Critica Sociale - Anno XXI - n. 14 - 16 luglio 1911

CRITICA SOCIALE 213 3.000.000 di elettori — quanti all'incirca ne conta adesso l'Italia — la volontà di 1.500.001 elettori sa- rebbe tutto, e la volontà di 1.499.999 non sarebbe nulla. Con la divisione in circoscrizioni, poi, basta che un partito vinca in un certo numero di Collegi per un'esigua quantità di voli, e sia battuto in al- tri Collegi con una forte differenza di voti, perchè si abbia il risultato che la maggioranza degli elet- tori non riuscirà ad eleggere se non la minoranza dei rappresentanti, e viceversa. E non siamo, con tale affermazione, nel campo delle ipotesi per assurdo. Tale sistema vigeva fino al 1899 nel Belgio, e le statistiche elettorali ci sono larghe di esempi di siffatte assurdità, passate dal campo ideale delle ipotesi a quello reale dei fatti (1). Anzi, il movimento per la riforma elettorale nel Belgio si è sempre accentuato per l'impulso diretto della constatazione di queste ingiustizie. Così la Conferenza internazionale di Anversa del 1885 si riunì, dopo che le elezioni del 1884 avevano dato ai cattolici 50 Seggi per 27.930 voti, e ai li- berali 2 per 22.117; la «Lega liberale » per la rappresentanza proporzionale fu fondala a Bru- xelles nel 1888, dopo che le elezioni di quell'anno ebbero dati questi risultati: deputali da eleggersi 46: partito cattolico, con 24.165 voti, 44 Seggi; par- tito liberale, con 23.484 voti, 2 Seggi soltanto. Ed un progetto concreto per la rappresentanza propor- zionale — quello Heux-Hambursin-Gillard-Lorand- Magnette — viene presentato alla Camera belga, il 19 novembre 1896, dopo che, nelle elezioni di quel- l'anno, nella circoscrizione di Bruxelles, tutti i 18 Seggi erano stati conquistati dai cattolici, con 89 mila voti, mentre i liberali, con 40.000 voti, e i radicali-socialisti, con 73.000, erano rimasti senza nemmeno un rappresentante. Potremmo facilmente continuare ad esaminare, anzichè quelle del Belgio, le elezioni avvenute in Francia, in Inghilterra od in altri paesi col sistema dello -scrutinio di lista puro e semplice; ma ci pare che quanto abbiamo detto, e gli esempi che abbia- mo addotti, siano più che sufficienti per dimostrare quali effetti sia capace di produrre questo sistema. Ma il curioso si è che esso si presta efficacemente a ledere il principio stesso in nome del quale è, dai suoi più fervidi fautori, sostenuto: il principio del diritto della maggioranza. Infatti, in ogni sin- gola circoscrizione, non è la maggioranza che trion- fa, ma il nucleo più numeroso, anche se è una mi- noranza rispetto alla totalità degli elettori: così gli 89.000 elettori, che, nel 1896, a Bruxelles, con- quistarono tutti i 18 Seggi al partito cattolico, non erano che una minoranza, rispetto ai 113.000 elet- tori, che divisero i loro suffragi tra la lista liberale e quella radico-socialista, e che, per questo sole fatto di aver lottato separati, rimasero completa- mente esclusi dalla rappresentanza. E, nel com- plesso delle circoscrizioni, come abbiamo veduto, una minoranza, bene organizzata, oppure distribui- ta — casualmente o artificiosamente — in modo per essa vantaggioso, può prevalere sulla maggio- ranza. E, dunque, evidente che, non solo il sistema è iniquo in sè, ma è anche illogico, dal momento che può così facilmente rivolgersi contro il princi- pio stesso sul quale si fonda. Lo scrutinio di lista a voto limitato. Ma, se ben pochi ormai, specialmente in Italia, si attenterebbero a propugnare il sistema dello scru- (1) Cfr., per esempio, C1091,ET D'ALVIELLA, La Représentation pro- vortionelle e,, Beigique. Paris, 1900. Cap. I, 111 e 1Y. tinio di lista puro e semplice, molti credono che basti, ad eliminarne i difetti, il correttivo del voto limitato. Come è noto, nell'esperimento, che dello scruti- nio di lista si fece in Italia dal 1882 al 1891, si scelse una via intermedia; e cioè, avendo diviso lo Stato in 135 circoscrizioni, nelle 35, nelle quali vi erano da eleggere cinque deputali, l'elettore non poteva scrivere sulla scheda che soli quattro nomi. Si applicava, insomma, in queste sole 35 circoscri- zioni più popolose, lo stesso principio, che vige nel- le nostre elezioni amministrative, nelle quali l'elet- tore ptio votare soltanto pei quattro quinti dei Seg- gi disponibili. Ammettiamo che questo espediente fosse, in una eventuale riforma del nostro regime elettorale, applicato in tutte le circoscrizioni, ed esaminiamone gli effetti. E bene, a tale proposito, non dimenticare che si dice dai più che non mette conto applicare lo scru- tinio di lista in circoscrizioni poco più ampie di quella uninominale, e che si dovrebbe, almeno, far coincidere la circoscrizione con la provincia: crite- rio, a dire il vero, assai vago, poichè abbiamo pro- vincie, come quelle di Livorno, Grosseto e Son- drio, che comprendono due soli Collegi, e provin- cie, conio quella di Milano, che conta ben venti Collegi, o come quella di Torino, che ne comprende diciannove. Ma non entriamo ora in questi particolari di ri- partizione, e prendiamo in esame una circoscri- zione-tipo, che dovesse eleggere 10 deputati, e nel- la quale perciò ogni elettore non potesse votare per più di otto nomi. Come si sa, l'unità del nostro Paese è, purtrop- po, molto più formale che effettiva, e perciò bi- sogna sempre tener conto delle considerevoli dif- ferenze tra regione e regione e, nel caso nostro, tra quelle regioni, nelle quali vi sono partiti politici organizzati e in vid di disciplinarsi e differenziarsi sempre più, e quelle altre regioni, in cui le com- petizioni politiche hanno carattere quasi esclusiva- mente personale e sono, per lo più, un riflesso delle lotte amministrative. a) Risultati dello scrutinio di lista a volo limi- tato nelle regioni dove esiste vera lotta politica. Cominciamo dalle prime, e supponiamo l'esisten- za di clericali, monarchici, conservatori, democra- tici, costituzionali, radicali, repubblicani e socialisti. Se tutte queste parti e gradazioni politiche lottano separate, è chiaro che alla più forte di esse toccano gli otto posti della maggioranza, e a quella, che immediatamente la segue per numero di voti, spet- tano i due posti della minoranza. Così essendo, è difficile, per non dire impossibile, che l'equità, anche approssimativa, possa essere rispettata. Po- trà darsi il caso che i due partiti prevalenti siano di gran lunga superiori agli altri quattro, ma poco disuguali fra loro, ed avremo l'ingiustizia che una piccola differenza di voti produca, nell'assegnazio- ne dei Seggi, una differenza di ben sei posti. Op- pure, potrà darsi che un partito prevalga e ottenga, con un certo fondamento di equità, gli otto mandati riserbati alla maggioranza, ma si dovrà lamentare, invece, che una sola delle cinque minoranze, pur distanziando di poco le altre, riesca ad avere due rappresentanti, mentre le altre quattro non ne ot- tengono alcuno. Ma potrà anche darsi che le forze di tutti i partiti siano all'incirca equivalenti, e si avranno allora risultati come quelli che ci propo- niamo di chiarire con un esempio. Si supponga che la circoscrizione abbia 24.000

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