Critica Sociale - Anno XXI - n. 19 - 1 ottobre 1911

CRITICA SOCIALE 303 Egli osserva come Marx abbia dato al socialismo un modo realistico di considerare lutti i fenomeni eco- nomici e politici, che ha salvato il partito dalla utopia di una democrazia senza dirigenti. La necessità del lavoro di direzione in un organismo sociale è stata espressamente affermata da Marx nel Capitale. a Ogni lavoro sociale, ossia comune, che si svolga in grandi proporzioni, esige una direzione, che ponga in ar- monia le attività individuali... Colla cooperaiione di molti operai salariati, il coniando del capitale si svol- ge come una necessità per la esecuzione del lavoro, come una condizione reale di produzione; e, sul cam- po della produzione, gli ordini del capitale diventano ‹la quel momento tanto indispensabili, quanto lo sono quelli del generale sul campo di battaglia a. Analizzando poi la attività del direttore capitalista, Marx rileva che a.nelle mani del capitalista la direzio- ne non è solo quella funzione speciale che nasce dalla stessa natura del processo di lavoro cooperativo, cioè sociale, ma é ancora, ed eminentemente, la funzione di sfruttare il Processo di lavoro sociale n. L'attività sfruttatrice é storicamente superabile; non così la funzione direttiva. Il problema del lavoro socializzato si pone perciò così: mantenimento e sviluppo di or- gani che dirigano la produzione; eliminazione di or- gani sfruttatori della produzione. Quanto più comples- sa e perfezionata la collaborazione degli operai nel processo sociale di lavoro, tanto più necessaria è la direzione e tanto più difficile. La direzione del la- voro perde il suo carattere dispotico-capitalista; ma al suo posto subentra il dirigente, che dirige nelle forme di un cooperatore collega, e il produttore coo- perativo, che partecipa al risultato del suo lavoro. Nella democrazia operaia che si va formando, si manifesta una nuova forma di dirigenti, che proviene dalla stessa classe operaia. Finora il movimento socialista non ha prodotto che poche opere sul problema della democrazia operaia. Il movimento dei Giovani del 1891-92 discusse ampia- mente, in occasione del nuovo ordinamento del partito socialista, i diritti delle masse e (lei loro dirigenti nel movimento politico, propugnando maggior auto- rità delle masse, e parlò di dittatura della frazione parlamentare e dell'imborghesimento dei dirigenti, nei quali era morto il nervo rivoluzionario. Il libro del Michels, dopo 20 anni, raccoglie molti particolari sul presupposto dominio oligarchico dei dirigenti socialisti imborghesiti. Il suo studio si rias- sume nella frase: la democrazia sbocca in una oli- garchia, in un dominio di pochi. Colla parola oli- . Uarchia non si intende solo un dominio di pochi, ma anche il dominio di un gruppo di elementi sociali corrotti, che in tutte le sue azioni non è guidato dai principii dell'interesse dello Stato e della classe. Ed è innegabile che il concetto di oligarchia del Michels ha anche il significato complementare di un dominio di persone dirigenti, lontane dagli interessi della loro classe. Le analisi del Michele sull'azione degli oli- garchi socialisti sono basate su una determinata con- cezione ideale ed etica del movimento socialista pro- letario, costruita razionalmente e. non ricavata dai fatti, e nelle sue ricerche egli opera- con determi- nate idee di valori, che egli deduce dal suo con- cetto di un movimento operaio puramente socialista rivoluzionario e antirappresentativo. Ma l'ideale di Michels non è la mèta socialista. Il nostro fine è un proletariato socialista, autonomo e combattivo e pos- siamo constatare che i progressi fatti in questo campo dal socialismo in quarant'anni sono confortanti. Michels, malgrado ciò, ritiene invece il partito in regresso, perctrè i dirigenti sono diventati oligarchi, dominatori in condizioni borghesi. Ma i grandi cani- biamenti nella teoria e nella tattica del proletariato non sono sorti dalla presunta a condizione borghese n dei dirigenti e dalla loro posizione autoritaria nella vita politica, bensì dalle mutate concezioni fondamen- tali sull'andamento della evoluzione politica e