Critica Sociale - anno XXXVI - n. 5 - 1-15 marzo 1926

CRITICA SOCIALE 71 i .10 e sopra i 90 ettari. L'esperienza non è soltanto inglese, ma anche danese e svizzera. In Danimarca la piccola proprietà di 10 a 12 ettari _impiega, sì, un numero proporzionale di persone su– periore a quello dell'azienda di oltre 90 ettari, e dà purè . un prodolto lordo, per ettaro, superiore, ma esige un capitale d'impianto e di esercizio più alto, per modo che il reddito netto risulta inwriore a quello che vi si ricava, ad esempio, dai poderi di 30 a 40 ettari. In · Svizzera, l'utile netto che si ricava dai poderi di 5 ettari è inferiore al 3 per 100, mentre in quelli di 30 ettari è superiore al 5 1/2 per 100. Si può concludere che, se non si tratti di colture specializzate, come il pollame, il sistema della piccola proprietà coltivatrice. è risultato un costoso fallimento e che bisogna portare l'es~ensione del podere almeno a 30 ettari e, meglio an– cora, a 40 ettari (pag. 167-176). 1'-!onsiamo così più alla pi~cola proprietà famigliare sin@ a 5 ettari, che fa a meno della mano d'opera sala– ria~a, e che « costituisce, secondo Kautzky, la più mise– rabile e la meno fruttuosa di tutte le economie agri– .cole», che è "incapace di liberare l'op'eraio dal lavoro eccessivo e di permettergli l'accesso ad una cultura superiore», nonchè di "raggiungere· il massimo di pro– duttività del lavoro, condizione preliminare del be– nessere universale», piccola proprietà che « significa inevitabilmente surmenage _ebarbarie. (9). Rimane acquisito questo: che lre coefficienti sono in– dispensabili per un'alta produttività della terra:-le con– dizioni di benessere ~ di decoro della vita dei bvora– tori; la sicurezza di un lungo uso della terra in chi la coltiva o la dirige; la çapitalizzazione sempre più alta nella terra poichè " non è l'azienda più estesa, ma la più forte per capitali - nota Kautzky - che rende , di più» (10). Ma, a parte la quest1one delle aziende grandi o medie - chè le piccole, come si vede, sono condannate dal– l'esperienza - in proprietà o in affitto, individuali o associate, il problema al quale ci avviciniamo è questo: • se chi possiede o detiene la terra non vi porta un coeffi– ciente utile a farla fruttificare per il benessere della nazione, deve essere privato della terra che gli fu affi– dala, e quella deve essere assegnata ad altri. Si ricordi eh~ l'inchiesta e la valutazione non fu– rono compiute da socialisti, ma da liberali, cioè da elementi della borghesia facoltosa (prevalentementè però non terriera) inglese. Quindi, le critiche e le am– missioni che verremo spigolando hanno un valore par– ticolarmente significativo. (Continua) ALESSANDRO SCHIAVI, (9) Op. cii., pag. 42. (10) Kaulzky, come è nolo ai lettori di questa Rivista, ri-. badisce J)ell'opera citata il suo concetto che « l'emancipazione dei lavoratori si avrà nella grande azienda sociale•, non già, come credono taluni socialisti, nello spezzettamento delle grandi aziende e nella generalizzazione delle aziende parcellari, e sostiene che « la superiorità tecnica della grande azienda cresce, specialmente nella cultura dei cereali, col progredire delle scienze naturali e con la loro applicazione pratica •· Sebbene l'esperimento russo sia appena ai suoi inizii, non– dimeno qualche saggio permette di confermare le afferma– zioni del Kautzky. Citiamo due brani del libro or ora pubblicato: Una storia e un'idea da Guido Miglio li (Tip. Acca me, Torino, 1926) dopo 1111 soggiorno di sei mesi in Russia: « In queste zone (della regione Nord-Caucasica) sono assai rilevanti i successi ollenuti dalle aziende agricole col_leltive in confronto delle piccole conduzioni famigliari. Diligenli in– dagini hanno portato a constatare, ad esempio, nel circon– dario di Stavropol questi dati, che carallerizzano la produl– Livilà della mano d'opera e del bestiame da lavoro nelle une e nelle altre: per cento desiatine, bastano due Lerzi degli ani– mali da lavoro nelle economie collettive, in confronlo del quan– lilatirn impiegato nelle piccole aziende; ed ogni contadino ef– fellna in quelle il suo lnYoro con una produtlività superiore ù'tm terzo a quanta ne sa raggiungere il contadino nell'e– conomia famigliare. • Simili risullati sono accompagnati