Critica Sociale - Anno XXII - n. 23 - 1 dicembre 1912

CRITICA SOCIALE frase comprensiva, rumorosa, profelica, la parola che suscita e che atterrisce. Avviene, semplicemente. Colol'o, che vedono la storia soltanto dietro le spal– le, ncll,e cose che furono, che più ilon sono, nei monumenti delle cose, degnano a.ppena di avveder– sene. Quelli, che ciel_fotto son parte, anch'essi non srmpre, nè tosto, n,e a vverto no e ne misurano tutto iI valor,c. Eppure è il fai.lo medesimo: quello, che rillol'a si affermò come idea, cui erano immaturi gli ambienti, e dal contrasto fra l'ambiente e, sè Ì.rassc la parvenza cli forza, quasi cli pi•odigio, che lo impose all'attenzione ansiosa del mondo; oggi, che cotesto contrasto e cotesta immaturità sono, a grado a grado, scomparsi, oggi, che la cosa è pos– sibiLc, oggi, che, « avviene», e _non sa più cli _mira– colo, sembra di gran lunga mmore. Ma oggi è; e $CLl'ù, più ancora, domani. Allorquando i nostri maggiori conoepirono, la prima volta, l'Internazionale dei lavoratori, l'Uni– Yel'sità·si commosse, tutte le ortodossie si fecero il segno della croce, le polizie si misero in grande sgomento. Cominciarono le persecuzippi e le c~lun– nie. j)iù folli. Quella gente, che ripeteva .la parola del maestro, come parola di Messia: « lavoralol'i, 1111ilevi! », parve sbucata dalle latebre della terra a portare nel mondo la distruzione e la morte. ni– mangono, cli quel periodo della nostra istoria - anzi preistoria -- di part.ito, documenti insigni di va– lore ideale -e mornle. Un immenso ventilabro sparse poi mondo nugoli e folate di una prodigiosa se– mrntc. Il terreno parve inghiottirla, seppellirla. più cltc riceverla; e, a primavera, la vegetazione fu di lllagri virgulti. La Internazionale, anzi le lnterna– ~ionali - e il pllll'ale qui è terribilmente diminu– tirn - dopo varii tentativi cli librarsi a volo nel ciclo, ricaddero, stroncatc·le penne. Fu un dilaniarsi a vicenda -· come- sempre, quando si accanisce il destino - di uomini e di sètte. Indi il silenzio, la drlusione, la morte. Morte apparonle; morte fori(-;ra cli vigor,ose rina– scite. ' Per un tratto - pe-r iin lungo tratto - i pari.ili socialisti delle varie nazioni parvero ritrarsi cia– ·scuno in se stesso, provvedere, ai propri casi, la– \"Orare nella chiostra angusta del confine politico. T Congressi internazionali si tennero ancora, ma ('bbero sovente apparenza cli un omaggio alla tra– dizione, di un rito,. cli una parala, cui quegli uo– mini, cui aveva arriso il gran sogno, non sapessero rinunciare; cui avrebbero rinunciato le generazioni successive. Tutto ciò, che in quelle grandi assise si discuteva, si deliberava, aveva un che di nebuloso, di astratto, cli formale, di evanescente. La vita, la néa vita proletaria, pulsava dentro le frontier.e, Ma anelava a superarle; ma --;- senza averne assi– duamente chiara cosciem:a - lavorava ad abbas– sarle e a, distruggerle. Era il lavoro necessario; che doveva irrobustil'e i muscoli, sneghittire i cervelli, temprare i cuori. li gigante giaceva in culla. Bisognava essere mo– desti; pei·correr,e tutte le classi della prima scuola, rsserc bocciali, ripeterle. Si doveva molto rinculare per pigliare un'altra rincorsa e saltar-0 l'ostacolo. Dopo rivere lotLato tenacemente per le' minime ,·osn drlla Lrga, della Cooperativa, del Circolo, d<~I 111od-e,;lo ComuHc nativo, e, nel piccolo laboratorio delle Camere d,el Lavoro, delle Sezioni di Partilo, cluve tultu ciò che è ideale sembra immiserirsi in 1'11tili e fugaci contese, avere saggiato met.ocli diversi rii azione, schcrme·g·giato cli tendenze e di formule, Imi.tagliato col padrone per l'ora cli lavo-ro e pei due soldi cli·salario, o col Sindaco e col deputato per un. misero scampolo