Critica Sociale - anno XXX - n. 16 - 16-31 agosto 1920

èRiTiCA SOCiALÈ astratta, avrebbero chiuso gh occhi a tutte coteste circostanze, ripudiate tutte le proprie alleanze, spez– zata la grande cassa di risonanza delle vaste solida– rietà proletarie e fatto tabula rasa dell'Europa prole– taria parlamentare? Era stolto •il crederlo. Era un negare il chiaro pragmatismo rivoluzionario, sempre vigile, per la salvezza e 1 'incremento della causa, à tutti gli adattamenti fecòndi, a tutte le concessioni, utili. Il fatto è - e va messo nella luce più viva - che, al Congresso della Terza Internazionale, i Sovieti salvarono i Parlamenti. Intenderanno i nostri sopravvissuti cc .sabotatori n la lezione? L'istituto parlamentare è stato dalla guerra trascinato in una crjsi profonda, quasi mortale.· Ma, prima di morire, l'istinto incoercibile della vita l'ha spinto a trarre da sè tutto ciò che era ancora sano e valido, a galvanizzare tutte le proprie energie, a ri– vendicare facoltà e poteri nuovi, strappandoli al vecchio storico termine contrapposto : il potere esecutivo, la autorità regia. L'evoluzione è sensibilissima in Italia, dove lo Stato, nella lusinga di placare il malcontento popolare ingigantito nella guerra e nel dopo guerra, si prodiga nel riconoscere maggiori diritti politici al popolo. La trasformazione interna della nostra Ca– mera, la cui importanza non è stata forse da tutti giu– stamente percepita, sostituendo, al regime rnorto de– gli Uffici scelti dal caso, il regime vivo delle Com– missioni elette dai partiti parlamentari formalmente co– stituiti, equivale ad una rivoluzione. L'abolizione ra– dicale dell'art. 5 dello Statuto si integra nel diritto · o nella necessità, affermati subito dalla neonata Com– missione per gli affari esteri, che lo Stato non assÙma nessun impegno nelle relazioni della vita internazio– nale senza averne riferito prima 'alla Commissione, la quale potrà al caso promuovere la convocazione della Camera in ,guisfl. da guaren.tice fino ad un certo punto che il Parlamento non sia più, come fu sempre nel passato, iugulato dai fatti compiuti. Anché la pub– blicità de,gli atti della politica estera attraverso cotesto incremento del potere parlamentare fa un passo ga– gliardo in avanti, ·non tanto per ampollose dichiara– zioni astratte, come si prodigavano nei vani discorsi retorici del tempo di guerra, quanto per la necessità pratica, .funzionale del sistema. È -poi chiaro che i progressi in tal senso di uno Stato si proiettano ine– luttabilmente su tutti gli altri, perchè la cortina solle– vata sui misteri diplomatici di una delle parti negozia– trici e contraenti è sollevata sui misteri di tutte le altre. Nella politica interna costituzionale - •e più nella politica estera - tutto si tiene; ogni progresso ne implica altri, ogni colpo trova la sua ripercussione e postula nuovi atteggiamenti. È stato Costantino Laz– zari, in seno della Commissione degli Esteri, il più fermo ~ rivendicare la maggior larghezza dei diritti t!i controllo alla Commissione, per nulla intimorito dallo spauracchio da altri agitato che per tal via si potesse cascare nella confusione delle responsabilità rispettive del Governo e della Commissione e i so– cialisti potessero venire sedotti alla <e collaborazione n! Come se una collaborazione per il controllo non fosse inevitabile! Come se non fosse nell'intimo delle ne– cessità funzionali dell'istituto! E come se da questa inevitabile, automatica collaborazione nell'o11posizione non emergesse di poi, con grave scandalo e ribellione dei pifa bigotti, la stessa necessità di certa collabora– zione per portare in granaio i frutti della opposizione, BibliotecaGino Bianco sotto pena di vederli inabissarsi sterilmente nel pozzo delle Danaidi con grave turbamento delle attese dei più alacri a cogliere l'utile quotidiano che il prole– tariato reclama come segno tangibile di sua possanza e di sua conquista! Tale il regime parlamentare, dove i termini collaborazione e opposiziQne sono comple– mentari, ossia non sono mai così rigorosamente sepa– rati che non abbiano una lineà di comunanza, la quale, secondo i tempi e le circostanze, più spesso din~inuisce in guisa da sfumare del tutto in un anta– gonismo violento fino alla catastrnfe del regime, e talora ingrandisce fino ad una modale partecipazione al potere; sempre - ben si intende - sotto l'unico e ben ponderato punto di vista dell'interesse di clas– se! Tale il regime parlamentare, pianta viva, rampi– cante, avvolgente neUe sue spire,_che butta in tutte le direzioni, elastica in modo da seguire dappresso tutti i moti dello stesso poliedrico e multiforme regime capitalistico di produzione. Tale ·il regime parlamen– tare. C'est à prendre ou à laisser. IS poichè a Mosca è stato giudicato che ... c'est à prendre! ... Ecco. Noi abbiamo un sospetto che il massimali– smo nostrano non abbia aspettato il Congres,so di Mo– sca a cc prendere n - e anche un po' troppo - toute la lyre del parlamentarismo. Lo ammettono un po' tutti che ·il massimalismo nostrano, dopo breve sta– gione di violenze verbali e di tumulti, si sia arreso al regime, che doveva (e-sabotare », fino alla collabora– zione, fino al ministe;ialismo. L'ultimo tratto dei la– vori parlamentari ha visto i socialisti votare le leggi giolittiane, con appena qualche pudica riserva per sal– var l'anima. Non tocca a noi, che prevedevamo questo momento (ma non l'avremmo mai creduto cosi immi– nente), di gridare allo scandalo! Ricordiamo soltanto che la prima, la più nobile eresia del socialismo mi– nisteriale fu impostata essenzialmente sopra una po– sizione di fatto di innegabile netto interesse di classe : la libertà dell'organizzazione e della coalizione pro– letaria. Il nuovo corso invece si è impostato sopra di una posizione di fatto di innegabile netto interesse di Stato, la restaurazione finanziaria a mezzo di acçfe– sciute fiscalità per colmare gli insondabili disavanzi della guerra. Il manifesto del Direttorio del Gruppo Parlamentare Socialista ci svela un po' ingenuamente la coazione psicologica che subì il Gruppo per votare i provvedimenti giolittiani. Di fronte al Governo, che accusava i borghesi pescicani di torbide manovre op– positrici, si trattava di schivare dal cadere nella linea di costoro. Meglio con Giolitti che con i Perrone. Giu– stissimo! Non si potrebbe con maggior candore con- , fessare la sommessione al giuoco meccanico del si– stema, che già si era a Bologna così spavaldamente obiurgato, garantendo una nuova foggia, non mai vista, di essere deputati socialisti, contro quella che era stata dal 1892 la nobile tradiziQI'ie del Socialismo par– lamentare in Italia! Soltanto in noi resta un grave dubbio, non sulla forma, ma sul merito di cotesto semiministerialismo massimalista. Noi ci chiediamo se proprio non era modo di schivare ogni ombra di connivenza pescecanesca anche senza indulgere a provvedimenti di essenza cosi anticapitalista da es– sere anche di essenza antisocialista, pèrocchè il So– cialismo è il termine di negazione del capitalismo in quanto lo supera all'acme del suo svolgimento. e nòn prima, ali 'era piccolo-borghese, piècolo-proprietaria, ecc., ecc., l'era felice .che la democrazia borghese

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