Critica Sociale - Anno XXI - n. 22 - 16 novembre 1911

338 CRITICA SOCIALE Non pensava, forse, il Presidente del Consiglio, che i nostri fossero fucili di cartone! Comunque, unii com oggimai dovrebbe apparire manifesta, a i hiumme non 1 MI Mq gli occhi colle proprie mani. Onesta glierro - r iticliuroolo, dopo due mesi, un'al-tra volta -- è la in erra contro l'I- talia. Questa, che sembra combattuta contro un pu- gno di Berberi e di Turchi, è la guerra dell'Eu- ropa contro l'Italia, e dell'Italia contro se stessa. Se è cero che la diplomazia guarenti franchigia e solidarietà alla meditata nostra aggressione afri- cana, l'on. Giolitti può imparare, a settant'anni — c'è sempre tempo a imparare! — quello che noi tutti apprendemmo sui banchi del Ginnasio: quanto possa farsi a fidanza con la lealtà di tutte le di- plomazie. La passeggiata militare, la conquista per sor- presa con un pugno di soldati e di marinai, gli Arabi invocanti da noi la liberazione — tutto ciò, che servi a meraviglia a suscitare il patriottismo leppista dei cinematografi, ha ogni giorno il tra- gico commento dei fatti, che la stampa non può tutti dissimulare o capovolgere, a dispetto della esosa censura, della congiura dei silerizii, della sofisticata cronaca ufficiale ed ufficiosa, dei ma- gistrati italiani che incitano il popolo ai linciaggi; a dispetto della soppressione del Parlamento, che ci fa più Turchi dei Turchi. Eccoci, infatti, sempre, col piede nell'orrenda ta- gliuola: sono le nazioni alleate e le nazioni amiche, sono le due Triplici, a gara, che vi ci hanno fic- cati. Sono esse parimenti che ci vietano di trarcene fuori. Quando noi proclamiamo l'annessione, l'Eu- ropa sogghigna. Quando noi intimiamo la pace im- mediata, minacciando altrimenti la corsa decisiva nell'Egeo, l'Europa pone il suo veto. Noi dovremo logorarci. esinanirci laggiù, «ripulendo » le oasi, inscenando le farse feroci dei Tribunali di guerra, distribuendo, dai ben librati aeroplani, sui tran- quilli villaggi fra le palme, le graziose bombette. che squarciano le case e abbattono le donne e i fanciulli, che, pieni di meraviglia, guardano il cielo; immobilizzato il naviglio: immobilizzalo l'esercito, fra le granate ottomane, le alluvioni ed il colera; richiamando sempre nuove classi. sottraendo sem- pre nuove falangi di lavoratori alla produzione na- zionale, sempre nuovi figli alle madri, nuove gio- vinezze alla patria; e ogni giorno educandoci a nuova e peggiore barbarie, mentre, laggiù, nella gloriosa colonia, ai cui bordi stiamo afferrati come pensili sopra un duplice abisso, laggiù, dai confini d'oriente e d'occidente, l'amica Britlannia, l'amicissi- ma Francia, n consentono o promuovono ai nostri danni il contrabbando di guerra. E ogni giorno eccoci a piagnolare per l'intervento delle « grandi po- tenze», (oh, non lo siamo noi pure?...), a invocare che ci aiutino, che si commuovano, che persuadano l'Islam ad essere un tantino cristiano — basterebbe seguisse il nostro esempio! — ed a cedere alfine ai nostri perpetui ultimatum -- pel suo bene, s'intende, e pel bene dell'Europa, che si fa beffe di noi. S'è mai dato spettacolo più triste nella storia delle nazioni? .4 quest'opera di civiltà, e a questo ottimo affare. doveva condurre l'Italia, nel celebrato cinquantena- rio dell'indipendenza dallo straniero, la democra- zia italiana al Governo. A questo atroce sarcasmo! E il quasi suffragio universale doveva — dovrebbe ancora — far da mezzano! E taciamo del poi — se, in qualche modo, o il caso, o la imminente mi- naccia di