Critica Sociale - anno XXXV - n. 8 - 16-30 aprile 1925

' 100 CRITICA ~OCIALE _:_ __________ ---:--------.---------~---~--- nC'lle asscmhlce, quelle famose « note di Basso». chr mollissimi rnnosrono assai più attraverso i ritagli monchi e k illustrazioni interessate· della stampa, che non nel loro testo integrale. si esaminassero e ~i cliscutesser,o serenamente. non con un « animus oon– grC'ssnalè » (nei Congressi ci si va sempre per bat– tersi e· pC'r vinC'ere. e ciò è umano). ma. a titolo l' col proposito di chiarificazi,one, revisione. inlt>rpre- 1 azionc. <' defjnizione di « noi a noi stessi». Che sé si voglia « delibare >) il dibattito,_ dirò - eome unico esempio degli equivoci che possono do– minare anche le dispute di compagni i più bene in~ tenzionati e desiderosi di concordia _!. che, qtwndo il eompagno Basso accennò alla necessità ·dello Stato /òrte, non pochi si inalberarono perchè pensarono, tradizionalmente, allo Stato boryhese. forte solo con– tro i proletari; e non si ricordarono che c'è « uno Stato » - nè borghese nè non borgbe_se. da questo punto di vista, ma semplicement~ depositario e cu– stode armato _della legge e. della forza per difenderla .- che è bene sia forte contro le fazioni violente, di qualunque specie. Salvochè (eccò, in fondo. tutta l'anima differenziale del nostro Parlito) non si può augurare, chiedere, recl '.lmare che questo Stato sia severn e fermo contro la violenza di una fazion<' bianca, e non l'o sia contro quella di una fazione 11ossa. Prendere o lasciare. Pretendere di avere solo i vantaggi di un fatto, e non di accettame i pesi, - ·è troppo.... massimalista. Aggiungerò, che no_n pochi, dei nostri stessi, par– fando di Stato, intendono, o Stato capitalista·-borgbe– se, al 100 per 100, o Stato proletario-socialista. 'È la tradizione o consuetudine mentale non gradualistà, che non concepisce il « divenire » dello Stato. che si trasforma anch'esso, saturandosi via via di forze nuove, per fasi. Chi ne parli ancor oggi oome di categorie fisse, è inconsapevolmente infedele e alla nostra specifica concezione politica e alla realtà delle 00~. ' *** Il dibattito versò assai più sulla « opportunità ,, di quelle « note ». E il problema della opportunità fu posto dalle interpretazioni, in vario senso malevole e perniciose (nulla è più pernicioso, se non malevolo nell'intenzione·, delle interpretazioni che., in simili c~rcostanze,. ci vengono da certi... ,fiancheggia lori, cht< s1 studiano di presentare un socialismo unitar:o rav– veduto, pentito, denicotinizzato) dei « concorrenti ,, massimalisti, e dei nemici delle due rive opposte. Che un partito debba molto preoccuparsi di tali interpretazioni, po.trebbe in verità sembrare strano se non fosse che esse si concretarono i_n ripercussioni; materiali, a detta di vari organizzatori, sparg'endo, disor_ientamento e mala impressione nelle file prole– tarie. abilmente « lavorate » dai nostri cugini di si– nistra. Noi, su questa faccenda del « parlare.» o del " lacere » per non disgustare le masse, non vorremo ripeterci, dicendo che ·il socialismo unitario trae ori– gine e consistenza da quella concé-zione teorica <'. pratica che fu detta « riformismo » e che ha per e– sponenti più autichii e più fermi Turati e Prampolini, e d_a quella concezione didattica e morale (di cui essi furono esempi e maestri, e che - perchè morale - ha un valore infinitamente maggiore della dottrina) la quale insegna che le masse vanno avvicinate, pro– -pagandate. persuase, ma non. ,, seguile» anche nei l-0ro errori o in quelli che la nostra coscienza ci fa ritenere errori; che nel continuo oon.tatto con essP , . ' e non nella cle'inizionc di una « ~orniula » pHi o meno a sinistra, sta il C..'.