Critica Sociale - Anno XXI - n. 22 - 16 novembre 1911

CRITICA SOCIALE a4t4 Così finì — scrive Bebel — uno dei più notevoli di- rigenti del movimento operaio tedesco, 'egli stesso causa del suo destino. Che se alle qualità che posse- deva, e per le quali aveva saputo propagare tra le masse le idee socialiste con così rara chiarezza e vi- vacità, egli avesse aggiunto l'onestà, il disinteresse, la intera devozione alla causa, e non avesse fomen- tato il fanatismo e la scissione del movimento operaio, sarebbe rimasto, sino alla sua morte, il primo leader tlel partito ('). I. P. modo suo la politica Iniziata, alla fine della sua vita, da Lamelle, che lo stimava e Che, poco prima di finire tragicamente, In un lungo viaggio s'era accordato con lui circa la fondazione del socteddenwernt e. certamente, anche sulle questioni della situazione politica e della tattica. Lessane, nel suo processo per alto tradimento, aveva, poco prima, affermata l'affinità eiettiva del partiti estremi e li loro Im- pulso naturale ad aiutarsi a vicenda contro I partiti medi, e aveva rilevato l'appoggi» efficace che egli aveva avuto dal conservatori nelle loro assemblee e nel loro giornali, ginstificando, così, una eventuale cooperazione dei socialismo col conservatori primslani. késsuno int?, dubitare 'che Laisalle, pensando a unti poseibile colla- borazione col partito conservatore, Intendesse vendersi al reazionari o al Governo; certo egli si proponeva unicamente di conquistare, col loro alato, una riforma politica, secondo lui essenziale. Perché dunque, osserva Gemuteti], non riconoscere ugualmente, alla con- dotta del suo successore e discepolo, lo scopo politico? lI ohe non significherebbe, naturalmente, approvare le sue manovre, ma pur- gherebbe da una accusa infamante, non provata In modo certo e cui fa contrasto anffiffi Gattino periodo della sua carriera, un uomo che ha reso segnalati servizi al movimento operaio, e ha concorso a dargli la coscienza del propri finl. FRA. LI131•ZI E RIVISTE Socialisti e Governo in Italia. Leonida Bissolati, richiestone, spiega ai compagni di Germania (') il suo atteggiamento al Congresso di Modena:. « Già prima dell'impresa di Tripoli, si accennava nella massa riformistica e in alcuni dei dirigenti un réviremeol psicologico, una titubanza di fronte alla logica prosecuzione fIella tattica riformista, una no- shilgia delle vecchie, console forme di propaganda. .1. Modena il punto caratteristico dell'ordine del giorno Turati fu la negazione d'un appoggio siste- vediro al Governo. la parola non escludeva l'equi- ,oco, onde il distacco del Gruppo Modigliani, che toglieva il sish•rimli,,,, mentre il Gruppo Bissolati, dal suo canto, d 1.,IV a li non aver orfano l'inten- zione di votare sislenirdicani,ille per il Ministero. Di i pii una SiillaZi,ffic• contro la tonde 1,111batte- 0110 riVOILIZIffila r ì e riformisti oli Destra. onesti spie- garono 1,1111,. 11011 educhino le mosse. predicando una tattica p:o. poi ritirarsi <li fronte Al, conseguen- ze. Si era dunque ripetuto per onni non <'-sere la so- cietà borghese 101005c11 massa reazionaria, per poi concludere che un semplice accenno alla possibilità di partecipare il potere significasse una degenera- zione del riforinismo? I riformisti di Sinistra non am- mettono tale eventualità se non M momenti rivolu- zionari, riserva non determinata e non determinabile. Sarebbe stato interessante porre il quesito in con- creto: una situazione decisiva per la conquista del 'suffragio universale costituisce essa un caso rivolu- zionario, che dia ai socialisti la possibilità ed il do- . vere di far parte (lel Governo? La questione non in posta al Congresso, malgrado che il mio con legno lo provocasse. Tripoli fu l'occasione che mise in luce lo stato d'a- nimo latente. Screditare l'attività parlamentare, ri- tornare all'opposizione contro un Governo che inten- de dare il suffragio, non,era possibile senza un fatto nuovo, che giustificasse il mutamento. I rivoluzionari, i quali, ne abbiano o non ne abbiano coscienza, sono herveisti, sono contrarli all'impresa