sociale e sulla importanza della graduale conquista del pote- re economico e politico da parte del proletariato. Di questa nuova concezione del movimento operaio, anticalastrofica e realistico, Michels non tiene conto. Per lui, tutte le deroghe alla precedente tattica rivo- luzionaria ,lel socialismo si spiegano coll'intluenza dei dirigenti imborghesiti e autoritarii. Kampffineyer. non nega che in qualche dirigente siano tendenze dispotiche, non nega il bisogno di riforma della costituzione del partito e delle orga- nizzazioni in senso democratico; ma nega recisa- mente, con razione, la esistenza di una casta di diri- genti oligarchica e corruttrice delle masse. Lo stesso Michels, del resto, riconosce ripetutamente le eccel- lenti qualità, e intellettuali e morali, dei dirigenti te- deschi, ciò che garantisce da una tirannide dei diri- genti; mentre poi in tutti i paesi politicamente svi- luppati non è traccia di una dittatura dei dirigenti dei partiti politici, che contano assai meno dei grandi industriali e finanzieri. Nessuna classe direttiva nella storia è stata finora così strettamente legata economicamente e socialmente ai suoi governati, quanto i dirigenti del proletariato. Per il modesto compenso che vien loro dato e per la loro vita, i dirigenti proletari sono ancora proletari o al più hanno socialmente il posto di impiegati pri- vati. Anche nella loro vita privata sono sotto un per- manente controllo. In nessuna fase della evoluziene sociale i governati ebbero una così grande influenza sui loro dirigenti come nella democrazia operaia. La democrazia operaia moderna vigila sospettosamente i suoi dirigenti, perché essi non sorpassino i poteri nettamente fissati dagli statuti, e oggidì le masse po- litiche, e sopratutto quelle dei Sindacati, cercano di estendere i loro diritti di fronte ai dirigenti. La di- rezione professionale delle masse proletarie non ha ancora un ventennio di vita e già si discutono con grande serietà i problemi costituzionali e arnministra- tivi della moderna democrazia operaia nelle Federa- zioni e si adottano misure per estendere il diritto di autogoverno delle masse. Un fatto che ha grande importanza è l'interesse che la moderna democrazia operaia dimostra per il perfezionamento dei suoi im- piegati e per il miglioramento della sua stampa pro- fessionale al fine di educare le masse organizzate. I dirigenti devono essere veramente delle guide e dei battistrada, ed è appunto questa loro attività di guide che il Michele, coi suoi timori del ca- rattere autoritario degli oligarchi del partito e delle organizzazioni, sottovaluta eccessivamente. Se un pe- ricolo minaccia la democrazia operaia, questo non "sta nei dirigenti, bensì, all'opposto, nella folta rete di circoletti e conventicole, che poggiano sull'autorità della massa e eccitano la massa contro i dirigenti. Qui abbiamo veramente da fare con una specie di oligarchia, che vorrebbe togliere al movimento luce e possibilità di sviluppo. Onesto pericolo viene tanto più evitato, quanto più si accresce la fiducia nei di- rigenti competenti e responsabili. In quanto la moderna democrazia del lavoro — conclude il Kampffmeyer — opera infaticabilmente l'elevamento intellettuale e morale delle masse e dei dirigenti, essa compie nello stesso tempo una park importante e fondamentale del lavoro per la futura ci- viltà, perchè il socialismo, la democrazia del lavoro socializzato, per creare il più alto e il più perfetto, deve avere al suo servizio l'attività direttrice di intel- ligenze elette e di caratteri provati a. In altro numero riassumeremo le opinioni di altri teorici e di pratici del movimento operaio sulla un- Portantissima questione. S. CAMMARERI SCURTI Il latifondo in Sicilia e l'inferiorità meridionale . (Questo studio, scelto già fra il 1005 e 11 HO nella Critica Suciíde, continua 11 cielo intitolato: Il problema agricolo siciliano e la nm ulunalluntulune della terra,,, macid prima parte, 1dt (ritti di ,tasse Sicilia (Biblioteca 5e0a fluidI, ennt. 15), apparve un dal 1896). Un volume di pag. 252: L. 1,50. (Presso la Critica Sociale).

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