ù:atll'reclassista del Partito; e che non si deve lacere quel che crediamo il vero, anche se alle masse torna nuovo, sgradito od acerbo se ) . ) le « disorienta»- o le irrita o le allontana per un mo- menlo. ma che quel VPro n:m bisogna stancarsi di diffonderlo, spiegarlo, farlo sentire nella sua essenza precisa, con cuore fraterno e con in!':iticabile ardore. · Qui è il vero eù· unico amore delle masse, qui è· BibliotecaGino Bianco il rloverC'. qm e l'antidemagogia, qui è l'apostolato, tcrui è> il p1'imo e più alto titolo della· nostra nobiltà socialista! Perchè dunque le masse non si conturbino e, non si shandino a sinistra. vittime della speculazione avver– saria. non già occorre tacere, ma parlare di più; parlare, scrivere, accostare i lavoratori. oon la pro– paganda delle nostre idee. con la dimostrazione dC'- . gli errori. con la illustrazione delle esperienze. con 1~ 0ostante, ostinata riaffermazione dei nostri principiL che - particolarmerJte nei rispetti delle masse e del movimento operaio - sono: la fiducia neÙ'organiz– zazione e nell'educazione; la fiducia nella forza che– ne deriva. e non nella violenza; la fiducia della con– tinua graduale conquista; la sfiducia del miracolismo, l'aborrimento del demag.ogismo illusionista, dell'im– brogliò, o dell'.auto-.imbroglio, del « terno al lotto » sperato o promesso! Propaganda delle nostre idee. per le quali ci_ b_at– temmo sempre, contro gli esaltati e i ci:1rlatani, o i ,gretti e i « non socialisti » di tutte le _parti; contro il malsano _corporativismo quando accennava a rina– scere. contro il vecchio operaismo se ricompariva truccato da rivoluzionario. contro il tristo materiali– smo. del solo salario e delle ·particolari conquiste rli classe (o di categoria); conti~ quel perverso sin– dacalismo, che si presentava come un pagliaccio ve– stito di rosso e appariva agli illusi 1.111 ultra-sociali– smo e ne era· la neg::izione, tanto è vero che oggi ri– ·pullula ~ si riaffaccia sotto un domino d'altro colore; per il Socialismo, infine, che è liheraz:one e risoossa cli quello che or1gi è il proletariatio. ed è anche qm~l- checosa di più e di più vasto! . -Per questo - o anche per questo: per quell'i11- terpretaziome meno ·meccanica e m~no bigotta del marxismo, per una revisione e pfr una riaffermazio– ne dei valori morali, più aperta, più decisa, più co– raggiosa, per una visione -più ampia e più alta del ·socialismo, inserito nella realtà e proteso verso le i– dealità più universali, tanti elementi intellettuali ,si orientarono verso di noi, fanti giov.ani vennero con _enh1siasmo nelle nostre file, convi11ti cli potervi ap– , pagare tutte le esigenze del toro spirito! *** AbbiamQ bisogno evidentemente di riaffermare que- ste n9stre idee. La peculiare lotta che dobbiamo con– durre, per àltri preminenti e pregiudiziali obiettivi, accanto ad altri partiti, ci distrae talora da questa funzione, pur sempre necessaria, e non solo tra i la– voratori. Dobbiamo riesaminare e riconfermare iu noi stessi, nel nostro Partito, la nostra coscienza; te– ner viva e formar sempre più salda, convinta, matu– ra; la coscienza nostra di partito, in oonf.ronto dii quella generica coscienza socialista, che chiamerò abi– tudinaria, che 'ha radici spiegabili e anche rispet– tabili e belle, ma che non è l.'l nostra, perchè la nostm è una _precisazione, una determinazione, una specificazione, uno svolgimento di quell.a, e si formò attraverso decenni di dure battaglie .e dopo una la– cerazione dolorosa ma necessaria, come quella di uu parto fecondo. Le .tradizioni sono sante cose, ma, se non s1 _rnno:.. vano di innesti vitali, diventano cose morte. Noi comprendiamo tutte le consuetudini mentali, le me– morie· care e saci·e, e le nos'algie piene di malinco– nia. Chi non vorrebbe vedei· unificalo il socialismo e il proletariato italiano sotto una sola bandiera -· quella che la nostra coscienza, pura d'ogni meschina passione, ci indicò, dopo lungo esame e severa espe– rienza, come la sola che b conduce alla vittoria?, _ Ma chi - se non supponga che il nostro partito si sia separato per dispetto ·:> per bassi moventi di capi - potrebbe chiede,rci di arrotolare qualche lembo di quella bandiera per transigere con le op– portunità, per non scontentare le masse, per render possibili p~tcracchi, nè ~inceri; nè utili? Ora, chi venne sotto questa b~ndiera del P. S.

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