un cataclisma europeo, o la pietà d'un aiutatore usuraio ci tragga alfine dall'impaccio — taciamo, per pietà di noi stessi, del domani, del lungo domani, più disastroso. ' I preti cantano osanna, ed radicali son lì pronti-a menare il turibolo. Vi è dunque ancora una demo- erazia nel nostra paese? Vi è, semplicemente, un partito della civiltà, un partito della patria? Che si diranno, negli Elisi, le ombre severe di Cavallotti e di Imbriani. di Mazzini e di Garibaldi? L'ombra di Cavour che direbbe, se apparisse sul Quirinale? Che cosa singhiozzerebbero i morti di Menlana? E a questa profanazione, a questo ludibrio. do- veva porre il suggello — se non l'assisteva il suo buon genio — Leonida Bissolati: oppure, nell'ora del cimento pel quale si era chiesta la sua compli- cità, arretrarsi, dileguare, fuggire come un diser- tale! . . Ma ancora «si farebbe spezzare» piuttosto che voltarsi all'opposizione. Per questo — e per tor- cere a questo i chiari verdetti del Congresso — fonda egli in Roma un giornale, che ci addita in braccio di Louola; che ci accusa di veder nascon- dere il vero alle masse, o mostrarlo soltanto a mez- no; che si annuncia restauratore del vero riformi- , imo, per il quale abbiam fatto insieme tante fa- :ioni, e che noi — solo perche ribelli a cotesto scempio — avremmo oggi tradito. E, perché ri- belli a cotesto scempio — ribelli non già con un voto fugace di innocua parata, ma con tutta l'anima no- atra, ma. finehè il cuore non sia marcio e il cer- vello disfatto, ribelli con tutto il nensiero e con tutta l'azione — ci compiange reduci «a visioni no- stalgiche di tempi irrevocabilmente superati, a pes- simismi deprimenti, a false valutazioni della realtà». Sì, questa realtà non l'avevamo prevista — non fummo pessimisti abbastanza — e ci dà, a doverla constatare, una nostalgia e una tristezza profonda! LA CRITICA SOCIALE. P. S. — Dell'Azione Socialista — il giornale al quale alludiamo nelle ultime righe dell'articolo qui sopra — non possiamo parlare se non per le noti- zie e i brani che ce ne riferirono i quotidiani bor- ghesi; pecchi gli amici dissidenti di Roma, pur lemizzando con noi, e sebbene i principali redattori del giornale ricevano in omaggio, dalle origini, que- sta Rivista, si dimenticarono di farcelo avere: nè a noi riesci di trovarlo in vendita nei chioschi mila- nesi. Per buona ventura, un esemplari deve essere per- venuto all'Avanti! — dove il Treves, alla tesi della nuova edizione romana del riformismo, trasformato in una pratica di collaborazione e di transazione pe- renne fra le classi, rispose con un articolo molto perentorio, alle cui osservazioni ci associamo senza riserve. E della pubblicazione — o ripttbblicazione — del- l'Azione Socialista, noi, dal canto nostro, vivamente ci compiacciamo. Poichè essa avrà per effetto di chiarire le situazioni reciproche, più che la reticen- za di quei nostri compagni, astenutisi dal presentare un proprio ordine del giorno, non abbia concesso di fare al Congresso di Modena. Ottesto fine sarà anche meglio e più presto rag- giunto — con bene fino del partito — se, come sem- bra, i nostri amici dissidenti, dalla difensiva, in cui sembravano dapprima voler trincerarsi, passano già all'offensiva — giusta le preferenze strategiche che loro conosciamo. Soltanto — riservandoci la più ampia e cordiale discussione dei nuovi criterii, a cui quei nostri amici si inspirano — noi vorremmo pregarli di rispettare le buone norme di battaglia, che, senza bisogno di

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