esiste un diritto al lavoro? Per l'uomo preistorico esiste, indubbiamente, se non il diritto come noi og~i intendiamo la facoltà cli lavorare dove e come meglio o-Ji ao-grad~ in quanto i10n è obbligato a domandare ~ nes~uno iÌ permesso di esercitare tale facoltà. E qu~– sto un privilegio concesso dalla natura all'uomo pn– niitivo, che però si va perdendo a_1msura ~he au~enta la popolazione e la terra passa m proprietà pnvata. Nella· sua magistrale opera sulla « Analisi della p,ro– prietà capitalistica », Achille Loria ha voluto appuufo dimostrare che il rapporto di servitù si for ma s oltanto dopo éhe in un dato_ paese vie?,e a mané·a.re ,la terra ìibera, e cita l 'ese111p10del contmente a111er-1cano,dove i pionieri europei della colonizzazione dovettero. ricor: rere a mezzi incivili, e soprattutto alla tratta dei negn africani per procurarsi la mano d'opera 11ecessaria allo sfruttai.:iento deHa terra ·e delle miniere. Il lavoro dei bianchi e il sistema del salario sarebbero stati assolu– tameute iuacleguati al bisogno, perchè, data la grande abbondanza di· teri·a libera, toriiava facile ai lavoratori europei, trasfariti in Ameri~a 1 anche _se spt?vvis_ti di capitali, diventare co-ltivaton 111propno. Qu111cl111 eh– ritto al lavoro, a rigor di termini, non può esistere c011- cretamente in un ordinamento sociale a base cli pro– priet'à, indivicluaJi qual è il nostro. Co11 ciò quèsto ordiua.meiJto vieta ad mm parte dei membri della società cli procacciarsi il sostentamento mediante il lavoro, ere.a cioè quel fenomeno che noi chiamiamo moderuamente « disoccupazione involonta– ria », e colui che non trova lavoro è condannato a mo– rire di fame. Perciò le vittime del sistema, rivendicando il 'diritto al lavoro, rivei1dicano iu realtà il diritto al– l'esistenza. Si può affermare che il punto più debole della civiltà capitalistica sta precisamente nella sna in– capacità a risolvere· questo problema. Diritta_ al lavoro i11 regim.e· corporativo e oggi. Al t.empo delle economie corporative e mercantiliste la politica del favoro appare già i11teramente dominata dal bisogno cli assicurare la continuità clell'0ccupazione. ,anco Gli statuti. delle corporazioni regolano meticolosamente l'ammissione ad esercitare 1111adata arte, affinchè le maestrauze si bilancino con la quanti tà dei b eni da pro– durre, valutata in via preve·ntiva in base.ai cla~i d~ll'.e– sperienza; stabiliscono i modi e 1a du rata d el tlroc11110, le modalità dèl passaggio da ~i1pci~ante: a garfone ed a niaestro; vietano il passagg10 arbitrano. dall uno al– l'altro mestiere, da una lavorazi.011e 'all'altra i11 un.i stessa arte, e talora giungono sino a prescrivere la tra– smissione di padre in figlio del diritto cli esercitare il mestiere. Parimenti si esige che' ogni lav9ro sia, ese– guito a regola d'arte, cioè coi procedimenti tn1clizionali e non con procedimenti nuovi, da guasta111estien. An– che certe disposizioni che ,sembrano destinate a garau– tire la buona qualità del prodotto, a, beneficio del con– sumatore, sono in realtà niente altro che misure contro la concorrenza fra i produttori. Dal canto loro i gqvep~i paternalistici iutervengono con le loro ordinanze a fis– sare i salari e i prezzi di vendita dei prodotti, a vietare l'intro cluzione _,delle macchine e. dei progressi tecnici, come usa.va al tempo della regina Elisabetta in lnghil– terr-a,, a dirimere i conflitti, ecc., guidati unicl'l.mente dal desiderio cli evitare le crisi di disoccupa7,ione e mante-· nere l'ordine ,11eiloro regni. iMa la paura ·della disoccupazione è tale, che neanche la· proclamazio11e della libertà del lavoro - che non va confusa col diritto al lavoro - riesce a sopprimere to– talmente' quelle azioni che si dovrebbero considerare antieconomiche. Oggi ancora, infatti, vediamo i sinda– cati professionali comportarsi i~ guisa da ridurre ~l minimo il rischio cli disoccupazione, e noh è raro 11 caso di scioperi volti a limitare rintrocluzione delle macchine, cosi come accade cli frequente che le ,con– venzioni collettive contengano delle clausole sulla di– sciplina del lavoro a cottimo_, sulla limitazione del nu– mero degli apprendisti, del lavoro delle donne, e via dicendo. Quanto allo Stato moderno, non è chi non veda_ che nemmeno esso riesce a mantenersi fedele alla politica del laissez /aire. Cambiano soltanto i modi del suo in– tervento nei fatti economici. Trascuriamo i provvedi– menti di emergenza, quali ad esempio i blocchi dei li– cenziamenti i lavori p1.1bbHci e .gli altri palliativi, dello stesso gene:e, perchè necessit.~ non vuol_e nè _legge nè logica; parliamo 1t~vece clt. c10 eh~ avv~ene m, tempi normali. E in tempi normali che ?"h ~to.b adottano nna politica che ognuno giustifica col lhsogno d1 dare la– voro agli operai e che in r~~ltà non g1ov8; a _nessuno_: barriere dogauali siempre pm alte, restnz1om della li– bertà di circolazione del lavoro, delle merci e cle1 capi– tali e insomma corsa di tutti al nazionalismo econo– mico,' che sboccl fatalmeilte ne_lle guerre imperia-liste. La situazione degli Stati Uniti. ·C'era, sino a pochi anni fa, un solo grande paese cli civiltà industriale che ·si credeva in condizioni cli non temere le crisi commerciali, il Nord Am·erica. GH americani sapevano, naturalmente, per lunga esperien, za, che il ritmo produttivo uon può mantenersi unifor'– me e che ai periodi di attività febbrile succedono i pe– rio<E di stasi, ma erano convinti che le soste fossero nient'altro che i riposi resi necessari per dar modo alla produzione cli equilibrarsi con lo smercio dei prodotti. Essi si tenevano sicuri che, comunque volg.essero le sorti, le crisi non avrebbero m'ai assunto le prop9rzioni di disastri nazionali e che 1a curva ascensionale della prosperità 1w11avrebbe mai subìto delle se.nsibili fles- sioni. · E infatti gli Stati Uniti d'America parev<1-che posse– dessero tutte le condizioni atte a giustificare quell' otti– mismo. La natura li aveva largamente provvisti di ti.tt- . to: terre fertili, e materie prime eccedenti il bisogilo, · equilibrio all'interno tra le forze produttive e il con– sumo, riserve cli risorse naturali e libertà cli aprire o di chiudere le porte all'im•migrazioue della mano d'o– pera straniera; possibilità' e volontà, infine, di prati– care la politica del vendere àll'estero sem,a comperare. Che si vuole cli più? C'è· da stupire se in queste con– dizioni anche gli operai iscritti alla Federazione Ame– ricana del Lavorò ·coùclivideva)Jo l'opinione del med-io americano sulJa prosperità ·iutramontabile? · Samuele Gompers dichiarava, alla Co11ferenza Sii1cla– cale di' Parigi det r909,' che gli operai americani non se11tiyano la necessità di un'assicurazione cli Stato con~ tro il ri~chio di clisoccupaziòne, perchè bastavano le casse simlacali a risarcire i mome11ta11ea111e11te·clisoccu.

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