Critica Sociale - Anno XXI - n. 11 - 1 giugno 1911

162 CRITICA SOCIALE cosa conviene cli fare ai partiti di democrazia circa le altre parti della riforma elettorale, che, fìno a qualche mese fa, prima della subitanea decisione manifestata clall'on. Giolitli nella memoranda se– duta del 18 Marzo, sembravano costituire il nucleo più vivo dell'ardente questione e quello destinato ad affrontare per primo il dibattilo nella pubblica opinione e nelle Assemblee legislative? Per ora i mutamenti nella procedura, l'amplia– mento delle circoscrizioni, lo scrutinio di lista, con o senza rappresentanza proporzionale, sono tutti _problemi passati in seconda linea, ma che torneranno indubbiamente ln campo non appena si tratterà di discutere in modo concreto e di con– durre in porto l'ampliamento del suffragio. f:: utile quindi, anzi è necessario, cominciare a porre fin d'ora le questioni e chiedersi come convenga ri– solverle. Per la procedura, il problema è più semplice e l'accordo non sarà difficile. Non v'è alcuno, il quale non sia convinto che la legge elettorale debba es– sere modificata nelle sue disposizioni procedurali, per garantire un po' più efficncemente l'onestà delle operazioni, la segretezza del voto, la since– rità dei resultati. La discussione più viva riguar– derà la com posizione dei seggi e la forma della scheda; ma la Relazione dell'on. Bcrtolini sul di– segno di legge dell'on. Giolilli, emendato dall'ono– revole Luzzatti, costitllisce già un'ottima base cli discussione, se non altro perchè pone netto il con– cetto della dichiarazione preventiva delle candida– ture, che consente la rappresentanza degli interes– sati nei seggi e l'adozione della scheda stampata. A questo' proposito, diciamo di volo che la con– cessione del voto agli analfabeti non dovrebbe in– durre il legislatore a consentire che la scheda po– tesse essere stamData privatamente e distribuita all'elettore fuori della sala di votazione. L'on. Ber– tolini, in un recente articolo (Nuova Anlo/oqia del l' Maggio), inclinerebbe a rinunciare, pel fatto che voteranno anche gli analfabeti, alln scheda stam– pata di ufficio, e propone di trasferire dalla scheda alla busta. nella quale la scheda dovrebbe essere posta dall'elettore, quell'ingeanoso espei]iente del tnglianclo numerato, che egli avevn felicemente riesumato da 11na antica proposta dell'on. Cenala, e che mira nel impedire il pericolosissimo trucco della scheda girante. Ora. noi crediamo che si do– vrebbe assolutnmenle insistere sulla scheda stam– pata di ufficio, non arrelrando nemmeno dinanzi al lieve sacrificio di renderne più complicata la oreparazione uer parte dell'Officina Carte e Valori. Basterebbe infatti che, n lnto cli ogni cnsella, vicino al uunto che, nella scheda di tino belga proposta nella Relazione Rertolini. dovrebbe essere annerito dall'~lettore, si stampasse nn grosso numero (si può dire che non vi sin quasi nnalfnbetn che non distingua i orimi numeri), od unn striscia o disco di colore diverso. Avvenuto il sortei:nzio dei cnn– didati per nssep:nnre a ci:-isruno cli· Pssi il posto nella scheda. e fatti stamua.-c dall'Ufficio centrale del Collegio i nomi dei candidali stessi nella scheda fabbricata T10ll'Officina di Stato, sarebbe assai facile far capire e ricordare anche a~li analfabeti che Tizio è distinto dal segno ross0, Caio dal segno verde, Sempronio da quello rriallo e così via. Non fncevn così anche Edmondo De Amicis con la sua ol'dinnnza analfabeta di buona mcmo– rin? E, del resto, anche se ci si decidesse nel ap– plicare la meccanica alle elezioni, adottando uno dei tanti votometri o usefogrnfì, escogitilti dnJln pazienza degli inventori ner consentire ln fnbhl'i– cnzione n macchina del denn!nlo, non si potrf'bbc che ricorrere alla gamma