Critica Sociale - Anno XXII - n. 1 - 1 gennaio 1912

12 CltI'rICA SOCIALE ta la foresta romana 1 Non forse gli indigeni assunti rie, quante verità nel nosho cervello! P~r qu~st~ l ·n E · · t l ' forse abhiamo dimenticato un poco gli antichi come mezzadri dai co onH ss1spiegarono a e un ar- te che il Libro ufficiale 'dei 1896 sulla 'l'uni.sia par- amici; ma, quando c'è ~ccasio1;1-e <li rive<le:li, scen- 1; dei dintorn i di Sfa x, come di un.a delle plaghe • diamo loro incontro, risparmiamo la fatica,delle piì1 belle che esista.no . Lo stesso on. C9chery, nell~ scale ai buoni vecchi!. .. ltelazione suJ bil,ancio del 1909, riconosce che agh I Ed ebbi cil libro, e lo lessi, col desiderio. di_ri– indigeni deve )a coltura dell'ulivo la sua prospe- : leggere le cose, che ebbi un giorno per carissime rità e la sua ricchezza. l e verissime. Ahimè! le parole son sempre quelle « Chi dunque impediva al Governo tunisip.?, · _ ma il mio orecchio è mutato! e se (pensavo fra scambio d'espropriare gli indigeni, di introdurre 11 ! me) se già mi sono allonltanato io, che fui della credito agricolo, che permeJtesse lor? ~i fare per sè ; gen~razione dei discepoli spirituali, come l'ascol– medesimi ciò che fanno così meravighosamente per I teranno.i nostri giovani d'ora, cresciuti in tutt'~l- gli altri 1 "· tra temperie? Infaltti lo ignorano. Non so se g10- K conclude: . . , . ì verebbe fare, presso le Biblioteche, o popolari o, « Alla barbarie, alla brutahta mussul ~a.na 51 ?-g- : comunque accessibili al gran pubblico, qualche giunsero la barbarie e la bruta-lità de la rapma .. statistica,' per seguire la « fortuna ,, cres?ente_ e francese!,,, calante di quelle opere, che a un !tratto pa10n~ i_l- Ora questi f~tti. nuUa hanno di stupefac_ente: ' luminare di sè lo spirito del mondo, come_-T:ivi_a essi sono un ep11socho affatto no~ma~e _<liquei pro- : nei plenilun:ii sereni; e poi s'attardano, dimmm– ce<limenlti della produzione capit:1hstica ~elle co- ; scono di splendore e di favore. Certo, che a ciò l' o– lonie, che Carlo Marx, nell'ultimo capitolo_ del pera di Renan si presterébbe assai bene; ma, dac– Capita.le, su " La te_oriamoderna della colonizza- ' chè non lo posso fare io, sono ricorso ad un'altra zione ", definiva come segue: . ; riprova. In fondo al volume, il De Roberto, ~opo "Il modo di produzione e ~i acc~mulaz10n~ c~- :, aver esposte. le vicende di quell'animo comphc~ pitalistico, e quind~ la proprietà privata capit_ah,- di brettone e di p~rigino, di mistico e di. pos1ti– stica, presuppone 1 anmentamento della propnelta . V!ista, di poeta e di critico, e i suoi studi, 1~ sue privata fondata sul lavoro personale; la sua base idee, la sua produzione laboriosa, ha curaito di por– è l'espr~priazione -del lavoratore"· , re una ampia bibliografia. Ebbene, diamo ~n'oc- La storia delle colonie moderne conferma ap- chiata al'le date: gli scritti polemici, ardenti, che pieno questa constatazione riguardo agli indigeni. accompagnano le opere vive, palpitanti, ra~giun: Dapprima con tutti i mezzi, dalle fucilate all'al- • gono in Francia il co!mo ~nt_orno_al 186~, gl~ anm cool, da,i presltiti usurarii alle teorie giuri~iche de' suoi studi sopra 11 cristianesimo primitivo, e appositamente coniate, il capitalismo espropria le in Italia una decina d'anni di poi: nel 1903, la terre degli indigeni, siano esse proprietà privata . vera lode, che sono le imprecazioni degli -avver– o collettiiva; resi così gli indigeni