da altri, riguardanti il maggior raccolto dove esiste la conduzione associata della Lerra. Una Relazione, che si è compiuta nell'annata agra_ria 1923-24 e che fu presentata al primo Congresso dei Sovieli, riferisce queste conclusioni: nelle aziende collettive si ottenne il 50 per 100 in' più di frumento, il 35 per 100 in più di avena, Bibliotsc881ntj- 1 8faritei orzo •. (Pa.g. 16 1-1 62 )· Il crepuscolo delmodernismo La scomunica maggiore, fiera "ed inesorabile, ond'è stato colpito Ernesto Buonaiuti dalla Chiesa di Roma, è l'ultimo episodio di quel movimento critico filoso– fico e religioso, conosciuto sotto. il nome di moderni– smo, che agitò vivamente le alte cime del pensiero moderno fino all'aperta e spietata condanna di esso, pronunziata da Pio X nella famosa Enciclica Pa– scendi ,. Le origini ideali e storiche del con fii tlo van no riiCer– ralc nella scissura profonda che si era aprrta nella co– scienza moderna tra le esigenze del pensiero filosofico e della critica storica da una parte, e la posizione lr:i.– dizionale della Chiesa cattolica, nel definire non so– lo il contenuto della fede, ma anche i. rapporti lra l'intuizione religiosa della vita e le allre forme dell.1 coltura contemporanea. ~lenlre, infatti, dal Hinasci– rnento in poi il pensiero moderno ha conquislalo pro– gressivamente la ~ua autonomia di fronte all'uutorilà ed alla tradizione in tutti i campi, facendo emergere il valore della personalità spirituale dell'uomo tome font~ primigenia ed inesauribile di ogni progresso, anche nel campo religioso la Chiesa di Roma si irrigi-– diva nell'impalcatura teologica, dualistica e scolastica, nella qualie, dal Concilio di Trento in poi, vide la formulazione definitiva, nei termini della ragione e e del sapere umano atluale ~ possibile, delle singole parti del suo credo. . Ora, finchè il pensiero moderno rimase attaccato allo schema fondamentale del dualismo di natura e spi– rito, girandovi attorno per superarne le antinomie _(e ciò fece da Cartesi,o a Kant), la posizione teologica della Chiesa cattolica non subì scosse profonde, anzi ~i offrì ancora come l'unica via per salvare, sul fon– damento dell'ordine soprannaturale, il diritto dello spi– rilo sull'invadente empirismo. Ma quando, dopò Kant, vacillò la dislinzione ontologica tra spirito infinito e spirito finito, tra essere e conoscere, tra natura e spi– rito, e contro gli eccessi del materialismo e del po– sitivismo, che riducevano il mondo spirituale ad un epifenomeno della realtà materiale, fu proclamala la natura trascendentale deUo spirito umano di fronte all'esperienza, e l'impens-.'.lbilità di questa senza lo ·spi– rito, ossia la essenziale dipendenza dell'essere dal co– noscere; allora la concezione dualistica e realistica, sulla quale poggiava il tradizionale edificio teologip>, fu colpita in pieno, ed il conflitto tra il moderno pen– siero filosofico e la religione cattolica divenne inevita– bile: anzi, divenne l'unico grande conflitto che la Chie– sa cattolica abbia conosciuto, e dal quale· sia stato seriamente minacciato il suo stesso organismo ideale. ~on si trattava più, infatti, di negare questa o quella ,·erità di fede, oppure di ignorare la realtà stessa sulla quale la Chiesa affermava il suo primato. rordine spirituale, proclamando- il più intransigente materia– lismo; ma di dare alla realtà spirituale un'altra inter– pretazione, che, mentre batteva in breccia il positivi– smo materialistico, riusciva a scrollare l'edificio teolo– gico tradizionale, scalzando i fondamenti della stessa intuizione del soprannaturale su cui si impern:ava la religione cattolica. La quale, invero. è stata sempre più ostile al materialismo che all'immanentismo idealistico, vedendo in quello una minaccia della stessa esistenza delrordinamento spirituale; mentre la minaccia del riassorbimento del soprannaturale e del trascendente - che sono i cardini della intuizione cristiana della vita - nell'individualità oggettiva e fenomenica del– l'uomo per opera dell'idealismo immanentistico, non è sempre avvertita. Jl::t gli spiriti più vigili,, come il Tyrrell. si accor– sero che l'intuizione materialistica della vita era un (1) Conlemporary Review, novembre 1925.

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