dei colori per far distin– guere agli analfabeti i diversi tasti, corrispondenti BibliotecaGino Bianco ai diversi candidali. E allora val sempre infinita– mente meglio mantenere la scheda, che adottare un ordigno, nel quale una gran pnrte degli elet– tori non capirebbe nulla, e che susciterebbe nei meno colti le più ombrose clifnclenzc alimentate dal sospetto di chi sa quali reconditi congegni, abil– mente dissimulati in quella macchina misteriosa, che non lascia traccia palese del come il singolo elettore abbia votalo. Ma abbiamo già detto di non volere insistere su particolari di procedura, perchè non li crediamo di difficile solu7.ione. La quesLione grave, invece, che ci ha indotti a scrivere quest'articolo, è ben nitra. E cioè, dato l'allargamento del suffragio, è eia preferirsi la conservazione o l'abolizione del Collegio uninominale? E, dato che si propendesse per la sua abolizione, a quali patti sarebbe essa subordinata? Io ho già altra volta sostenuto decisamente (Ri– vista d'Italia, novembre 1909) l'opinione che lo scrutinio cli lista, senza rappresentanza proporzio– nale, costituisce un pegµ;iorarnento ciel Collegio uninominale, e non desidero ripetermi, tanto più che l'allargamento del suffragio mi porge nuovi e gravi elementi per confermarmi nella mia idea: ma, a parte tutto ciò, io credo che sia proprio il caso di fare una questione pregiudiziale per la temporanea conservazione dello stalu-qu.o. L'allar– gamento del suffragio, che il Ministero Giolitti ha assunto l'impegno cli dare all'Italia, è una riforma cli tale portata, che deve essere desiderio di lutti poterne valutare per intiero le genuine conseguenze in rapporto ni partiti 1 ai costumi elettorali e par– lamentari, alla qualità degli eletti, alla politica generale. Si lratt.n cli più che raddoppiare d'un colpo la mussa elettorale, cd in certe regioni di triplicarla, forse anche quadruplicarla addirittura. Non è già questo un mutamento così l)rofondo nella vita di un Paese, che impone per debito di Ioiica. e vorrei qunsi dire di onestti, cli osservare e studiare :zii effetti che esso produce, senza an– dare a complicnrlo con circostanze estranee? Tutti, o quasi 1 consentono, e ripetono ad ogni occasione, che, anche in politica, conviene essere positivisti e sperimentalisli; ed è vero: orbene, io non sono uomo cli scienza, rnn credo sia dovere di ogni spe– rimentatore, che voglia vedere gli effetti cli una causa nuova. procurare che le altre circostanze, nelle quali il fenomeno si produce, rimangano quanto più possibile costanti, eccezion fatta per l'elernenlo che si aggiunge o si sottrae. Se, con la base dell'elettorato, noi mutassimo non rne1)0 radicalmente 011che il sistema elettorale, ci troveremmo poi a non snpere a che cosa nttribuire gli effetti buoni o cali.ivi della riforma. Mi si ob– bietterà che cosi si fece già in Italia nel 1882, quando contemporaneamente il nurnrro degli elet– lori passò rin sf'icrntomiln n due milioni e :-il Col– legio uninominale fu sostituito lo scrutinio cli Jista. Ma con quale effetto? Proprio con quello. che tutti er:ino 11n po' malrontenli. e chi se ln nrendeva col s11ffrngio .'Bllargnto, e chi con 1n circoscrizione estesa, finchè il mfllt11nore contro quesla prevalse. cd essa fu travolt.a senza quasi nemmeno l'onore di essere discussa. Ma questa volt.a vi è anche cli più: nel 1882 i nuovi elettori, nonostante Ja disnosizione transi– toria dell'art. 100, possedevano, almeno nella loro maggiornnza, una certa quale prcpnrazione alla vita l)Oliticn e, per quanto in numero triplo di quelli cli 1wimn, non costilui,1nno unn massa così .inQ"enlc e travolgente; ma ora la cosa snrà diversa. Ed io, che pur sono cosi ardente fautore della

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