Critica Sociale - Anno XXII - n. 14 - 16 luglio 1912

214 CRITICASOCIALE Per tutto questo l'immigrazione italiana è rappre– sentata sistematicamente come costituita in gran parte di elemnti « undesirables ». Un articolo della legge approvata commioo misure di rigore a carico di quegli immigranti, i quali si rendessero colpevoli di atti diretti a danneggiare la mano d'opera locale. Il proposito sarebbe indubbia– mente lodevole, se potesse credersi sincero. M-acome giudicarlo, quando troviamo accanto ad esso il tratta– mento di favore fatto ai... Cinesi, che - per tante ragioni - stanno alla testa del krumiraggio interna– zionale? Tutto sommato, l'Italia può dirsi fiera e soddisfatta. La sua esportazione umana, definita « feccia del mon– do » in Argentina e « non desiderabile » agli Stati Uniti, dimostra a luce meridiana come i nostri nazio– nalisti dicano parole di Vangelo. Colla guerra libica, il nostro prestigio all'estero sale a galoppo! EZIO REBULLA. IL CINQUANTENARIO . . di "O Ho.ma o znorte I'' Cade questo 19 di luglio e risuscita in me re– miniscenze infantili non ancora disperse. Nella primavera del 1862 il Pa,rtito d'azione in– tendeva a riannodare il filo degli eventi, brusca– mente spezzato dalla diplomazia a Villafranca e a Teano. Roma e Venezia erano l'anelito di ogni pa– triota. E il partito garibaldino, numeroso a Mar– sala, ove lo capeggiava Abele Damiani, propone– vasi di solennizzare, l'll maggio, il secondo anni– versario dello sbarco leggendario, con la pompa religiosa del / estino, giusta la consuetudine del tem .. po e del paese. Il / estino durò tre ·giorni, con corse· di berberi al pallio e luminarie di teganelli (piccoli tegami con moccoli di sego : non conoscevasi allora migliore il– luminazione). Nella « via dei Mille», deserta allora di case, fra il Porto e la Porta Garibaldi, sulla quale erasi collocato un trasparente luminoso, con dipin • tovi lo sbarco, si eressero archi di mortella imban– dierati, e nel Piano (piazza) del Porto, gremito di Guardia nazionale e di popolo, il cappellano della Guardia, sac. Monaco, celebrò messa solenne, fra i suoni della marcia reale, dell'inno garibaldino e fra canti di chiesa. La rivoluzione mescolava an– cora i vecchi e i nuovi linguaggi. Quel giorno fu scilocco violento; e quel giorno mi nacque ,µna sorella, Antonietta. I varii ricordi si intrecciarono e saldarono assieme nella mia memoria di fan– ciullo (1). Altra nota caratteristica: si ridestò, per l'occa– sione, un'Accademia marsalese che dormiva da an– ni, nè più si sarebbe poi riscossa, fuorchè nel 1865 pel 6° centenario di Dante: l'Accademia Lilibetana. L'Arcadia il suo ultimo inno lo dava alla Rivolu– zione! Ho negli occhi ancora ogni cosa: fu nella Chiesa del Purgatorio, folta di popolo; mio padre, perch'io vedessi, mi sollevava con le sue braccia. Molte le letture, uno il tema: Roma e Venezia. Il poeta marsalese della rivoluzione, dott. Antonio Frazzitti, già afflitto dalla tisi che lo rapì giova– nissimo, fe' leggere da Abele Damiani un nobile (1) Non ricordo se quel giorni, o poco prima, certamente In quel torno, la Guardia nazionale di Trapani venne e sfilò, acclamata, per le vie, con quella di Marsala, Issando Il simbolo delle due mani con– giunte, a stgnlllcare spente per sempre le antiche gelosie fra le due città vicine e sorelle, carme, di intonazione religiosa, che oggi non sa– prei dove ripescare, ma di cui mi rifioriscono m mente le prime terzine : Dove sei? dove sei? Esci, o leone, dal tuo covo temuto, e un'altra volta scendi animoso al contrastato agone. Dall'Eridano all'Egadi raccolta sta