Critica Sociale - anno XXXV - n. 8 - 16-30 aprile 1925

.. CRITICA SOCIALE 107 6) spingere alla massima perfezione il regime as~ , sicuralivo e quello della regolamentaziocne igienica del lavoro di fabbrica; 7) ordinare la scuola con criterì adatti al fine della elevazione culturale delle masse; 8) intervenire come ·paciere ~ei grandi cpnfli lli econoI?ici, usando molla diplomazia e tatto, in guisa da suscitare netle masse operaie la fiducia nella pro– pria im par_zialità; 9) non prestarsi alle mire spogliatrici che sull'e– rario e sui consumatori tenlano qu~ gruppi capita– listici, che vog\~nQ vivere sulla mera base' di prot~ zionismi doganaU e di sussidì di Stato. Tre cose, invece, lo Stato non può fare: 1) dare del suo, come sembra intenda il Lassallc, per venire in aiuto alla classe lav:oraLrice..Ma lo Stato, ahimè!, non ha niente da dare di suo. Esso è il grande pezzente, che vive di accatto e di rapina, cioè di impo– ste. Imposte, le quali p_urtroppo non possono in un modo o l'altro non ricadere sulle classi lavoratrici stesse, Lo Stato, che dona del suo al Proletariato, cioè ai contribuenti, quale irrisione! · 2) sostituire, lui come lui, al regime capilalistico un règime·eoonomicamente più valido e più reddilizio. Povero Stato! Se c'è qualcheduno al mondo non ta– gliato a fare questo, è proprio lui. Sarebbe come vo– ler far ballare un ippopotamo sopra una corda Lesa. Non è il caso neppure di ins.iistere Lroppo su questo tasto, dopo l'esperienza di quel che lo Stato ha fallo, sul terreno dell'azione e~nomica, durante la guerra e, più recentemente, in Russia; 3) vi0lentare )e eterne leggi economiche, che s.ono superiori allo stesso regime capitalistico: verbigrazia, fare in modo che, lavorando la metà, si possa con– sumare il doppio; che si possa godere l'intero frutto della produzione senza metterne via una parte congrua per reintegrare gli slrumenti di produzione (il capitale in senso eterno) consumatisi; che si possa far lavorare una moltitudine di uomini senza il vincolo di una ferrea disciplina; che si possa reintegrare il lavoratore nel possesso di ciò che .Marx chiama il plusvalore e, nel tempo stesso, non far morire di fame quei _ceti che finora vivevano di tale plusvalore e che non erano per questo necessariamente dei ricchi capitalisti. Cose meravigliose, che non stanno però nè in cielo nè in terra, ma, tutt'al più, nei cervelli di persone dall'a– nimo di apostolo, negate però alla minima compren– sione di ciò che è lavoro, produzione, economia in genere. *** In conclusione: noi siamo, tutto sommato, ancora al punto di prima. La conquista del potere, ossia dello Slalo, si im– pone oggi imperiosamente al Proletari,ato, perchè è l'indispensabile ed unico mezzo di non rendere vana. e frustra la lotta, che esso clinlurnamente com– batte sul terreno econoÌnioo per il proprio benessere e per la propria elevazione morale e culturale. .Ma se tale conquisla del potere, cioè dello Stato, dovesse avere per obbiettivo quello di far fare· allo Stato ciò che esso è assolutamente disadatto e, per sua natura, impossibilital9 a fare, la « conquista del potere » da parle del Proletariato darebbe tutt'al più luogo ad • una più o meno breve dittatura di qualche pugno di violenti ed ambiziosi senza scrupoli, paghi di avere potuto elevare l'edificio della propria effimera tiran– nide sulla calamità pubblica e sulla rovina generale, sul lu.tto e sùl pianto dei più, .FRANZ WEISS. L' opera di Lassalle Lo spettacolo mirabile di un'agitazione che ha guadagnato le masse, prima passivamente ,rasse– gnate. ed inerti, destandone la consapevolezza e la volontà, mettendone in moto le forze ad esercitare una pressione via via più potente sino alla vittòria finale sulle resistenze storiche delle classi avverse e dello Stato; questo miracolo di trasformazione (destinalo a mutare la faccia ael mondo sociale) al cui compimento potrebbero sembrare impari le energie umane di tutta una età, incapaci ·di spezzare quella speci~ di volta funeraria_ che so– pra esse incombe per la spvrapposizione delle pietrificazioni storiche, prodotto irrigidito dei se– coli passati; questo prodigio di innoyazione crea– Lrice è stato generalo dalla coscienza di un soìo uomo. Con Lale superba affermazione F. Lassale si volgeya nel 1864, nel suo discorso alla corte d'Ap– pello di Diisseldorf, a contemplare l'opera sua e i suoi risultali sul movimento sociale in Germania. 1 < Questa mirabile trasformazione è opera mia ». Sembra la orgogliosa compiacenza di chi si senta, come un Dio, creatore dal nulla, suscitatore di realtà atlive che nessun elemento o condizione preesislenle preparasse; cui anzi,lo stato anterio– re qpponesse negazioni ed ostacoli. Eppure, nel– l'atto stesso della superba affermazione, Lassallc -sentiva che quelle negazioni e quegli ostacoli era– \lO ben essi le condizioni preparatorie, per le qu;.i– li egli aveva potuto, secondo la sua espressione, battere sul metallo sonoro delle coscienze ope– raie e destare i mille echi della· voce del popo-lo, Dalla filosofia di Eraclito - l'antico filosofo greco assertore del condizionamento reciproco de– gli opposti, che a vicenda si generano, si suscitano alla realtà, si destano all'azione - egli aveva trat– to sin dai suoi primi studi la visione del mov.i– mento dialettico della storia. La coscienza, il bi– sogno, la esigenza, la volontà si mettono in moto e si risvegliano in quanto una negazione e una compressione si eserciti sopra di esse; queslo principio dialettico della praxis si affermava co- . me visione rivoluzionatia in tutta la sinistra hege– liana; e Lassalle ne erà, non meno che gli altri, intimamente compreso. Sicchè mentre, sotto un certo rispetlo, colui che chiamava apertamente al1'.opera le energie laten– ti (perchè compresse), poteva sembrare il loro magico suscitatore; a una più profonda visione egli appariva soltanto l'operatore, che può far scattare la molla, in quanto la molla sia già tesa nello sforzo per lo scatto. « lo dimostro solo quel– ·10 che è già », aveva detto l'anno prima (al pro– cesso di prima istanza) lo stesso Lassalle: « io ho spiegato solo alla classe lavoratrice ciò che si compie senz'altro da sè .. ,. lo climostro ciò che si compie ovunque da sè obiettiYamente per lo svi– luppo slorico, cui gli incitamenti subiettivi, se– condo la mia concezione storica, non potrebbero nemmeno conlribuire. Secondo la mia filosofia della storia, l'incitamento di un tribuno anebbe la stessa forza di dare un contenuto ad un periodo .storico o di anticiparne l'attuazione, che avrebbe l'alito della mia bocca per suscitare una tempe- - sta nel mare ». Espressioni unilalerali, frammenti di una vi– sione complessiva, non priva certo di contrad– dizioni; ma legata indubbiamente da una capa– cilà di sintesi unitaria, senza la quale no'n avrebbe potuto animare e dirigei;e all'azione, tanto sug– gestiva ed efficace, l'eloquente tribuno della classe operaia tedesca. Nella coscienza delle masse la– voratrici questi intendeva infondere un comples– so di convinzioni, che, volta a• volta, a seconda delle circostanze, presentava a frammenti. BibliotecaGino Bianco

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