di Tripoli,, come Sozionstiselic Monatshefte; 5 novembre. a qualsiasi azione, in qualunque tempo, in qualunque caso, contro un altro Stato: ma, fra i riformisti, i più sono avversi, non per ragioni di principio, ma per le circostanze speciali nelle quali l'impresa si attuò: e alcuni sono favorevoli. Non valse che Giolitti dichia- rasse a Torino di mantenere fede al programma in- terno; egli rimane il trzatitore. I riformisti di lestra, pur ri,`1,11101,. i di votare contro l'impresa di T ri Ind HOU vii h OH, in essa il tradimento, ma Ulla 1,111,551,111C all'opinione pub- blica. Passare ora all'opposizione, significherebbe im- pedire l'attuazione del iirtigramnin dennicratico, ser- vire ai disegni dei conservatori che intendono sfrut- tare Tripoli per sommergere suffragio e monopolio. Del resto, la nostra opposizione non condurrebbe al richiamo delle truppe. La scissione fra riformisti è essa irreparabile? For- se quell'aggettivo: o sislematico sani il ponte di ricongiungmmoto. Non è escluso che i riformisti di Sinistra si risolvano a votare, non o sistematicamen- te o, s'intende, per il Governo, tostochè vedano il suf- fragio in pericolo. Certo è che i riforinisti di Deslra non pensano ad abbandonare linchè questi resti fedele al suo programma. NC, come garberebbe o riformisti di Si- nistra, escoim uil l',ii'lito , CortVillt I•1/1111' 0Oli,li ser- vire la causa del soiialismo Oda Olberg (') suona la campana opposta, intonan- dosi coll'altra in qualche tocco. I riformisti di Sinistra si servirono, contro quelli <li Destra, delle armi rivoluzionarie. Con quale diritto 11100 potuto fare, Senza romperlo col loro passato? Alla nuova tattica essi debbono cercare un nuovo fini- damento teorico. Se non riusciranno a mantenere fede alle deliberazioni del Congresso senza divenir infe- deli a se stessi, si avvererà fra breve la profezia di Bonomi: non saranno più né temuti né presi sul serio, e i rivoluzionari pianteranno la loro bandiera sulle ro- vine del fallimento riformista. I. v. La politica estera della democrazia. Max Schippel accusa la democrazia di non sentire la politica. estera e di mal comprenderne la grande portata. Ciò si comprende, e in parte sa. Essa finora concentrò il pensiero e l'attività sole necessarie riforme interne: ogni I,roblerna, non im- mediatamente e con tutta evidenza ad esse evotiesse, era istintivamente respinto come straniero, anzi co- me un pensiero disturbatore. Vivono ancora in Inghilterra teorici, non .conserva- tori, per i quali liberalismo e debolezza all'estero so- no concetti inseparabili; onde la necessità di un ri- torno periodico dei conservatori al timone dello Sta- to, che sbrighino, con veduta più ampia e polso più risoluto, le questioni internazionoli, trascurate <Lin- sciate in sospeso dalla incompetenza dei liberali. Si è addirittura « teorizzato >, che, per le grandi trasfor- mazioni interne, può servire la Sinistra; ma, per i non meno gravi problemi di politica estera, conviene sempre ricorrere alla Destra. Gli avvenimenti ultimi, giusto in Inghilterra, smen- tiscono tale dottrina. I democratici inglesi continua- rono la storica politica estera dei conservatori, impri- mendole anzi un impulso maggiore: ma l'eccezione si spiega col lungo insegnamento pratico, che poté dare il Governo d'un Lmpero potente, le cui propag- gini si spandono in ogni parte del mondo. Viceversa, l'esempio della democrazia borghese te- desca rivela come la scarsa partecipazione alla dire- zioni, anche interna dello Stato, l'intristire continuo nella misera politica degli Staterelli, offuschi la comprensione- delle grandi competizioni fra popoli e-gruppi di popoli. Anche dopo costituito l'Impero, molta parte dei partiti popolari del Sud rimase schia- va di tendenze reazionarie e particolaristiche e non capì un acca dei nuovi orizzonti dischiusi dalle ri- voluzioni del '66 e del '70. La democrazia del Nord si rese -conto bensì del contrasto fondamentale — Q) New Zebt; 5 novembre. (2) gozionsttsche Monaisherts; 26 ottobre.

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