di programma amminis~rativo o polit,ico, destinato in ogni caso a rimaner sulla carta -- dopo essersi fau.i piçcini, come a dis~gno, ed, avere imparato il valore delle cose piccine, delle fatiche modeste ma quotidiane, onde nascono le grandi cose e le conquiste più degne - dopo avere errato sovente, brancolato, tentennato, e imparata l'art.e difficile di tesoreggiare anche gli errori, le sconfitte, le delusioni più amare - questi· nuclei di lavoratori, avanguardie pacate e prudenti, di cui parve che l'ora, la grande ora, fosse dileguata co– me un miraggio, fosse, non colta al passaggio, tra– montata per sempre; oggi, mentre loro era parso di essersi isolati nel breve solco locale, quando una voc,e sonora esce dalla storia e li chiama, levano la testa e si accorgono, che di quei piccoli solchi è tutta gremita la terra, che una vasta aratura fu cotn– piula, e che le braccia, che si tendono, trovano altre braccia protese, e al saluto risponde il saluto, e che uno stesso pensiero irraggia .le fronti, riempie i. cuori un palpito solo. Da milioni di labbra, negli idiomi più diversi, col medesimo accento, esce un medesimo grido: - Guerra alla guerra! L' Internazionale dei lavoratori è risorta. Vive. V~r~ - * ** ·Guerra alla guerra! - « A qual guerra?» - chie– clon,o, sogghignando, ai nostri Comizii, i consumati sofisti della stampa borghese. - Perocchè, vedet~ - essi dicono - la strana contradclizionr in cui vi avvolgete! Voi venite con le palme del pacifismo nelle mani. E, intanto, salu– tal_e i popoli che, nell'aspra montagna balcanica, alla •guerra domandano, -dalla guerra otterranno, pace, liberlù, civiltà redenzione. E auspicate al trionfo di quelle anni. Pensate voi che sarebbero, quei popoli, risorti, senza la guerra, a vita civile? Or questa, che vorrel:ib'essere difesa ed accusa - difesa dei regimi ~mperanti, accusa della nostra uto– pia :__ è la sentenza di- maggiore condanna èhe gli apologisti del presente abbiano' mai pronunciata: Sì, questa guerra cli popoli, forse, fu necessaria. Questi orrori, questi scempii, qu,esti macelli furono, forse, inevitabili - questo sangue• potrà essere fe– condo. Ma quasi.a è la vergogna, questo è il vituperio incancellabile della· società,_ per l'appunto, che di~ fendete. Voi possedete la ricchezza, la potenza, il sapere, tutte le armi e le gioie della cultura; i Go– verni son vostri; vostri gli eserciti; la vostra diplo– mazia, saggia, oculata, prudente, _si avvolge nel mistero per salvaguardare i proprii accorgimenti sublimi dalle demenze dei popoli. Quella sacra· in– ves~itura, che in altri tempi il cielo conce deva a i monarchi, oggi è piovuta su voi. Siete voi, so.no i vostri Pa.rlamenti, che fanno la storia. Ebbene: da ormai mezzo secolo, cova _quell'in– cendio; dieci volte i vostri dipÌomatici, i vostri Go– v,erni, sentirono imminente il pericolo d'un'esplo– sione. Si consultarono, strinsero patti .. Decretarono promesse solenni.' Tutta l'Europa ufficiaJe- pose l'a- _ vallo. , . Contro il dcspoti~mo ottomai10, per ridurlo a ra– gione, avevate oento volte più armi che non vi O<i:– corressero. -I cannoni e le corazzate, che smantel– lano; le cambiali nel portafogli dei vostri banchieri, che, prot.estat.e, uccidono per fame. Vi bastava un cenno. Ma ci è voluta la guerra, l'insurrezione, il -massa– cro, la pestilenza! E un massacro cento volte più · immane sia in agguato, nell'ombra, che sarebbe la desolazione d'un· continente, un secolo di civiltà aiinichilito e disperso. · Ogni alba che sorge pinge nel sanguigno dei cieli minacciosi fantasmi di devastazione. Voi, i· potentissimi, siete impotenti. Impotenti, perohè? - /\h! le razze! J.e na1;iol'lalitù! l'odio delle

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