chiusa in armi gioventù fremente, vuol guerra, guerra, guerra un'altra volta. Il paese era, dun~ue, in ansia di novità. Due mesi di poi, Garibaldi tornava a Palermo, mirando un'altra volta a Roma. Non era la via più breve; nel 67, alle squadre raccolt~si sul confine pontifi– cio, più pronta poté essere l'invasione e più facil~ tentare il colpo di mano sulla oittà eterna.. Ora, nel lungo tragitto, se il Governo francese impone– vasi al nostro, troppo agio era dato alle armi regie di sbarrare il varco alla marcia garibaldina. Ma i plebisciti avevano impegnata la monarchia, e an– che questo conflitto poteva avere un'influenza riso– lutiva sulla diplomazia, trepida della quiete in Eu– ropa. I garibaldini marsalesi, con Damiani alla testa, inviarono a Garibaldi una Commissione, invitan-. dolo a riprendere da Marsala la strada dei Mille. L'augurio era lusinghiero e Garibaldi accettò. Marsala, d'altronde, voleva rifarsi del minore slancio col quale, per forza di cose, nel '60, aveva dovuto accogliere lo sbarco. La sommossa, ini– ziata a Palermo il i aprile, si era ripercossa il 7 a Marsala, ma .in ambo i luoghi era stata fieramente repressa. Da Trapani una colonna borbonica, col generale Letizia, era piombata su Marsala, disar– mando i cittadini e costringendo i capi degli insorti a riparare a Malta, d'onde Nicola Fabrii,i attizzava la rivolta in Sicilia. Giunta per terra in Marsala, la ~olonna borbonica non ne ripartiva che i.I 5 mag– gio per mare. Cosicchè, all'inatteso sbarco dell'll, le masse non avevano. chi le orientasse e le capeg– giasse. Ciò malgrado, mentre la flotta borbonica, in crociera per quelle acque, bombeggiava Mar– sala, la sera stessa dello sbarco, Garibaldi, dalla Loggia (casa del Comune), proclamava « Italia e Vittorio Emanuele» e decaduto il Borbone, e gruppi di popolani manifestavano in piazza, e il domani parecchi seguivano il Generale per poi battersi seco a Calatafimi, dove emerse il prode cappuccino frate Francesco (Simone Marino), e il marsalese Gaspare Culicchia lasciò la vita (1). Garibaldi, dunque, con parecchi suoi fidi, venuto per Alcamo e Trapani, entrò a Marsala, verso le 7 del sabato 19 di luglio, con molto popolo mosso ad incontrarlo, e scese alla Loggia da un calesse, simulante una gerla, apprestato dal patriota Ma– rio Nuccio, cognato al Damiani. Il clero in massa, con l'arciprete Rallo e coi canonici, uscigli incon– tro sulla scalinata del Duomo, dove, entrato Gari- (1) Questi cenni bastino a sbugiardare la balorda leggenda della Apatia di Marsalo, e, secondo alcuni narratori settentrionali, del• l'Intera Sicilia, di fronte all'epica Impresa garibaldina. Anche fili eroi soffrono le piccole nmane -.aoltà e -.orrebbero deprimere l'altrui v&lore per monopolizzare la gloria. Cosi Giuseppe Bandi, del MIUe, mostra meravlg!Ja nelle sue Memorie perchi., au•arr!To del 11arlbal– dlnt a Marsala, non fouero squadre di rivoltosi ad attenderli sulla punta del molo. A parte ohe neeauno In Sicilia aape-.a prima dove e quando lo sbarco anerrebbe, è chiaro che, perchà la radunata degli Insorti fosse possibile, bisognava ehe la r!Toluzlone aveue fllà vinto, e lo sbarco .... sarebbe diventato Inutile. Ma Il Bandi b quel medesimo che, lnterrogalO un popolano, dice &Tergu queato rl1po1to " In suo linguaggio afrlcanlBBlmo •· Be11dialetto slc111ano,comunqne parlato, può parere • afrlcanlealmo ., la pre-.enztone spiega tntto. Ben più equanime Garibaldi scrl-.eva li 18da Salemi al Bertanl d'aver tro?ato I atc111anlaaaal migliori 41 come glie 11ave-.ano deaorlttl.

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