Critica Sociale - Anno XXI - n. 14 - 16 luglio 1911

212 CRITICA SOCIALE Questa filosofia della praxis sorgeva allora, come oggi il pragmatismo, dall'aspirazione a risvegliare le energie operative: se non che, allora si trattava delle energie collettive delle masse, e ne derivava un urna- nismo (reale Humanismus) di significato universale; ora, invece, si tratta di energie individuali, e ne vie- ne un umanismo, che fa sua la massima di Protagora nel significato particolaristico (1). Proclamare, dunque, oggi, la necessità per il so- cialismo di voltare le spalle a Marx per rivolgersi al pragmatismo, è (o m'inganno) un errore evidente. Che, poi, alla veduta pragmatista non fosse estra- neo l'Engels, si può provare senza andar molto lon- tani: basta rileggere quel suo scritto, che su queste colonne apparve nel 1892, col titolo Sul materialismo storico. La nostra conoscenza ivi è, proprio come nel pragmatismo, tradotta in termini di previsione; e l'a- zione vi è considerata come il vero strumento della conoscenza teorica. a Gli uomini agiscono prima di argomentare. In principio era l'azione. E l'attività umana aveva già ri- soluta la difficoltà, molto tempo prima che l'inventas- se l'umano sofisma. The proni of the puchling io in the eating. Nel momento, in cui noi adoperiamo una cosa per il nostro proprio uso, secondo le qualità che osserviamo in questa cosa, nello stesso momento noi sottoponiamo le osservazioni dei nostri sensi ad una prova infallibile della loro esattezza o inesat- tezza ». Il legame fra la teoria della conoscenza e le dottri- ne sociali ci appare nella III Nota del Marx sul Feimr- bach. Il rapporto fra soggetto e oggetto non riguarda soltanto la natura fisica ma altresì la convivenza so- ciale: il materialismo meccanicistico, come non lascia, nel suo rigido determinismo, alcuna funzione alla attività del soggetto, così non concede la possibilità d'esistenza ad alcuna energia rinnovatrice della so- cietà. a La dottrina materialistica (scrive il Marx), che gli uomini sono il prodotto dell'ambiente e della educa- zione, e variano col variare dell'ambiente e dell'edu- cazione, dimentica che l'ambiente viene mutato ap- punto dagli uomini... Il coincidere del variare del- l'ambiente e dell'attività umana può essere concepito e inteso razionalmente soltanto come prozio rove- sciata o. Ora, come sarebbe supponibile che chi parte da tali premesse venisse, poi, quando si tratta non soltanto di interpretare il mondo, ma di cangiarlo, a conclu- dere col determinismo fatalistico dei materialisti, ne- gando ogni funzione alla attività consapevole e ogni valore ai motivi ideali? L'Engels, nota il Marchioli, si è trovato costretto, nella piena maturità del suo pensiero, ad ammettere almeno una reazione dei fat- tori etici e ideali sui materiali; ma quelle famose let- tere dell'Engels, in cui tanti hanno voluto ravvisare una sconfessione delle dottrine sino allora seguite, sono veramente in contrasto con queste? Il rapporto fra il reale e l'ideale è sempre stato, per il Marx e l'Engels, quello, che l'Engels indicava nel suo scritto sul Feuerbach del 1886: un e rapporto dialettico ». L'ideale, come già il Feuerbach aveva mostrato nella sua analisi del fenomeno religioso, è l'affermazione, nel pensiero, di ciò che ci manca nella raeltà; ma, appunto perchè (secondo che il Marx e l'Engels scrivevano nel 1846 contro il Kriege) il bi- sogno dà agli uomini la forza, e si converte in im- pulso all'azione, può dalle condizioni reali scaturire la (1) La vitalità 000a filosofia nella ~Netta dei sistemi (proluslone). necessità dei processi storici. La causalità nella sto- ria, quale il Marx e l'Engels la concepiscono, non è quella del comune determinismo: è un movimento dialettico. Solo in quanto le condizioni reali suscitano le forze, che debbono negarle e superarle, esse de- terminano il processo storico; il quale, pertanto, esi- ge che negli uomini ci sia un principio di attività autonomo e consapevole, che reagisce sull'ambiente producendone le trasformazioni. E, in questo ritmo dialettico, la funzione dei momenti ideali appare in tutta la sua importanza: funzione stimolatrice e di- rettiva dell'azione pratica. Ora, quest'azione pratica, secondo il Marx e l'En- gels, diventa processo storico, in quanto si esercita dalle classi. Ma le classi hanno esistenza reale ed azione effettiva, solo in quanto posseggano una co- scienza: la coscienza di classe, quale è costituita dalle ideologie, che a ciascuna classe sono proprie. E così è del proletariato; il quale, però, dalle sue condizioni tipiche di Unmenschlichkeit (inumanità), è spinto alla affermazione della Menschlichkeit, che dall'ideale tende a tradurre nella realtà pratica. Si avvera così, in conseguenza delle condizioni reali, e del ritmo dialettico che se ne sviluppa, il fatto ca- ratteristico di una classe, che, nella sua azione, è mossa e guidata da un'idealità universalistica di giu- stizia sociale: quella giustizia sociale, che . a torto si vuole oggi contrapporre alla lotta di classe. Non sono ancora invecchiate quelle parole del Marx: « Nel proletariato la filosofia trova la sua arme ma- teriale: e il proletariato nella filosofia la sua armo spirituale n. E io non saprei, meglio che con queste parole, chiu- dere la mia chiacchierata. Abbiatemi Vostro R. MONDOLFO. PER LA RIFORMA ELETTORALE Il pericolo imminente. Lo scrutinio di lista puro e semplice. Poche parole sulla forma peggiore di scrutinio di lista; quello puro e semplice. Con tale sistema, l'elettore vota una scheda, nel- la quale si contengono tanti nomi, quanti sono i rappresentanti da eleggere. Cioè a dire che, se sono in lotta due liste ed una raccoglie 10.001 voti, e l'altra 0909, su 20.000 elettori; una differenza di due voti, in una intera circoscrizione, basta a fare ottenere ad un partito tutti i dieci Seggi disponi- bili: e, se sono in competizione tre liste, i dieci Seggi possono toccare alla lista A, che ha raccolto 7000 voti, mentre neppure uno ne viene assegnato alle liste B e C, le quali, rispettivamente, abbiano ottenuto 6800 e 6200 voti, e cioè, complessivamente, quasi il doppio dei suffragi avuti dalla lista A. 2 questo, dunque, il più rigido, il più ferreo, fra tutti i sistemi, che si fondano sul criterio della maggioranza, anziche su quello della proporzio- nalità. Ed è facile intendere che, con tale sistema, quanto più é ampia la circoscrizione elettorale, e tanto più la maggioranza, anche tenue, prevald sulla minoranza, anche numerosa. Con tale sistema, se tutto • lo Stato costituisse un Collegio unico, si giungerebbe all'assurdo che, su

RkJQdWJsaXNoZXIy