mancipii del ca- sari, si spegne nei discorni ufficiali « autour de ~a piltale, se ne serve, di necessità, come di salariati, statue ». Soltanto la vecchia e lenta· ortodossia per coltivare a suo profitto le ·loro iJ,ntiche terre in · catJtolica trova ne~essario tonare contro « Gli er– un chma inadatto al lavoratore europeo, il quale rori del Renan » ancora nel 19,0B, per bocca del d'altronde esigerebbe una. ben più alita mercede. · Capeoelatro; ma per i più, ormai, egli è divenuto Così l'opera <lii incivilimento dei " barbari ,, si un momento storico :.il suo nome, la sua opera non riduce o alla loro distruzione o alla loro proletariz- ' appaiono che nel~e op~re d'insieme; n~lle_,sin~esi zazione; spesso all'una e all'altra in due successivi' di quàlche età o s1Stema :filosofico. Non e p1u-vivo, periodi. Il procedimento della produzione capita- cioè non desta amori ed odi, discepoli e confuta– listica passa,. dal vecchio continenlte, con le stesse tori; entra nel museo .de~le cose da ~t1;1-diare. 'e si forme - rese anzi più violente e più spiccie - apparta dal clamore degh osanna e de1 crucifige. nei nuovi continenti, colonizzati dalla « civiltà " Questo insegna la Bibliografia; ma noi c~ .n'e- europea e da quella dei cugini sud-americani. ravamo già accorti .Prendendo in mano. il libro .Alessandro Schiavi. che parla di lui, anzi nella curiosità stessa ohe il libro ci ha ispirato: un interessamento pacato e reverenlte, da storici, non da discepoli . DIRENAN ·EANCHE -DINOI Quando vidi annunciato nella Piccola Biblio– 'teca di Scienze Moderne del Bocca un libro di Die- '. go Di Roberto sopra il Renan (1), ebbi quel moto di lieve meraviglia, anzi di richiamo, che acco– glie il nome o la visita di qualche amico, che era a poco a poco scomparso dalla nostra consuetudi– ne, e il cui ritornò ci fa avvertiti della lunghezza della sua- assenza. - Veh, vl tale! E' un pezzo infatti che non lo vedevo. Dove s'era ficcato? Il tale in questo caso è quel Renan, che a tutbi coloro, che erano giovani quando il suo nome era un'eresia, fu alimenlto d'educazione spirituale: era il tempo che Schopenhauer scandalizzava, Dar– win era la Bibbia, Spencer la verità stessa e Marx dimorava al piano nobile. Da allora quant'acqua è passata sotto i ponti, e quanti nomi, quante glo- · (t) - D. DE ROBERTO: Rsnan; Fratelli Bocca, Torlno-Milano•Roma; 1 ·11 (L, 8), . .Ma, a pocq,;.a 1 poco, noi ci avvezziamo alla an– tica voce, ne risentiamo la dolcezza antica. Se· il libro del De Roberto non è un'opera d'arte vivifi– catrice, è però un'opera buona: fa _intendere q'1el che fu il Renan e, di riflesso, quel che siamo oggi noi; potrebbe farlo -amiJ,re, se il tempo non ce lo avesse già portalto tanto_ lontano' - ammesso._per vero che sia lontano. In fondo, quest'ultimo pun– to è quello che ci interessa di più, perchè la ricer– ca storica di quel che fai ha sempre un valore mi-lle volte minore della constaltazione di quel che siamo. Felice Momigliano, recensendo questo stesso li– bro, giudica che l'Autore « ha sentito più il fa– scino dell'uomo che dell'opera ». e agg-mnge per suo conto un elenco di domande - alle quali il De Roberto non ha risposto, perchè alltro era il suo disegno, ma che non, potrebbero, in ogni modo, essere considerate in un opera sola:, perchè sono di diversissitna natura. Ci vorrebbe uno specialista erudito p:er saper additare qu~nto dell'analisi del•

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