Critica Sociale - Anno XXI - n. 19 - 1 ottobre 1911

CRITICA SOCIALE 291 la assoluta mancanza sopratutto, di una nostra politica orientale, politica da uomini, non da bam- bini. Nessuna nazione, egli avvertiva, ebbe, quanto l'Italia, tante opportunità per una penetrazione civile in Oriente; nessuna le ha, così completa- mente, tutte trascurate e ignorate. Il nostro idioma diffuso nel Levante; i nostri operai, numerosi e apprezzatissimi nei grandi lavori di costruzione• fatti in quei paesi; tutto ciò, ed altro, non valse a evitare che — per inettitudine ed incuria di funzionari e di Governi — ogni solido vantaggio venisse sempre accaparrato da altre nazioni, e noi fossimo messi in un canto. Il Caetani deplora amaramente questo vero assiduo tradimento, fatto alla patria. Egli narra, con parole che sembrano singhiozzi, episodi elo- quenti del nessun conto in cui gli italiani sono oggi tenuti dai turchi, ai quali sopratutto è noto che noi siamo la nazione che seppe farsi battere financo dagli Abissini. Gli italiani vengono dopo i Greci; contro essi si reputa che tutto possa essere permesso. Mentre i Consoli di altre nazionalità sono conoscitori profondi della lingua della storia, delle traditioni dei popoli che li ospitano, i nostri non sono che funzionari di carriera, stranieri affatto 91 paese, ignoranti, ignorati; gli altri Consolati sono il centro di informazione, la comune casa della colonia, i nostri sono deserti. Le scuole, che potevano, all'interno ed all'estero, preparare — come avvenne per tutte le altre grandi nazioni — i pionieri sapienti della vera conquista, della conquista economica e intellettuale, furono, per lesineria del Governo italiano, ricusate o soppresse. La psicologia di quei popoli fu del tutto ignorata, nulla mai si è fatto per attirarsene le simpatie e la fiducia, per avvincere i loro ai nostri interessi. Al contrario, non abbiamo perduta alcuna occa- sione per insospettirli e inviperirli contro di noi. • "Parliamoci chiaro. In Turchia — così l'oratore — si erede fermamente che l'Italia abbia uno scopo solo; quello di cogliere il primo momento a noi propizio per immischiarci nelle faccende dell'Albania e per occupare la Tripolitania „ E, dopo avere fustigato a sangue la. incapacità dei Ministeri, che, mentre non sanno proteggere gli italiani dai vilipendi più amari, lasciano di- vampare la campagna, Irritante e provocante, per la occupazione di Tripoli, inspirata a un disprezzo del valore e della resistenza dell'Impero Turco che A semplicemente ridicolo; messa da parte ogni considerazione sentimentale, l'oratore venne a dire dei vantaggi, che l'Italia, da quell'occupazione, po- trebbe ripromettersi. E qui cominciamo a citare le sue parole: Tripolitania e Tunisia. Il valore strategico di Tripoli. Finora ho sentito parlare di Tripoli in tanti modi, ma vaghi; si parla dei nostri diritti, dei nostri inte- ressi, ma ho ancora da sentire la ragione vera, solida, persuasiva di quello che si dice. (Interruzioni). Si parla di posizione strategica di Tripoli. Io non mi occupo degli equilibri complicati di influenze sul Me- diterraneo.- Qual'è il valore strategico della Tripoli- tanta? Nessuno. La Tripolitania, lo insegna la storia di oltre 2000 anni, non ebbe Mai valore strategico nella storia del bacino del Mediterraneo, per la ragione che ha la costa la più infida di tutto il mare nostro. Le Sirti della Tripolitania è noto che erano una delle baie dove le navi antiche erano maggiormente esposte ai pericoli del naufragio. Le vicende della Tripolitania non ebbero influenza alcuna sui destini del nostro paese. Ma, per giustificare il valore strategico di Tripoli, si parla della famosa baia di Tabruk, che giace dal lato orientale della Ci- renaica, non lontana dalle coste dell'Egitto. Ma è una lustra retorica: Tubruk è un piccolo golfo, senza co- municazione alcuna con l'interno del paese, staccato del tutto dalle grandi vie carovaniere: non ebbe mai in passato alcun valore strategico. Vi sono piccole ro- vine, ma queste dimostrano che della baia, anche nei secoli scorsi, nessuno si curava. Altra questione è invece la Tunisia. Comprendo le preoccupazioni che hanno avuto, nei tempi passati, il- lustri rappresentanti del nostro paese, perché la storia insegna che chi ha avuto la Tunisia ha avuto, per così . dire, in mano la vicina Sicilia, ed è dalla Tunisia che Cartaginesi ed Arabi hanno occupato per tanti secoli quella nostra fiorente isola. Ma, come dice Goethe: " Lass duo Vergangene vergangen sein! „ (1). Quello che è accaduto, è ormai accaduto. È un fatto compiuto. Vediamo invece come sono oggi le condizioni di fatto e quale è il vantaggio che ne possiamo trarre. Fortunatamente la Tunisia è in mano dei francesi, e non di un'altra nazione. Con la Francia, nostra sorella, un conflitto non sanà. mai possibile. Ricordiamoci poi che la Francia vi spese mezzo miliardo in lavori pub- blici, e che il vantaggio di questi lavori in gran parte ne è ridondato in un bene pei nostri 120. mila emi- granti in Tunisia. (Commenti — Interruzioni). I nostri emigranti sono oppressi? Non è vero! Dalla occupazione francese traggono tanto profitto, che la Francia ne è seriamente preoccupata, e ci osteggia nella cura e nell'istruzione dei nostri emigranti. Io domando ai nostri colleghi se ci troviamo in con- dizioni finanziarie da poter spendere mazzo miliardo in Tunisia, quando vi sarebbero da spendere miliardi e miliardi nel nostro paese, per lavori pubblici, nel' nostro interesse. (Commenti — Approvazion?). Se la Tunisia fosse stata in mano nostra, non avremmo fatto nulla e probabilmente quella contrada si trove- rebbe nelle stesse condizioni di prima: veggasi quanto abbiamo fatto in Eritrea. Il " bluff „ della colonizzazione. Si prepara un cimitero ai nostri emigranti! Il miraggio delle miniere. Si parla di colonizzaziode. Questo fa addirittura sor- ridere. Lo sbocco dei nostri emigranti ! Ma vogliamo noi forse mandare i nostri operai in uno dei paesi più poveri e desolati di questo mondo, in un paese dove morirebbero di fame e di sete? (In- terruzioni). Ma no, onorevoli colleghi, si vede che voi non conoscete il deserto africano. Io vi ho viaggiato, e so benissimo cosa è. La Tripolitania è uno dei paesi più poveri del mondo. La Tripolitania, un tempo, due o tre mila anni or sono, aveva fiumi e laghi, ma è una regione che, per ragioni cosmiche assai complesse, su- bisce un processo di continuo inaridimento. Il commercio non vi è più. La ragione la sappiamo, ne ha parlato l'onorevole Guicciardini. Il clima è il più terribile di tutto il bacino del Mediterraneo, e, negli annali meteorologici, 'le temperature che si sono veri- 11) « Lascia che it passato sia passalo! (Nota Setta CRITICA).

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